LA BIBLIOTECA, IL CENTRO VIVO
DI UN PAESE CIVILE E MODERNO
"Simonetta
[il responsabile del lavoro culturale, N.d.A.]
invece fece un'altra proposta concreta,
per la crisi del libro:
la biblioteca,
si doveva utilizzare
la biblioteca comunale,
per farne
un centro di lettura, di dibattito, di incontro.
Intorno all'attività della biblioteca
si poteva mobilitare
un pubblico il più possibile vasto
di intellettuali cittadini, avvocati, professionisti, medici, insegnanti.
La biblioteca della nostra città
era stata fondata
da una singolare figura di prete garibaldino,
illuminista e guerrazziano.
Roma lo aveva sospeso a divinis
sia per le sue idee,
sia perché fu sorpreso, una sera, in un certo locale, dove ballava travestito da sergente della guardia nazionale.
I locali che ospitavano la biblioteca
un tempo appartenevano ad un convento:
la sala di lettura,
dalle volte altissime, fresca e silenziosa,
un tempo era stata il refettorio.
C'erano molti cimeli preziosi, nella nostra biblioteca:
trentadue incunabuli, di cui uno rarissimo, forse unico,
molte cinquecentine,
centinaia di manoscritti,
un atlante del cinquecento illustrato a mano
e un curioso libro su foglia di palma, in lingua tamil.
Non ci entrava quasi mai nessuno,
perché il vecchio bibliotecario non amava i seccatori.
Come molti dei suoi colleghi,
considerava la biblioteca un suo luogo privato
e cacciava con grandi urlacci i ragazzini del ginnasio
che a volte si affacciavano là dentro
e chiedevano di poter dare un'occhiata alle riviste.
Era un ometto piccolo e grigio di capelli, sempre vestito di nero, con i polsini e il colletto di celluloide bianca;
un tipo triste e misantropo, che viveva solo, con una vecchia serva, senza parenti né amici.
Si chiamava Chellini Sforzi,
due cognomi, come quasi tutti i bibliotecari,
i quali in genere son persone modestissime,
ma par che non badino all'economia, in fatto di nomi.
Simonetta fece venire un intellettuale da Roma,
per una riunione a cui invitò una trentina di persone,
professionisti, avvocati, insegnanti, medici.
L'intellettuale era un giovane bello, biondo, alto e pallido.
[...] cominciò a parlare, in piedi, a bassa voce:
teneva sul tavolo, davanti a sé, il foglietto degli appunti e l'orologio.
l'ufficio di una biblioteca
in un paese civile e moderno.
La biblioteca italiana
di solito
si limita alla conservazione
del glorioso nostro patrimonio bibliografico
e anche nei registri del comune
il bibliotecario vien definito <<conservatore della biblioteca>>.
Un patrimonio
ricchissimo, senza dubbio,
ma sterile,
ove non si proponga la diffusione della lettura e del sapere.
Una biblioteca veramente moderna
deve proporsi di
andare incontro al lettore,
invitarlo alla lettura,
presentandogli il libro aperto.
[...]
Prese subito la parola Simonetta, e disse che approvava la relazione del nostro gradito ospite e che lo ringraziava a nome di tutti.
Ripeté che
una biblioteca moderna
deve proporsi
la diffusione del libro,
e che quindi noi dovevamo,
lì in biblioteca,
prendere tutta una serie di iniziative in questo senso:
letture, conferenze, dibattiti, diffusione del libro popolare.
[...] Il vecchio Chellini Sforzi,
seduto in un angolo,
li stava a sentire con la faccia scura,
visibilmente assillato dal pensiero che tutte quelle novità dovevano proprio accadere là dentro.
Eppure doveva star zitto,
perché c'era la sua pratica per la pensione già in corso,
e sperava che il comune lo congedasse con l'abbuono di cinque anni di servizio.
[...]
<<Che ne pensa della biblioteca? Mi pare un po' ferma, un po'...come dire? un po' invecchiata.
Non le pare?
Ora che il vecchio Chellini Sforzi è in pensione
potremmo rimodernarla,
farla diventare
un centro vivo
di dibattito, di discussione, di diffusione della cultura.
No?
Insomma la biblioteca potrebbe diventare
un po', come dire? la nostra casa di cultura.
Vedesse a Milano, cosa fanno alla casa della cultura!
Vedesse a Livorno.
A Livorno hanno adattato una vecchia cisterna lorenese;
ci han ricavato sale per
conferenze, mostre, rappresentazioni teatrali, dibattiti, proiezioni cinematografiche.
Un sacco di roba>>.
E così, grazie [...] al contributo del comune,
trasformammo
la nostra biblioteca.
Comprarono la scaffalatura nuova, metallica, intensiva, a palchetti mobili. Riempirono di scaffali un intero stanzone, tante file bifronti di scaffali metallici disposti a pettine, a due piani, con un praticabile di lamiera e la ringhierina cromata: illuminazione al neon, un tubo per corsello.
Sotto i libri,
sopra i periodici.
Per la sala di lettura comprarono mobili nuovi,
un bel portariviste di legno e vetro,
la vetrinetta per l'ingresso, dove esporre
i recenti acquisti, gli avvisi per i soci e le locandine degli spettacoli.
Tutto intorno alla pareti, a una certa altezza da terra,
fissarono un grosso filo di ferro,
dal quale potevano far pendere tante catenelle,
e ogni catenella doveva sostenere un quadro.
Per le mostre di pittura, di disegno, di fotografia è l'ideale.
Il quadro si può appendere a qualsiasi altezza
e non c'è bisogno di piantar chiodi e di sciupare il muro"
Luciano Bianciardi, "Il lavoro culturale", Feltrinelli, 1957.