IL (vero) BIBLIOTECARIO:
UNA VOCAZIONE PER UNA MISSIONE
"continuo contatto con la sua cerchia di lettori,
consigliando, aiutando ed elevando le loro vite
ed esercitando un'insuperabile influenza in direzione del bene
che non può essere superata in altra professione aperta a uomini o donne".
Il lavoro del bibliotecario si svolge
"su due piani
che io chiamerò, in mancanza di termini migliori, intellettuale e morale [...].
Sul piano intellettuale
metterei tutti quelli che svolgono il lavoro
per un'ambizione personale, per ottenere fama o per guadagnare uno stipendio più alto.
E' il piano della maggior parte degli uomini d'affari, avvocati, etc.
A quel piano l'attività bibliotecaria è il business condotto soprattutto
per il benessere e l'avanzamento del bibliotecario.
Questi motivi sono quelli delle grandi masse di lavoratori in tutti i campi
e l'ambizione e la pura e semplice operosità intellettuale
spesso garantiscono molto eccellente lavoro ad alto livello,
ma mai al massimo livello...
Nella professione bibliotecaria
il lavoro migliore sarà sempre svolto
sul piano morale,
dove il bibliotecario mette il suo cuore e la sua vita nel suo lavoro,
con la totale consacrazione di un sacerdote o un missionario,
ed entra nella professione e svolge il suo lavoro
perché è suo dovere o suo privilegio.
E' la sua vocazione.
Le considerazioni egoistiche di
fama, benessere personale o remunerazione
sono tutte secondarie"
Melvil Dewey,
conferenza di reclutamento
tenuta di fronte all'Associazione delle ex studentesse del college
intitolata "Librarianship as a profession for college-bred women"
("Il bibliotecario come professione per le donne educate al college"),
13 marzo 1886
(qui la fonte).
Dewey
andò avanti,
differenziando <<lavoro>> e <<professione>>.
Per Dewey
non contava
tanto il lavoro,
quanto lo spirito con cui esso era svolto […].
Dewey,
appellandosi alla purezza, alla bontà, alla devozione disinteressata,
tenta di
determinare la posizione del lavoro di bibliotecario
come una vocazione
piuttosto che
come una professione.
Perciò egli configura un lavoro che
risponda
non alla realtà di questo mondo,
ma a qualcosa di molto più grande,
cioè il lavoro che non deve essere macchiato da pensieri di guadagno terreno.
La qualificazione più importante di tutte
è
possedere lo spirito giusto,
lo <<spirito
della biblioteca>>.
Perciò, secondo Dewey,
un custode con un’appropriata
motivazione
potrebbe, concepibilmente, essere un bibliotecario migliore
di un
bibliotecario che non ha mai avuto
il requisito del fervore per il lavoro"
Marcella D. Genz,
"Working the Reference Desk",
articolo pubblicato
in “Library trends”, 1998
(tradotto in italiano da Paola Gibbin e pubblicato da "Biblioteche
oggi" nel 1999
con il titolo “Lavorare al servizio di reference.
Evoluzione e
definizione di un profilo professionale”.
Qui la fonte).
Se mi permette...oltre alla vita e al cuore il biblio deve mettere anche il...fegato! Ma solo in alcuni rari casi: quando si presenta un lettore un pò "tardotto" come me...quando non c'è il libro sullo scaffale...Comunque si vede che in Lei c'è tanta vitamina B...B come biblioteca...nel sangue. Complimentsss!
RispondiEliminaGrazie infinite per il meraviglioso complimento!!!
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