IL DIRITTO DI (NON) LAVORARE
Non esiste solo il diritto di lavorare (sancito - con buona pace del ministro Elsa Fornero e non solo - dalla Costituzione italiana), bensì anche il diritto di non lavorare.
Infatti la Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione ha ricordato che:
- se in un reparto di un'azienda sussistono condizioni di insalubrità e pericolosità (ad esempio, permangono scadenti condizioni di pulizia, si sviluppano gas e vapori tossici o si diffondono polveri nocive senza un'idoneo impianto di aspirazione, ...) tali da mettere, anche solo teoricamente, in pericolo la salute dei lavoratori, il rifiuto da parte di costoro di continuare a lavorarvi è "giustificato".
Inoltre, sempre in presenza di un quadro di insicurezza e pericolosità per la
salute, è "irrilevante" la circostanza per cui nessun lavoratore abbia contratto malattie riferibili agli agenti patogeni presenti nei locali aziendali (sentenza 18 maggio 2006, n. 11664);
- alla luce delle
garanzie costituzionali del lavoratore, l'imprenditore è civilmente responsabile qualora non predisponga tutte le misure e le cautele necessarie per preservare l'integrità psico-fisica e la salute dei lavoratori sul luogo
di lavoro.
In tali casi, i lavoratori non solo hanno il diritto di ottenere un risarcimento dei danni subìti, ma anche il diritto di astenersi da quelle prestazioni la cui esecuzione possa pregiudicare la loro salute.
Conoscendo la pericolosità dei posti di lavoro, possono persino timbrare il cartellino, senza poi lavorare nelle
zone a rischio: infatti un simile comportamento rappresenterebbe una "giustificata reazione" al precedente inadempimento del datore di lavoro, in base al principio (sancito dall'art. 1460 del codice civile) secondo cui ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere i suoi obblighi, se l'altro non adempie contemporaneamente i propri (sentenza 5 novembre 2012, n. 18921).
Affiorano nella mente, preziose come sempre, le parole pronunciate dal giudice Antonino Caponnetto ai ragazzi dell'Istituto Tecnico Commerciale “Michele Gortani” di Tolmezzo (Udine) il 15 maggio 1995:
"Sentite questo
eptalogo, questi sette comandamenti di Michele [Del Gaudio, giudice istruttore di Savona che nel 1982 aveva ordinato l'arresto per corruzione di tutti gli uomini socialisti più potenti della Liguria, ottenendone poi la condanna, N.d.A.], cercate di racchiuderli
nell'animo, di non dimenticarli. Fate uno sforzo di memoria e nei momenti di
sconforto, di sfiducia, cercate di riandare a questi comandamenti di Michele:
"Rifiutate i
compromessi. Siate intransigenti sui valori. Convincete con amore chi sbaglia.
Rifiutate il metodo del saperci fare, questo vezzo italiano della furbizia, io
ce la so fare, a me non me la fanno. Non chiedete mai favori o
raccomandazioni".
Questo è un
ammonimento importante. La Costituzione e le leggi vi accordano dei diritti,
sappiateli esigere. Esigete i vostri diritti sempre con fermezza, con dignità.
Non chiedete mai come elemosina quello che le leggi vi accordano come diritti.
Chiedeteli, esigeteli con fermezza, con dignità, senza piegare la schiena,
senza abbassarvi al più forte, al più potente, al politico di turno. Dovete
esigerli! Questo è un imperativo, che deve sorreggere tutta la vostra vita. E'
un imperativo di dignità, di dignità umana. Abbiate sempre rispetto della
vostra dignità e difendetela anche in questo modo, esigendo i vostri diritti e
non chiedendoli come favori o come raccomandazioni, al politico, al potente, al
funzionario di turno".
Antonino Caponnetto proseguì il suo lungo intervento soffermandosi anche sugli ultimi due comandamenti di Michele Del Gaudio (votare consapevolmente e passare all'azione), da me non ripresi perchè ho ritenuto sufficienti le parole già citate nel virgolettato.
RispondiEliminaIn ogni caso, per completezza e chiarezza d'informazione, ecco come continuò il giudice siciliano:
"E votate in modo consapevole quando sarà il vostro momento. Votate in modo consapevole, non per ottenerne dei vantaggi, e tanto meno per fare dei favori o per ricambiare dei favori a qualcuno. Tanti di voi si sono schierati - dice Michele - hanno fatto una scelta contro la mafia, la corruzione, il favoritismo, la rassegnazione. Basta con la cultura della quiescenza. Oggi ci vuole la cultura della ribellione, della consapevolezza, della partecipazione, della solidarietà, della resistenza. Fatelo tutti. Il silenzio non basta più, bisogna parlare, denunciare, agire, essere normali - dice tra virgolette Michele - cioè onesti, leali, corretti. Anche se oggi diventarlo ha un significato quasi eversivo, quasi rivoluzionario".
Parole sagge come poche, da scolpire nella memoria e nel cuore. Per sempre.