"Il desiderio non è ciò che vedi, ma quello che immagini"
Paulo Coelho, "Undici minuti", Bompiani, 2003
Paulo Coelho, "Undici minuti", Bompiani, 2003
(titolo originale "Onze minutos",
letteralmente così come tradotto nell'edizione italiana, 2003).
"<<Tu sei un uomo, Ralf Hart,
con tutto ciò che questa parola può racchiudere di bello e di intenso.
Hai saputo sostenermi e aiutarmi;
hai accettato che io ti sostenessi e ti aiutassi,
senza che ciò significasse umiliazione.
[...] Vorrei poterti insegnare
dove toccare il mio corpo, con quale intensità e per quanto tempo,
e so che non la reputeresti una recriminazione,
ma uno stimolo affinché le nostre anime comunicassero meglio.
L'arte dell'amore è come la tua pittura:
richiede tecnica, pazienza e, soprattutto, inventiva tra gli amanti.
Ed esige anche audacia:
bisogna andare al di là
di ciò che è convenzionalmente definito con l'espressione
"fare l'amore">>.
[...]
<<Poi, faremo l'amore di nuovo, con meno ansietà e più desiderio.
Vorrei che, finalmente, tu capissi meglio gli uomini.
[...] Sì, vorrei che tu capissi meglio gli uomini>>,
ha ripetuto Ralf, notando la mia espressione ironica.
<<Parli di esprimere la tua sessualità femminile,
di aiutarmi a navigare nel tuo corpo,
di avere pazienza e tempo.
D'accordo, ma ti è mai venuto in mente che siamo diversi,
almeno riguardo al tempo?
Perché non te la prendi con Dio?
Quando ci siamo incontrati,
ti ho chiesto di darmi qualche lezione sul sesso,
perché il mio desiderio era svanito.
E sai qual è il motivo?
Dopo un certo numero di anni, le mie relazioni sessuali finivano per tediarmi o frustrarmi,
poiché avevo capito che mi era molto difficile dare alle donne che amavo
lo stesso piacere che loro procuravano a me.
[...] Non avevo il coraggio di chiedere:
"Insegnami il tuo corpo, rivelami i suoi segreti".
Ma quando ho incontrato te,
ho visto la tua luce e ti ho amata immediatamente.
Ho pensato che, a questo punto della vita,
ormai non avevo nient'altro da perdere se fossi stato onesto con me stesso
- e con la donna che avrei voluto avere al mio fianco.
[...] Noi [uomini, N.d.A.] non capiamo niente.
Pensiamo che sesso ed eiaculazione siano la stessa cosa:
ma come hai appena detto tu, non lo sono.
Non impariamo perché non abbiamo il coraggio di dire alla donna:
"Insegnami il tuo corpo, rivelami i suoi segreti".
Non apprendiamo perché neppure la donna ha l'audacia di dire:
"Impara come sono".
Così ci limitiamo al primitivo istinto di perpetuazione della specie,
ed è tutto.
Per quanto assurdo sembri,
sai che cos'è più importante del sesso per un uomo?>>.
Io ho pensato ai soldi, poi al potere, ma non ho detto niente.
<<Lo sport.
Perché lì un uomo capisce il corpo di un altro uomo.
Nello sport, cogliamo il dialogo dei corpi che s'intendono>>.
<<Tu sei matto>>.
<<Può darsi.
Ma ciò ha un senso.
Ti sei mai soffermata a pensare
cosa sentivano gli uomini con cui sei stata a letto?>>.
<<Sì, l'ho fatto. Provavano paura.
Erano tutti insicuri>>.
<<Era peggio che paura.
E non erano soltanto insicuri, ma vulnerabili.
Non capivano esattamente ciò che stavano facendo:
sapevano soltanto che la società, gli amici, le mogli stesse
dicevano che quell'atto era davvero importante.
"Sesso, sesso, sesso":
ecco la base della vita, sbandierata
dalle pubblicità, dalle persone, dai film, dai libri.
Nessuno sa di cosa stia parlando.
Giacché l'istinto è più forte della ragione, la gente sa che va fatto.
Tutto qua>>.
[...]
Mi sono inginocchiata,
lentamente gli ho tolto i vestiti
e ho visto che il suo sesso era molle, addormentato, inerme.
Lui sembrava non badarci,
e io gli ho baciato l'interno delle gambe, partendo dai piedi.
Il suo membro ha cominciato a reagire lentamente;
poi l'ho toccato, l'ho preso in bocca
e - senza fretta, perché non lo interpretasse come un:
"Avanti, preparati ad agire!" -
l'ho baciato con la tenerezza di chi non si aspetta nulla
e, proprio per questo, ha ottenuto tutto.
Ho visto che si eccitava.
Ha cominciato a toccarmi i capezzoli,
titillandoli come quella sera nell'oscurità più totale;
mi ha fatto venir voglia di stringerlo di nuovo fra le gambe,
o di averlo nella mia bocca,
o di esaudire qualsiasi sua fantasia o desiderio
riguardo al modo di possedermi.
Lui non mi ha tolto la giacca.
Mi ha fatto chinare bocconi sul tavolo, con i piedi ben saldi sul pavimento.
Mi ha penetrato lentamente,
questa volta senza ansietà, senza paura di perdermi [...].
Sentivo il suo sesso dentro di me,
ma avvertivo anche le sue mani sui seni, sulle natiche;
mi toccava come solo una donna sa farlo.
Allora ho capito che eravamo fatti l'uno per l'altra,
perché lui sapeva essere donna - come avveniva in quel momento -
e io riuscivo a essere uomo - accadeva quando parlavamo
o ci iniziavamo reciprocamente all'incontro di due anime smarrite,
dei due frammenti che mancavano per completare l'universo.
Mentre lui mi penetrava, e contemporaneamente mi toccava,
ho sentito che quegli atti non erano rivolti soltanto a me,
ma all'universo intero.
Adesso il tempo ci apparteneva,
al pari della tenerezza e della conoscenza reciproca.
[...] Il suo sesso è rimasto immobile dentro di me,
mentre le sue dita si muovevano rapidamente
- e io ho avuto un primo, e un secondo, e poi un terzo orgasmo,
uno dopo l'altro.
Avevo voglia di spingerlo via
- il dolore del piacere può essere così intenso da annichilire -,
ma sono riuscita a resistere,
ho accettato che fosse così,
che potevo sopportare ancora un nuovo orgasmo,
o altri due, o forse di più...
...e all'improvviso, dentro di me è esplosa una luce.
Non ero più me stessa,
ma un essere infinitamente superiore a tutto ciò che conoscevo.
Quando la sua mano mi ha portato al quarto orgasmo,
sono entrata in un luogo dove tutto sembrava pervaso di pace;
poi, al quinto, ho conosciuto Dio.
Allora ho sentito che ricominciava a muoversi dentro di me,
mentre la sua mano continuava a titillarmi, e ho detto:
"Mio Dio",
abbandonandomi a chissà cosa, all'inferno o al paradiso.
Si trattava del paradiso.
[...] Lui si muoveva sempre più rapidamente,
e il dolore si fondeva con il piacere.
Avrei potuto dire: "Non ce la faccio più",
ma sarebbe stato ingiusto
- perché in quel momento, lui e io eravamo la stessa persona.
Ho lasciato che continuasse a penetrarmi fino a raggiungere l'orgasmo;
le sue unghie adesso erano conficcate nelle mie natiche,
e io, là, bocconi sul tavolo della cucina,
stavo pensando che non esisteva un posto migliore al mondo
per fare l'amore.
Ancora lo scricchiolio del tavolo,
il respiro sempre più affannato,
il dolore provocato dai graffi
e il mio sesso che batteva vigorosamente contro il suo,
carne contro carne, ossa contro ossa,
e di nuovo stavo per avere un orgasmo, insieme a lui
- e niente, niente di tutto questo era MENZOGNA!
<<Oh, sì, veniamo!>>.
Lui sapeva che cosa stava dicendo,
e io ero perfettamente conscia che era arrivato il momento:
ho sentito il mio corpo cedere, non ero più me stessa.
Ormai non udivo e non vedevo,
sperimentavo il piacere del nulla - sentivo soltanto.
<<Oh, sì, veniamo!>>.
E sono venuta, insieme a lui.
Non sono stati undici minuti, ma un'eternità:
era come se entrambi fossimo usciti dal corpo e camminassimo,
pervasi da una gioia profonda, da comprensione e affetto,
nei giardini del paradiso.
Io ero donna e uomo, lui era uomo e donna.
Non so quanto tempo sia durato,
ma era come se tutto fosse immerso nel silenzio, nella preghiera,
come se l'universo e la vita avessero cessato di esistere
e si fossero trasformati in qualcosa di sacro,
senza nome, senza tempo.
Ma subito dopo il tempo è tornato;
ho udito le sue grida e ho urlato insieme a lui;
i piedi del tavolo battevano con forza sul pavimento,
e nessuno di noi ha voluto domandare o scoprire
ciò che il resto del mondo stava pensando.
Poi è uscito da me all'improvviso; rideva.
Ho sentito il mio sesso contrarsi,
mi sono voltata verso di lui, ridendo anch'io,
e ci siamo abbracciati
come se fosse la prima volta nella vita che facevamo l'amore.
<<Benedicimi!>> mi ha ordinato.
Ho obbedito, senza sapere cosa stavo facendo.
L'ho pregato di fare altrettanto,
e lui ha esaudito il mio desiderio, dicendo:
<<Benedetta sia questa donna, che ha tanto amato>>.
Quelle parole erano davvero belle.
Ci siamo abbracciati ancora e siamo rimasti lì, immobili [...].
<<Come hai potuto innamorarti di una prostituta
[colei che parla - Maria - è infatti una prostituta, N.d.A.]?>>.
<<Allora non l'ho capito.
Ma oggi, se ci ripenso, credo di poter dire che,
sapendo che il tuo corpo non sarebbe mai stato soltanto mio,
mi era data la possibilità di concentrarmi
sulla conquista della tua anima>>"
Paulo Coelho, "Undici minuti", Bompiani, 2003
(titolo originale "Onze minutos",
letteralmente così come tradotto nell'edizione italiana, 2003).