"In quella lontana solare giornata di maggio
lei e i suoi familiari,
piccoli e grandi,
tutti sono stati giudicati - e trovati colpevoli - di esistere:
e Dio si è velato.
[...]
Ismene prega con fervore,
e lancia oscure minacce
al Dio velato
che non sembra ascoltarla:
<<Troppo, troppo. Troppo male è su di loro.
Non ti pare che sia abbastanza?>>
brontola, segnandosi tre volte"
Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004.
"[...] è il giorno più funesto per un paese quello in cui,
per sentirsi unito,
sente il bisogno di eliminare una parte dei suoi cittadini, inermi"
Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004.
"Là le donne circondano i massacrati,
ognuna con la sua lampada,
si prendono per mano
e cominciano solennemente il rito intangibile.
Ancora per questa volta:
Sempad e i suoi avranno sepoltura cristiana.
A tutti gli altri armeni che perderanno la vita in quei mesi funesti,
trucidati, torturati, morti di sete e di fame lungo le strade anatoliche,
con scherno coerente
sarà negato anche ogni funebre rito.
O meglio: non ce ne sarà bisogno.
Un singolo morto
era prima un essere che respirava, era vivo,
e la sua spoglia è un cadavere che può essere onorato:
centomila morti
sono un mucchio di carne in putrefazione,
un cumulo di letame,
più nulla del nulla,
un'immonda realtà negativa di cui disfarsi"
Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004.
"Sopravvivere
diventerà
un caso,
un'astuzia ingegnosa,
una prova di forza,
uno schernevole gioco di dadi che ha in palio la morte"
Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004.
"Ogni giorno
portò il suo orrore quotidiano,
e
ogni giorno
la pena si accrebbe per i sopravvissuti,
che si trascinavano avanti passo dopo passo,
sempre più miserabili, sempre più macilenti,
affrontando
ogni giorno
la loro morte quotidiana"
Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004.
"Per un momento,
tutti covano un'indistinta speranza:
<<Qualcuno ci vedrà, qualcuno capirà che cosa ci stanno facendo>>.
Ma la gente lungo la strada invece sembra non vederli,
li attraversa con occhi di vetro,
o si scansa, con visibile disgusto.
E intorno si fa il vuoto"
Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004.
"Djelal vede
ogni giorno
i bambini scheletrici
che vagano dappertutto,
e neanche più chiedono pane,
solo vagano
e
fissano gli altri, tutti coloro che hanno il diritto di vivere"
Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004.
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