lunedì 14 giugno 2021

IL (vero) BIBLIOTECARIO: 
UNA VOCAZIONE PER UNA MISSIONE
 
Melvil Dewey, bibliotecario statunitense (1851-1931)

Il bibliotecario instaura e mantiene un 
"continuo contatto con la sua cerchia di lettori, 
consigliando, aiutando ed elevando le loro vite 
ed esercitando un'insuperabile influenza in direzione del bene 
che non può essere superata in altra professione aperta a uomini o donne".
Il lavoro del bibliotecario si svolge  
"su due piani 
che io chiamerò, in mancanza di termini migliori, intellettuale e morale [...]
Sul piano intellettuale 
metterei tutti quelli che svolgono il lavoro 
per un'ambizione personale, per ottenere fama o per guadagnare uno stipendio più alto. 
E' il piano della maggior parte degli uomini d'affari, avvocati, etc. 
A quel piano l'attività bibliotecaria è il business condotto soprattutto 
per il benessere e l'avanzamento del bibliotecario. 
Questi motivi sono quelli delle grandi masse di lavoratori in tutti i campi 
e l'ambizione e la pura e semplice operosità intellettuale 
spesso garantiscono molto eccellente lavoro ad alto livello, 
ma mai al massimo livello... 
Nella professione bibliotecaria 
il lavoro migliore sarà sempre svolto 
sul piano morale, 
dove il bibliotecario mette il suo cuore e la sua vita nel suo lavoro, 
con la totale consacrazione di un sacerdote o un missionario, 
ed entra nella professione e svolge il suo lavoro 
perché è suo dovere o suo privilegio. 
E' la sua vocazione. 
Le considerazioni egoistiche di 
fama, benessere personale o remunerazione 
sono tutte secondarie"
 
Melvil Dewey, 
conferenza di reclutamento 
tenuta di fronte all'Associazione delle ex studentesse del college 
intitolata "Librarianship as a profession for college-bred women" 
("Il bibliotecario come professione per le donne educate al college"), 
13 marzo 1886 
(qui la fonte).
 
 
Disegno di Alice Berti

"Appellandosi agli impulsi di generosità e altruismo, 
Dewey andò avanti, 
differenziando <<lavoro>> e <<professione>>. 
Per Dewey 
non contava tanto il lavoro, 
quanto lo spirito con cui esso era svolto […]
Dewey, 
appellandosi alla purezza, alla bontà, alla devozione disinteressata, 
tenta di determinare la posizione del lavoro di bibliotecario 
come una vocazione 
piuttosto che 
come una professione. 
Perciò egli configura un lavoro che risponda 
non alla realtà di questo mondo, 
ma a qualcosa di molto più grande, 
cioè il lavoro che non deve essere macchiato da pensieri di guadagno terreno. 
La qualificazione più importante di tutte 
è 
possedere lo spirito giusto, 
lo <<spirito della biblioteca>>. 
Perciò, secondo Dewey, 
un custode con un’appropriata motivazione 
potrebbe, concepibilmente, essere un bibliotecario migliore 
di un bibliotecario che non ha mai avuto 
il requisito del fervore per il lavoro"
 
Marcella D. Genz,  
"Working the Reference Desk"
articolo pubblicato in “Library trends”, 1998 
(tradotto in italiano da Paola Gibbin e pubblicato da "Biblioteche oggi" nel 1999 
con il titolo “Lavorare al servizio di reference. 
Evoluzione e definizione di un profilo professionale”. 
Qui la fonte).