sabato 29 agosto 2020

CALCIA LA PALLA!
Quando un verbo imperativo nasconde un sostantivo... declinato al femminile!


"Un giorno, dopo aver corso per pochi minuti, Ariana si ferma: è stanca.
Uno dei ragazzi che stanno giocando poco lontano scoppia a ridere. 
<<Non hai energia sufficiente per giocare!>>.
Ariana lo guarda infastidita.
<<Lascia perdere>> aggiunge il ragazzo. <<Il calcio non è uno sport per ragazze>>.
Adesso Ariana ne ha abbastanza.
<<Perché?>> gli chiede andando verso di lui. <<Tu hai due occhi e un naso, e li ho anch'io>>. 
Lui la guarda, confuso. 
<<Tu hai due gambe, e io pure. L'energia che hai tu, è quella che ho io, ma ho bisogno di allenamento. Tu ti sei allenato molto, perché puoi farlo tutte le volte che vuoi. Io invece sono una ragazza e non posso uscire di casa per allenarmi quando mi pare. E' questo quello di cui ho bisogno. Ma se potessi allenarmi seriamente, potrei giocare contro di te e allora sì che giocheremmo ad armi pari>>.
<<Forse puoi giocare con me>> risponde abbassando lo sguardo. 
E' evidente che vorrebbe mettere fine alla conversazione.
Ma Ariana è ormai partita lancia in resta, intenzionata ad attaccare.
<<Se tutti parlano come te, allora per noi non c'è niente da fare, ma se incoraggi le ragazze come me, dicendo, Bene, brava!, allora potremo allenarci e in futuro diventare buone giocatrici. E il mondo scoprirà che l'Afghanistan è un Paese che può competere con chicchessia>>"

Awista Ayub, "Giocando a calcio a Kabul", Piemme, 2010 
(titolo originale "However tall the mountain. A dream, eight girls, and a journey home", letteralmente "Per quanto alta possa essere la montagna. Un sogno, otto ragazze e un ritorno a casa", 2009).



"In Afghanistan non ho incontrato nessuno che simpatizzasse con i talebani o sostenesse di essersi trovato a proprio agio sotto il loro regime. 
Ho tuttavia incontrato fratelli che pensavano che le loro sorelle dovessero 
starsene in casa e non andare a scuola, 
e persino importanti funzionari della Federazione sportiva 
che si chiedevano 
se il calcio femminile potesse conciliarsi con la religione. 
In mezzo, c'erano ragazze che si consideravano buone musulmane, 
che pregavano ogni giorno, 
rispettavano le Scritture, vestivano pudicamente.
Ma anche loro volevano andare a scuola, istruirsi, 
avere una carriera lavorativa, 
sposarsi con chi volevano e quando volevano, 
e giocare a calcio, o praticare qualsiasi sport, senza dover chiedere il permesso 
agli uomini di casa. 
Ragazze desiderose di cogliere qualsiasi opportunità fosse data loro"

Awista Ayub, "Giocando a calcio a Kabul", Piemme, 2010 
(titolo originale "However tall the mountain. A dream, eight girls, and a journey home", letteralmente "Per quanto alta possa essere la montagna. Un sogno, otto ragazze e un ritorno a casa", 2009).

giovedì 27 agosto 2020

LE ALTE VETTE DELLA SAGGEZZA 


"Per quanto alta possa essere la montagna, 
c'è sempre una strada che porta in vetta"

Proverbio afgano

lunedì 17 agosto 2020

ORA E SEMPRE... RESILIENZA!!!

Sovraccoperta del libro di Monica Contrafatto.
Foto 
© Matteo Simone Bottin. Graphic designer: Pino Sartorio 

"<<Non sai mai quanto sei forte 
finché essere forte è l'unica scelta che hai>>: 
queste le parole che Monica [Contrafatto, N.d.A.] ha tatuate sulla pelle, 
per ricordare a se stessa e a tutti noi che 
ciascuno ha dentro di sé una forza innata 
che aspetta solo di essere liberata. 
L'importante è non arrendersi 
e, dopo ogni caduta, rialzarsi e correre"

Monica Contrafatto, 
"Non sai quanto sei forte. Dall'attentato alle Paralimpiadi: la mia rinascita", Mondadori, 2018, 
risvolto anteriore.




"A tutti i coraggiosi 
che ogni giorno superano con ironia e tenacia gli ostacoli della vita, 
proprio come se fossero ostacolisti, 
e che decidono di partire 
senza preoccuparsi 
di quanto tempo impiegheranno per arrivare al traguardo. 
La loro resilienza e la loro capacità di rimanere concentrati 
sul lato positivo 
sono tesori preziosi 
in grado di fare la differenza nel mondo.

Alle persone 
che temono il cambiamento e tendono a buttarsi giù: 
come c'era dentro di me, 
anche dentro di voi c'è una forza innata, 
pronta a esplodere e a spingervi avanti. 
Basta decidere di liberarla. 
A tutti voi auguro di trovare la giusta chiave, 
come a me è successo con la corsa"

Monica Contrafatto, 
"Non sai quanto sei forte. Dall'attentato alle Paralimpiadi: la mia rinascita", Mondadori, 2018, 
dedica d'opera.




"Un giorno decisi di andare a trovare la signora che occupava la stanza accanto alla mia, la numero 37. 
Passava tutto il tempo a lamentarsi e a piagnucolare, 
oltretutto in un modo così struggente (e rumoroso) 
da tenermi sveglia la notte. 
Mossa da un misto di pietà e curiosità [...]
presi le stampelle e saltellai fino là. 
Ero in piedi, 
che mi mancava una gamba era un dettaglio che difficilmente poteva sfuggire, 
eppure la signora non se ne accorse. 
<<Scusi, signora, ma cos'ha?>> le chiesi. 
<<Eh, mia cara, mi sono rotta il femore. Alla mia età...>>. 
Prima che facesse in tempo a finire la frase, ho commentato: 
<<Beata lei che alla sua età si è rotta il femore: 
pensi che io, a trent'anni, mi sono proprio fatta amputare una gamba>>. 
E le ho sorriso.
Non ho più sentito un lamento"

Monica Contrafatto, 
"Non sai quanto sei forte. Dall'attentato alle Paralimpiadi: la mia rinascita", Mondadori, 2018.




"Ringraziare mi piace moltissimo, 
perché mette in circolo un sacco di energia buona. 
Con grande gioia 
mi approssimo allora a tediare i miei lettori 
con un elenco lunghissimo di persone che, a vario titolo, 
mi hanno supportata, abbracciata e, 
quando era il caso, mi hanno rifilato qualche stangata ben data. 
[...] 
Infine vorrei ringraziare 
la mia testardaggine, la mia determinazione e la mia voglia di vivere: 
senza di loro non sarei riuscita a vedere il bicchiere mezzo pieno 
e non avrei potuto continuare a sguazzarci dentro"

Monica Contrafatto, 
"Non sai quanto sei forte. Dall'attentato alle Paralimpiadi: la mia rinascita", Mondadori, 2018, 
ringraziamenti.



"Se, a posteriori, 
posso dire di aver imparato qualcosa 
in quell'afoso giorno di aprile, 
questo è: 
non cedere mai. 
Per quanto la vita possa essere cupa e senza speranze, 
sono proprio 
gli eventi 
a infondere 
negli esseri umani 
una forza insospettata 
e a consentire loro di crescere. 
Perché più si cade in basso, più ricca diventa la vita. 
Se allora, in aprile, 
avessi sospettato che il mio destino si sarebbe complicato ancora di più, 
forse non avrei trovato il coraggio di continuare a vivere. 
[...] D'un tratto mi era venuto a mancare il terreno sotto i piedi. 
Oggi mi vergogno di quei foschi pensieri, 
perché non rispecchiano la mia vera indole, 
ma erano soltanto 
il risultato di 
uno sciocco confronto con il destino sereno degli altri. 
L'errore più grave, nelle difficoltà, è 
sperare nell'aiuto altrui. 
Perché 
c'è una sola persona al mondo che può risollevarti dall'abisso, 
e questa persona sei tu stesso. 
[...] Oggi posso dirlo: 
allora, tornando alla locanda, avevo deciso di 
gettarmi dalla torre più alta della città insieme alla mia infelice figliola. 
Un piccolo passo, un po' di coraggio, e tutto sarebbe finito. 
Ecco a che punto ero arrivato! 
Ma poi 
avvenne 
qualcosa di inaspettato, 
un fatto assolutamente secondario, 
che assunse però un'importanza decisiva per la mia vita"

Philipp Vandenberg, "Il fabbricante di specchi", Piemme, 2000 
(titolo originale "Der Spiegelmacher"
letteralmente così come tradotto nell'edizione italiana, 1998).