IL DIRITTO FONDAMENTALE AL LAVORO
L'art. 2103 del codice civile (così come sostituito dallo Statuto dei lavoratori) riconosce a chi lavora:
- il DIRITTO a svolgere le mansioni per cui si è stati assunti (o comunque equivalenti alle ultime svolte, senza alcuna diminuzione di stipendio);
- il DIRITTO a non venire allontanati da ogni mansione, a non essere lasciati senza attività, anche con una retribuzione invariata;
- il DIRITTO all'esecuzione del proprio lavoro, cui il datore ha l'obbligo di adibire i dipendenti.
Infatti il lavoro non rappresenta soltanto un mezzo di guadagno, ma anche uno strumento con cui ogni cittadino può estrinsecare la propria personalità.
Se l'imprenditore calpesta i suddetti diritti e svilisce i lavoratori, privandoli dei loro compiti e lasciandoli in una condizione di inattività forzata, non solo viola una norma di legge (il sopra citato art. 2103 c.c.), ma lede il diritto fondamentale al lavoro (principio fondamentale della Repubblica riconosciuto dall'art. 4 della Costituzione), l'immagine e la professionalità del lavoratore (inevitabilmente mortificate) e la dignità professionale dello stesso (intesa come esigenza umana di manifestare la propria utilità e le proprie capacità). Il datore di lavoro si rende dunque responsabile di un danno rilevante agli interessi personali di chi lavora; pertanto deve risarcire i lavoratori, a motivo dell'inadempimento di un suo preciso dovere.
Uniche eccezioni - ovvero casi in cui l'imprenditore può lasciare inattivo un dipendente o mutarne le mansioni - riguardano motivi legati all'esercizio dei poteri imprenditoriali sanciti dall'art. 41 della Costituzione, a legittimi poteri di sanzione disciplinare, a oggettive ragioni tecniche, organizzative e produttive, a fattori concreti estranei alla volontà imprenditoriale perchè dipendenti da una generale contrazione delle attività (cioè l'azienda è in crisi).
P.s. Quanto scritto in questo post non proviene dalle parole di un sindacalista della Fiom o di un comunista estremista, bensì da un'ordinanza della sezione civile della Suprema Corte di Cassazione (18 maggio 2012, n. 7963).
I vari Monti, Fornero, Passera, Marchionne, Bonanni, Angeletti lo sapranno di certo.
O no?
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