SERVIZIO (IN)CIVILE
Avviso ai naviganti: chi fosse stato selezionato e
ritenuto idoneo al servizio civile 2011 ha un motivo in più (tra i tanti) per
dissociarsi dalla Lega Nord, partito razzista e xenofobo per eccellenza. Infatti
una norma di dieci anni fa varata dal governo Bossi-Berlusconi, contenendo una
previsione sfacciatamente discriminatoria (chi l’avrebbe mai detto?), ha fatto
sì che ora si debbano riaprire i termini per la presentazione delle domande,
sostenere nuovi colloqui e compiere nuove valutazioni per permettere a chi era
stato escluso di partecipare. Ciò comporterà il blocco delle attività di servizio
civile (con rinvii di tempo epocali), la loro cessazione immediata per chi le avesse
appena iniziate e la perdita della certezza di essere ammessi per chi avrebbe
dovuto cominciare in primavera.
Tutto ha inizio il 5 aprile 2002 con l’emanazione, da
parte dell’allora Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, del D.Lgs. 77/02, il
cui art. 3 prevede che per poter prestare servizio civile occorra essere
necessariamente cittadini italiani. Sulla base di tale
previsione dal sapore palesemente discriminatorio, il 20 settembre scorso è
stato indetto e pubblicato il "Bando per la selezione di 10.481
volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e
all’estero". Un ragazzo pakistano di 25 anni, Syed Shahzad
Tanwiryed - vivendo da 15 anni in Italia, dove ha completato le scuole medie e
superiori e oggi frequenta l’università - ha chiesto di essere ammesso al servizio
civile presso la Caritas Ambrosiana. Essendo poi stato informato dai
responsabili che non sarebbe stato inserito nella graduatoria per la selezione
finale perchè privo della cittadinanza italiana, si è rivolto al Tribunale del
Lavoro di Milano. Assistito dall'Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione
(Asgi) e dalla onlus Avvocati per niente (Apn), ha chiesto al giudice
di dichiarare il carattere discriminatorio del Bando e, pertanto,
di ordinare alla Presidenza del Consiglio – Ufficio Nazionale per il Servizio Civile di sospendere la procedura di selezione, eliminare
dal Bando il requisito del possesso della cittadinanza
italiana e fissare un nuovo termine per la presentazione delle domande di
ammissione. La Presidenza del Consiglio – Ufficio Nazionale per il Servizio Civile si è difesa nel procedimento (servendosi, ovviamente,
dell’Avvocatura dello Stato pagata dai contribuenti), sostenendo che
all'odierno servizio civile possano accedere solo i cittadini
italiani perchè la sua finalità è la stessa del servizio militare - difendere
la Patria – con la sola esclusione dell’uso di mezzi militari (come in passato,
quando veniva svolto dagli obiettori di coscienza come alternativa alla leva
obbligatoria). Il 9 gennaio scorso il giudice Carla Bianchini della Sezione
Lavoro del Tribunale milanese, prendendo la sua decisione, ha respinto tutte le
obiezioni della Presidenza del Consiglio – Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, sposando invece pienamente le richieste di Syed,
Asgi e Apn.
Nell'ordinanza (depositata il 12 gennaio) il magistrato considera il servizio
civile (istituito dalla legge 64/2001 quando vigeva ancora il servizio militare
obbligatorio e la relativa obiezione di coscienza) completamente autonomo e
indipendente rispetto al servizio militare e alla passata versione valida per
gli obiettori di coscienza (nel frattempo scomparsa con la sospensione della
leva obbligatoria), definendolo “autonoma e libera modalità di contribuire alla tutela
dei diritti della persona, all’educazione alla pace dei popoli, alla
solidarietà e cooperazione nazionale e internazionale”.
Poiché una delle finalità del servizio civile
(elencate dall'art. 1 della legge 64/2001) comprende la difesa della Patria con
mezzi e attività non militari, il Tribunale si sofferma sul significato di tale
concetto, ricordando che è stato lo stesso Parlamento ad adottare una nozione
di "dovere di difesa della Patria" molto ampia, comprensiva di tutte
le attività finalizzate alla solidarietà, alla cooperazione nazionale e
internazionale, alla salvaguardia del patrimonio ambientale, culturale,
artistico e storico, allo sviluppo della pace tra i popoli. Per di più, con le
sentenze 228/04 e 431/05, la Corte Costituzionale ha considerato il
servizio civile un mezzo per adempiere ai doveri costituzionali di solidarietà politica,
economica e sociale (art. 2) e di concorso al progresso materiale e
spirituale della società (art. 4), valutando pertanto il dovere di difendere la
Patria (art. 52 Cost.) alla luce del suddetto principio di solidarietà (che
consente a ciascuno di esprimere liberamente e spontaneamente la propria socialità).
La Consulta, infatti, definisce il servizio civile come "forma
spontanea di adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria". Rifacendosi alle suddette pronunce, è chiaro che il
dovere di difendere la Patria sia collegabile al
dovere fondamentale di solidarietà politica, economica e sociale al quale sono
chiamati tutti quelli che abbiano scelto liberamente di risiedere stabilmente in
Italia. Del resto, qual è il senso del servizio civile, se non quello di
svolgere attività senza scopo di lucro che perseguano la solidarietà, la tutela
dei diritti sociali, la salvaguardia del patrimonio e il contributo alla
formazione civica?
La lezione da trarre è che il cittadino può adempiere al dovere di difendere la propria Patria anche impegnandosi nel sociale.
Tuttavia una simile posizione comporta alcune precisazioni in merito ai concetti
di "Patria" e "cittadino”, alle quali il magistrato Bianchini
non si sottrae. Per la Costituzione e la Consulta, “Patria” non è tanto il
confine nazionale, quanto la comunità di persone che vivono all’interno di tali
confini, mentre “cittadino” non è sempre e solo il titolare della
cittadinanza, ma chiunque appartenga a una collettività che abita e interagisce
su un certo territorio. Inevitabile quindi che il termine “cittadino”
comprenda anche gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia che abbiano eletto questo Paese come proprio luogo di stabile dimora e alla cui comunità
sentano ormai di appartenere. La conseguenza è che dalla previsione per
cui la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino (art. 52 Cost.,
applicabile, come detto, anche al servizio civile, poiché con esso si tiene fede all'annesso dovere di solidarietà sociale) non possono essere esclusi nemmeno gli apolidi
residenti in Italia, poiché trattasi di norma costituzionale di “garanzia” e
non di “esclusione”, da cui nessun cittadino può essere esentato senza valido
motivo. Tra l’altro la dott.ssa Bianchini sottolinea come le finalità del
servizio civile (promozione politica, economica e sociale) siano comuni a ogni
realtà nazionale: la stessa norma istitutiva (art. 1 della legge 64/2001)
contempla la “promozione di solidarietà e cooperazione nazionale e
internazionale con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai
servizi alla persona e all’educazione alla pace tra i popoli”. Il fatto che sia prevista la possibilità di svolgere
il servizio civile anche in uno Stato estero a favore delle popolazioni locali
comporta che non vi siano motivi ragionevoli e obiettivi per limitare la
partecipazione ai soli soggetti muniti di cittadinanza italiana. E’ di
nuovo la legge 64/2001 a prevedere l'ammissione al servizio civile volontario "sulla
base di requisiti oggettivi e non discriminatori”, non richiedendo il possesso della cittadinanza
(introdotto invece dal D.Lgs. 77/02), dal momento che il servizio civile è
sempre stato rivolto a chi appartenesse alla comunità e, come tale, facesse proprio quel dovere di solidarietà sociale previsto dall’art. 2 Cost.
Anche considerando il servizio civile come un
rapporto di lavoro atipico (il volontario percepisce un compenso, presta la sua
attività per un certo numero di ore stabilite dall’ente, opera sotto la
supervisione di un responsabile del progetto appartenente all’ente e può essere
sanzionato sotto il profilo disciplinare), non c'è alcun motivo valido
per escludere lo straniero stabilmente residente in
quanto tale. Infatti nell'esercizio dei diritti civili (come il
concorrere a tutte le proposte contrattuali in materia lavorativa) vige il
principio giuridico della parità di trattamento tra italiani e stranieri
regolarmente soggiornanti.
Secondo il Tribunale, è incongruente,
irragionevole e incomprensibile permettere che il responsabile di progetto
(colui che, dirigendo l'attività del volontario, persegue le finalità
richieste dalla legge sul servizio civile) possa essere uno
straniero, mentre il volontario debba per forza essere italiano. Visto che
con la sua scelta quest'ultimo contribuisce allo sviluppo e al bene della
collettività cui appartiene, non si vede per quale ragione il possesso o meno
della cittadinanza possa essere considerato un requisito per accedere al
servizio civile.
Ora, anche se la costituzionalità delle leggi può
essere riconosciuta o negata soltanto dalla Corte Costituzionale,
il giudice ordinario può fornire un’interpretazione costituzionalmente
orientata delle leggi, ovvero considerare eventuali interpretazioni che permettano
di applicare le norme vigenti in modo conforme ai dettami costituzionali. Ed è proprio quanto ha inteso fare il giudice
Bianchini per l’art. 3 del D.Lgs. 77/02. Ella ha ritenuto che il dovere di
difesa della Patria (art. 52 Cost.), anche nella forma propria del servizio civile
collegata al dovere di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2
Cost.), debba essere esteso a tutti i “cittadini”, intesi non come persone
munite di cittadinanza, ma come appartenenti in maniera stabile e regolare alla
comunità.
L'inevitabile conclusione del giudice è che la
limitazione prevista dall’art. 3 del D.L.gs. 77/02 (ripresa dal Bando del 20
settembre scorso) è certamente discriminatoria poichè esclude senza
motivo dalla partecipazione alla selezione tutti gli stranieri residenti
stabilmente in Italia (come Syed Shahzad Tanwiryed). Pertanto, perché tale
discriminazione venga rimossa, il Tribunale ha ordinato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ufficio Nazionale per il Servizio Civile di sospendere
le procedure di selezione, escludere dal Bando il requisito della
cittadinanza e fissare un nuovo termine per la presentazione delle
domande, così da consentire l’accesso anche agli stranieri soggiornanti
regolarmente in Italia.
In conclusione, mi permetto di avanzare (con infinità
sobrietà, ci mancherebbe) un piccolo suggerimento a Monti, quando i suoi uffici
dovranno correggere il Bando. Dopo “servizio”, evidenzi bene l'aggettivo
"civile": qualcuno potrebbe ancora scambiarlo per
"incivile".
Aggiornamento del 20 gennaio 2012
Asgi e Apn onlus (le associazioni che hanno sostenuto con Syed Shahzad Tanwiryed il ricorso al Tribunale del Lavoro di Milano) hanno emanato un comunicato stampa, con cui hanno avanzato una proposta al governo Monti per evitare il paventato blocco del servizio civile. Si sono rese disponibili, insieme a Syed, ad accettare di aprire definitivamente il servizio civile anche agli stranieri regolari a partire dal prossimo bando, considerando che "la legge prevede la possibilità di un piano di rimozione della discriminazione anche secondo passaggi graduali, da definirsi in accordo tra le parti". Tale prospettiva garantirebbe una soluzione rapida del problema, facendo coesistere il principio sancito dal giudice Carla Bianchini (parità di trattamento tra italiani e stranieri regolari) e l'esigenza dei volontari già selezionati di veder confermato l'avvio dei loro progetti. Ora non resta che attendere le mosse della Presidenza del Consiglio.
Aggiornamento del 27 gennaio 2012
"Prendiamo atto con rammarico che ad oggi il Governo non ha assunto alcuna iniziativa in esecuzione dell'ordinanza, se non sospendendo le partenze [dei progetti di servizio civile, N.d.A.], nonostante le nostre proposte che prevedevano l'apertura definitiva del servizio civile agli stranieri a partire dal prossimo bando". Ecco le mosse (inesistenti) del Presidente Monti secondo un nuovo comunicato stampa di Asgi e Apn onlus, emanato il 25 gennaio. Così, vista l'assenza del governo dei professori (che sarà anche molto "tecnico" e molto "sobrio", ma quanto al rispetto del diritto e delle pronunce giurisdizionali non sembra essere inferiore al precedente), per superare "i disagi e le ansie vissute in questi giorni dai volontari già selezionati e in procinto di essere assunti in servizio", le due associazioni hanno dovuto agire "in maniera spontanea": hanno chiesto all'Avvocatura dello Stato di domandare - insieme - alla Corte d'Appello (dove la Presidenza del Consiglio, a spesa dei contribuenti, ha presentato ricorso contro il verdetto del giudice Carla Bianchini) di sospendere fino a sentenza definitiva l'esecutività della pronuncia di 1° grado solo per gli effetti sul bando in corso (confermando, quindi, il carattere discriminatorio dell'esclusione degli stranieri regolari). La collaborazione tra Asgi, Apn onlus e Avvocatura dello Stato ha portato i suoi frutti, visto che ieri la Corte milanese ha accolto la loro richiesta. In tal modo, i volontari già selezionati potranno iniziare regolarmente, nonostante Asgi e Apn onlus abbiano sottolineato che durante il processo la Presidenza del Consiglio, confidando esclusivamente nelle proprie ragioni, non si sia mai preoccupata dello stato di avanzamento delle procedure di selezione.
Tutto è bene quel che finisce bene, se non fosse che le due associazioni abbiano chiesto a Monti di:
- non insistere nella pretesa di sovvertire la decisione della dottoressa Bianchini e rinunciare così all'appello per la parte relativa all'accertamento del carattere discriminatorio dell'esclusione degli stranieri regolari. In tal modo l'ordinanza del Tribunale di Milano diventerebbe definitiva e i prossimi bandi sarebbero certamente indetti anche per una categoria di giovani finora ingiustamente penalizzata;
- introdurre in una delle misure in cantiere (come il decreto sulle semplificazioni) la modifica dell'art. 3 del D.Lgs. 77/02 per chiarire una volta per tutte il diritto dei giovani stranieri regolarmente soggiornanti in Italia di partecipare al servizio civile;
- rafforzare l'istituto del servizio civile.
Vorrà Monti ascoltare tali richieste e metterle in pratica?
Nota conclusiva: poichè il verdetto d'appello è stato fissato a novembre, Asgi e Apn onlus hanno promesso di presentare apposita istanza per anticipare la decisione dei giudici, in modo tale che arrivi prima dell'emanazione del nuovo bando di servizio civile.
Aggiornamento del 23 dicembre 2012
Il 20 dicembre 2012 la Corte d'Appello di Milano ha respinto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri contro l'ordinanza del giudice del lavoro Carla Bianchini, confermando così la decisione di 1° grado.
Alla luce di due provvedimenti univoci della magistratura, Asgi (Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione) e Avvocati per niente onlus hanno emanato un comunicato stampa in cui scrivono di attendersi che "la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione si adoperino affinché il nuovo bando per la selezione dei volontari del Servizio Civile Nazionale, atteso per i primi mesi del prossimo anno, non contenga più il requisito della cittadinanza italiana, ma venga esteso anche ai giovani di cittadinanza straniera regolarmente residenti in Italia".
Speriamo, anche se i precedenti non sono incoraggianti.
Infatti il 23 ottobre scorso, nel rispondere - dopo 8 mesi e mezzo - a un'interrogazione presentata il 7 febbraio a Montecitorio dal deputato dell'Italia dei Valori Fabio Evangelisti, il ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione Andrea Riccardi (fondatore della Comunità di Sant'Egidio) ha scritto che la Presidenza del Consiglio - Ufficio Nazionale per il Servizio Civile ha chiesto un parere su come comportarsi per i bandi futuri alla stessa Avvocatura generale dello Stato, le cui tesi erano appena state sconfessate dal giudice di Milano. Che cosa avranno mai risposto gli avvocati pagati dai contribuenti? Che altri giudici hanno considerato legittima l'ammissione dei soli cittadini italiani ai bandi di servizio civile. Pertanto i legali hanno suggerito di continuare a prevedere nei bandi l'accesso ai soli cittadini italiani, nel rispetto di quella norma bollata come "discriminatoria" dal giudice Bianchini (l'art. 3 del D.Lgs. 77/02). La spiegazione fornita dall'Avvocatura è imperdibile: "anche in caso di ipotetica soccombenza dell'Amministrazione in singoli giudizi intrapresi da soggetti non cittadini per accedere alla selezione, detta soccombenza non sarebbe di per sé sufficiente - in presenza di una siffatta norma di legge efficace e vincolante - a giustificare una eventuale modifica dei bandi né lo stralcio della clausola che a tale norma di legge si conforma". Riassumendo: un giudice ritiene palesemente discriminatoria una norma, ma gli avvocati pubblici - soccombenti in tribunale - suggeriscono al governo di fregarsene, non cambiando nulla. Il bello (si fa per dire) è che il ministro Riccardi ha sposato in pieno il suggerimento dell'Avvocatura. Ha infatti sostenuto che "nei bandi di prossima adozione sarà prevista la cittadinanza italiana quale requisito di partecipazione al servizio civile, in ossequio al quadro normativo vigente non disapplicabile dall'amministrazione, fatti salvi eventuali interventi legislativi volti a modificare la disciplina in materia", anche se "la reiterata indicazione nei nuovi bandi del requisito della cittadinanza italiana avrebbe potuto essere interpretata come una mancata osservanza della pronuncia del giudice del lavoro". Ora, a parte l'evidente confusione di idee del ministro, probabilmente inconsapevole delle sue preoccupanti contraddizioni (messe addirittura nero su bianco in un atto ufficiale della Camera dei Deputati), Riccardi ignora che il governo di cui fa parte (anzi, il suo ministero - essendo senza portafoglio - rientra nella Presidenza del Consiglio) potrebbe modificare la norma discriminatoria inserendo pochissime parole all'interno di un decreto-legge, oppure presentare in Parlamento la semplicissima modifica normativa in un disegno di legge. Il governo "tecnico", invece, non ha fatto nulla. Mantenendo in vigore una discriminazione.
Aggiornamento del 20 gennaio 2012
Asgi e Apn onlus (le associazioni che hanno sostenuto con Syed Shahzad Tanwiryed il ricorso al Tribunale del Lavoro di Milano) hanno emanato un comunicato stampa, con cui hanno avanzato una proposta al governo Monti per evitare il paventato blocco del servizio civile. Si sono rese disponibili, insieme a Syed, ad accettare di aprire definitivamente il servizio civile anche agli stranieri regolari a partire dal prossimo bando, considerando che "la legge prevede la possibilità di un piano di rimozione della discriminazione anche secondo passaggi graduali, da definirsi in accordo tra le parti". Tale prospettiva garantirebbe una soluzione rapida del problema, facendo coesistere il principio sancito dal giudice Carla Bianchini (parità di trattamento tra italiani e stranieri regolari) e l'esigenza dei volontari già selezionati di veder confermato l'avvio dei loro progetti. Ora non resta che attendere le mosse della Presidenza del Consiglio.
Aggiornamento del 27 gennaio 2012
"Prendiamo atto con rammarico che ad oggi il Governo non ha assunto alcuna iniziativa in esecuzione dell'ordinanza, se non sospendendo le partenze [dei progetti di servizio civile, N.d.A.], nonostante le nostre proposte che prevedevano l'apertura definitiva del servizio civile agli stranieri a partire dal prossimo bando". Ecco le mosse (inesistenti) del Presidente Monti secondo un nuovo comunicato stampa di Asgi e Apn onlus, emanato il 25 gennaio. Così, vista l'assenza del governo dei professori (che sarà anche molto "tecnico" e molto "sobrio", ma quanto al rispetto del diritto e delle pronunce giurisdizionali non sembra essere inferiore al precedente), per superare "i disagi e le ansie vissute in questi giorni dai volontari già selezionati e in procinto di essere assunti in servizio", le due associazioni hanno dovuto agire "in maniera spontanea": hanno chiesto all'Avvocatura dello Stato di domandare - insieme - alla Corte d'Appello (dove la Presidenza del Consiglio, a spesa dei contribuenti, ha presentato ricorso contro il verdetto del giudice Carla Bianchini) di sospendere fino a sentenza definitiva l'esecutività della pronuncia di 1° grado solo per gli effetti sul bando in corso (confermando, quindi, il carattere discriminatorio dell'esclusione degli stranieri regolari). La collaborazione tra Asgi, Apn onlus e Avvocatura dello Stato ha portato i suoi frutti, visto che ieri la Corte milanese ha accolto la loro richiesta. In tal modo, i volontari già selezionati potranno iniziare regolarmente, nonostante Asgi e Apn onlus abbiano sottolineato che durante il processo la Presidenza del Consiglio, confidando esclusivamente nelle proprie ragioni, non si sia mai preoccupata dello stato di avanzamento delle procedure di selezione.
Tutto è bene quel che finisce bene, se non fosse che le due associazioni abbiano chiesto a Monti di:
- non insistere nella pretesa di sovvertire la decisione della dottoressa Bianchini e rinunciare così all'appello per la parte relativa all'accertamento del carattere discriminatorio dell'esclusione degli stranieri regolari. In tal modo l'ordinanza del Tribunale di Milano diventerebbe definitiva e i prossimi bandi sarebbero certamente indetti anche per una categoria di giovani finora ingiustamente penalizzata;
- introdurre in una delle misure in cantiere (come il decreto sulle semplificazioni) la modifica dell'art. 3 del D.Lgs. 77/02 per chiarire una volta per tutte il diritto dei giovani stranieri regolarmente soggiornanti in Italia di partecipare al servizio civile;
- rafforzare l'istituto del servizio civile.
Vorrà Monti ascoltare tali richieste e metterle in pratica?
Nota conclusiva: poichè il verdetto d'appello è stato fissato a novembre, Asgi e Apn onlus hanno promesso di presentare apposita istanza per anticipare la decisione dei giudici, in modo tale che arrivi prima dell'emanazione del nuovo bando di servizio civile.
Aggiornamento del 23 dicembre 2012
Il 20 dicembre 2012 la Corte d'Appello di Milano ha respinto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri contro l'ordinanza del giudice del lavoro Carla Bianchini, confermando così la decisione di 1° grado.
Alla luce di due provvedimenti univoci della magistratura, Asgi (Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione) e Avvocati per niente onlus hanno emanato un comunicato stampa in cui scrivono di attendersi che "la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione si adoperino affinché il nuovo bando per la selezione dei volontari del Servizio Civile Nazionale, atteso per i primi mesi del prossimo anno, non contenga più il requisito della cittadinanza italiana, ma venga esteso anche ai giovani di cittadinanza straniera regolarmente residenti in Italia".
Speriamo, anche se i precedenti non sono incoraggianti.
Infatti il 23 ottobre scorso, nel rispondere - dopo 8 mesi e mezzo - a un'interrogazione presentata il 7 febbraio a Montecitorio dal deputato dell'Italia dei Valori Fabio Evangelisti, il ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione Andrea Riccardi (fondatore della Comunità di Sant'Egidio) ha scritto che la Presidenza del Consiglio - Ufficio Nazionale per il Servizio Civile ha chiesto un parere su come comportarsi per i bandi futuri alla stessa Avvocatura generale dello Stato, le cui tesi erano appena state sconfessate dal giudice di Milano. Che cosa avranno mai risposto gli avvocati pagati dai contribuenti? Che altri giudici hanno considerato legittima l'ammissione dei soli cittadini italiani ai bandi di servizio civile. Pertanto i legali hanno suggerito di continuare a prevedere nei bandi l'accesso ai soli cittadini italiani, nel rispetto di quella norma bollata come "discriminatoria" dal giudice Bianchini (l'art. 3 del D.Lgs. 77/02). La spiegazione fornita dall'Avvocatura è imperdibile: "anche in caso di ipotetica soccombenza dell'Amministrazione in singoli giudizi intrapresi da soggetti non cittadini per accedere alla selezione, detta soccombenza non sarebbe di per sé sufficiente - in presenza di una siffatta norma di legge efficace e vincolante - a giustificare una eventuale modifica dei bandi né lo stralcio della clausola che a tale norma di legge si conforma". Riassumendo: un giudice ritiene palesemente discriminatoria una norma, ma gli avvocati pubblici - soccombenti in tribunale - suggeriscono al governo di fregarsene, non cambiando nulla. Il bello (si fa per dire) è che il ministro Riccardi ha sposato in pieno il suggerimento dell'Avvocatura. Ha infatti sostenuto che "nei bandi di prossima adozione sarà prevista la cittadinanza italiana quale requisito di partecipazione al servizio civile, in ossequio al quadro normativo vigente non disapplicabile dall'amministrazione, fatti salvi eventuali interventi legislativi volti a modificare la disciplina in materia", anche se "la reiterata indicazione nei nuovi bandi del requisito della cittadinanza italiana avrebbe potuto essere interpretata come una mancata osservanza della pronuncia del giudice del lavoro". Ora, a parte l'evidente confusione di idee del ministro, probabilmente inconsapevole delle sue preoccupanti contraddizioni (messe addirittura nero su bianco in un atto ufficiale della Camera dei Deputati), Riccardi ignora che il governo di cui fa parte (anzi, il suo ministero - essendo senza portafoglio - rientra nella Presidenza del Consiglio) potrebbe modificare la norma discriminatoria inserendo pochissime parole all'interno di un decreto-legge, oppure presentare in Parlamento la semplicissima modifica normativa in un disegno di legge. Il governo "tecnico", invece, non ha fatto nulla. Mantenendo in vigore una discriminazione.
Eppure mi sembrava nei giorni scorsi di aver sentito dire che ormai per legge dal prossimo scaglione, potevano partecipare alle selezioni del servizio civile anche i non Italiani.
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