giovedì 13 febbraio 2020

CORSI E RICORSI DI OGNI GENOCIDIO



"In quella lontana solare giornata di maggio 
lei e i suoi familiari, 
piccoli e grandi, 
tutti sono stati giudicati - e trovati colpevoli - di esistere: 
e Dio si è velato. 
[...] 
Ismene prega con fervore, 
e lancia oscure minacce 
al Dio velato 
che non sembra ascoltarla:
 <<Troppo, troppo. Troppo male è su di loro. 
Non ti pare che sia abbastanza?>> 
brontola, segnandosi tre volte"

Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004. 




"[...] è il giorno più funesto per un paese quello in cui, 
per sentirsi unito, 
sente il bisogno di eliminare una parte dei suoi cittadini, inermi"

Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004. 



"Là le donne circondano i massacrati, 
ognuna con la sua lampada, 
si prendono per mano 
e cominciano solennemente il rito intangibile. 
Ancora per questa volta: 
Sempad e i suoi avranno sepoltura cristiana. 
A tutti gli altri armeni che perderanno la vita in quei mesi funesti, 
trucidati, torturati, morti di sete e di fame lungo le strade anatoliche, 
con scherno coerente 
sarà negato anche ogni funebre rito. 
O meglio: non ce ne sarà bisogno. 
Un singolo morto 
era prima un essere che respirava, era vivo, 
e la sua spoglia è un cadavere che può essere onorato: 
centomila morti 
sono un mucchio di carne in putrefazione, 
un cumulo di letame, 
più nulla del nulla, 
un'immonda realtà negativa di cui disfarsi"

Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004. 





"Sopravvivere 
diventerà 
un caso, 
un'astuzia ingegnosa, 
una prova di forza, 
uno schernevole gioco di dadi che ha in palio la morte" 

Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004. 




"Ogni giorno 
portò il suo orrore quotidiano, 
ogni giorno 
la pena si accrebbe per i sopravvissuti, 
che si trascinavano avanti passo dopo passo, 
sempre più miserabili, sempre più macilenti, 
affrontando 
ogni giorno 
la loro morte quotidiana"

Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004. 



"Per un momento, 
tutti covano un'indistinta speranza: 
<<Qualcuno ci vedrà, qualcuno capirà che cosa ci stanno facendo>>. 
Ma la gente lungo la strada invece sembra non vederli, 
li attraversa con occhi di vetro, 
o si scansa, con visibile disgusto. 
E intorno si fa il vuoto"

Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004. 





"Djelal vede 
ogni giorno 
i bambini scheletrici  
che vagano dappertutto, 
e neanche più chiedono pane, 
solo vagano 
fissano gli altri, tutti coloro che hanno il diritto di vivere"

Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", Rizzoli, 2004. 

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