VIVA QUELLO SPROVVEDUTO DI FALCONE
(CON DOVUTO RISPETTO A PROVENZANO)!
Venerdì 11 maggio, intervistato da David Parenzo e Giuseppe Cruciani durante la trasmissione "La Zanzara" (trasmessa su Radio24, emittente del Sole24Ore, cioè di Confindustria), il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha dato il meglio di sè.
Certo, come no, a quale governo andrebbe riconosciuto un premio antimafia se non a quello dei vari Berlusconi, Schifani, Dell'Utri e Cosentino, del "Mangano eroe perchè sta zitto" e dell'illegalità legalizzata ad personam e ad aziendam? E' tutto da immaginare un Alfano intento a coprire i buchi normativi lasciati da quell'impiastro di Falcone, che - grazie alle sue omissioni - ha di fatto rallentato i sequestri e le confische dei beni mafiosi. Poi, fortunatamente, è arrivato quel nemico serrato di delinquenti - qual è Berlusconi -, il quale ha subito fatto aumentare le confische a perdita d'occhio. Suvvia, caro Falcone, non era poi così difficile!
Inoltre, anche Andreotti e i suoi sterminati amichetti (nel senso di innumerevoli, a parte Salvo Lima, che è stato proprio freddato per strada dagli ex amici Corleonesi per essere venuto meno - una sola volta - ai patti) hanno sempre sostenuto come un mantra di aver combattuto come non mai la mafia. Poi si sa come è finita: la Cassazione ha stabilito che il sette volte Presidente del Consiglio ha sicuramente commesso il reato di associazione per delinquere con Cosa Nostra fino alla primavera del 1980 (per il periodo successivo, non sono state trovate prove sufficienti). Vuoi vedere che Grasso ha in realtà augurato a Berlusconi di finire come il divo Giulio?
Per di più, il procuratore nazionale antimafia dovrebbe sapere che il tanto lodato governo Berlusconi (della serie: meno male che Silvio c'è!), emanando il nuovo Codice antimafia - un decreto legislativo approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 3 agosto 2011 - ha:
- fissato un limite massimo al tempo che può passare tra il sequestro e la confisca di un bene, pari a 2 anni e mezzo. Per come è (stata) ridotta la giustizia italiana, non serve un genio per capire che diventa impossibile sottrarre definitivamente i beni ai mafiosi in così breve tempo: basta che attendano 30 mesi e riavranno tutto indietro;
- reso possibile revocare le confische anche se il bene sia già stato assegnato (essendo, per esempio, diventato una caserma dei carabinieri o la sede di una cooperativa sociale). La confisca quindi non è più definitiva: basterà essere assolti dal reato di mafia (art. 416-bis c.p.) per chiedere allo Stato la restituzione dei propri ex beni. Peccato che gli imputati possano essere assolti (magari per insufficienza di prove), ma essere contemporaneamente dimostrato un loro inserimento - giudicato non penalmente rilevante - negli ambienti malavitosi, sempre utile per accumulare un cospicuo patrimonio;
- lasciato invariato l'art. 416-ter del codice penale (che punisce lo scambio elettorale politico-mafioso), mentre da anni i magistrati antimafia chiedono - inascoltati - di prevedere sanzioni non solo per "chi ottiene la promessa di voti in cambio dell'erogazione di denaro" (come recita il testo), ma anche "in cambio di altre utilità" (come gli appalti, le licenze, le assunzioni e qualsiasi altro tipo di favore). Lasciando inalterata la previsione normativa, si è voluta confermare l'inutilizzabilità dell'art. 416-ter, dal momento che i politici non pagano mai il voto mafioso con il proprio denaro, ma concedendo vantaggi una volta eletti.
Forse il procuratore Grasso non lo sa - o non se lo ricorda - ma la Corte dei Conti, con la delibera 23/2010/G (adottata nella seduta del 14 settembre 2010 e depositata esattamente un mese dopo), ha approvato una relazione dal titolo "Gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata" relativa agli anni 2008/2009. In tale documento i giudici contabili hanno scritto che il 52,6% dei beni confiscati alle mafie è rimasto inutilizzato per le procedure assai lente, visto che sono necessari tra i 7 e i 10 anni per arrivare alla confisca definitiva (altro che 2 anni e mezzo!). In più, le confische sono miseramente crollate: da un valore pari a 11,1 milioni di euro si è passati a "soli" 5,7 milioni (un calo del 48,6%). Ottimo lavoro, Silvio!
2) "Antonio Ingroia ha sbagliato a parlare dal palco di un partito. E' un magistrato che fa politica utilizzando la propria funzione istituzionale, deviando da essa. Visto che è tagliatissimo per la politica, scelga tra questa e la magistratura".
Non c'è che dire, Berlusconi & C. non avrebbero saputo esprimersi meglio.
Ricordo a Grasso che accusare - senza un minimo straccio di prova - un magistrato di esercitare le proprie funzioni giurisdizionali perchè mosso da intenti politici costituisce reato: diffamazione aggravata dall'aver offeso un rappresentante del Corpo giudiziario (art. 595, c. 4 c.p.). Così, se Ingroia decidesse di denunciare il procuratore nazionale antimafia (il reato è punibile solo su querela presentata dalla persona offesa), ci sarebbero ottime probabilità che Grasso venga condannato.
3) "Non dobbiamo perdere il contatto con l'umanità, non bisogna mai perdere di vista l'uomo che c'è comunque dietro qualsiasi criminale e delinquente. Anche Bernardo Provenzano ha una sua umanità da rispettare, ma solo come uomo, non come criminale".
Complimenti, neppure Stevenson (lo scrittore scozzese autore de "Lo strano caso del dottor Jekyll e di Mr Hyde") avrebbe saputo inscenare così bene la doppia personalità. Dunque, cari parenti delle vittime di mafia e cittadini onesti, sappiate che è giusto disprezzare l'umanità del Provenzano assassino, ma non vi venga in mente di comportarvi allo stesso modo anche con il Provenzano uomo, cittadino ed elettore! Quello va rispettato. Come un vero uomo d'onore.
Nessun commento:
Posta un commento