lunedì 9 settembre 2013

IL CRIMINALE SILVIO


Dal 1° agosto scorso Silvio Berlusconi è un delinquente pregiudicato per aver commesso il seguente reato:
concorso in dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (cosiddetta frode fiscale) continuata.
Di seguito alcuni spunti informativi e riflessivi, tanto utili quanto più non si voglia essere presi in giro. 

I FATTI DEFINITIVAMENTE ACCERTATI

Fine anni ’70, inizio anni ’80.
Il gruppo Fininvest - in particolare Silvio Berlusconi e i suoi dirigenti - affida all'avvocato londinese David Mills un incarico: costituire all'estero (in particolare nei paradisi fiscali) un gruppo di società off shore riconducibili a Silvio Berlusconi (più che a Finivest), sui cui conti far confluire ingenti somme di denaro.
Il tutto è funzionale al raggiungimento di due scopi criminosi:

1) evadere le tasse italiane;

2) costituire fondi esteri di problematica individuazione e tracciamento, mettendo a disposizione di Berlusconi personalmente (più che di Fininvest) cospicue somme senza che emergano dai bilanci Fininvest.

David Mills e i suoi collaboratori creano per la Finivest tra 30 e 50 società (prevalentemente nelle Isole del Canale e nelle Isole Vergini), facendo massima attenzione a cancellare qualsiasi traccia finanziaria che possa ricondurre a Silvio Berlusconi la proprietà delle società off shore.
Tali società estere:

- vengono istituite in paradisi fiscali;
- sono destinate a rimanere occulte perchè create per raggiungere scopi illegali;
- costituiscono un comparto riservato della Fininvest, il cosiddetto Gruppo B.

I loro cospicui capitali occulti, utilizzabili per le più diverse necessità e scopi, vengono usati per pagare tangenti:

1) a politici (Bettino Craxi);  

2) a finanzieri; 

3) a testimoni (David Mills). 

Tangenti a politici (Craxi)
Per illecito finanziamento in favore di Bettino Craxi, Silvio Berlusconi è stato definitivamente giudicato colpevole (ma prescritto), insieme ai vertici della Fininvest.

Tangenti alla Guardia di Finanza
La Guardia di Finanza viene corrotta perchè non sia scoperta l’esistenza delle società off shore del gruppo Fininvest B, non vengano svolte indagini approfondite su di esse e non emerga il loro reale proprietario: Silvio Berlusconi.

E' stato condannato in via definitiva (2 anni e 6 mesi di reclusione) l'allora responsabile del servizio centrale fiscale di Fininvest, Salvatore Sciascia, poi candidato da Berlusconi nelle liste del Pdl al Senato sia nel 2008 (eletto e membro della Commissione Finanze e Tesoro), sia nel 2013 (eletto e membro della Commissione Finanze e Tesoro e della Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria). 

Berlusconi è stato invece assolto (per carenza di prova certa) soltanto perchè il testimone David Mills era stato colpevolmente reticente circa la proprietà delle società off shore da lui create per Fininvest.
Colui il quale deteneva lo stretto controllo patrimoniale delle società off shore era Silvio Berlusconi. Era lui il reale beneficiario economico, era lui a disporre degli ingenti capitali occulti.
Per fare solo un esempio, Marina e Piersilvio Berlusconi (figli di Silvio) erano stati indicati come beneficiari di alcune società off shore, ma con divieto di disporre dei capitali per tutta la durata in vita del padre (progetto poi non realizzato).
Tanto per evidenziare chi era il vero proprietario dei fondi.  
Ma il testimone Mills non aveva riferito nulla di tutto ciò ai giudici, benchè da esecutore sapesse benissimo che le società erano state create per volontà di Berlusconi.
Mills aveva ricondotto solo genericamente a Fininvest e non a Silvio Berlusconi la proprietà delle società off shore, distanziando la persona di Berlusconi da tali società.
Evitando di dire tutto ciò che sapeva e mantenendo la riservatezza sulle operazioni illecite compiute per il Cavaliere, Mills aveva supportato l'estraneità ai fatti di Berlusconi.
Determinandone, così, l’assoluzione (con formula dubitativa). 

Tangenti a testimoni (Mills)
Per il suo silenzio – che, come si è appena visto, aveva portato all'assoluzione con formula dubitativa di Berlusconi nel processo sulle tangenti alla Guardia di Finanza - David Mills viene illecitamente ricompensato dallo stesso Berlusconi con una tangente di 600.000 dollari.
Berlusconi e Mills sono stati giudicati definitivamente colpevoli (ma prescritti): il primo quale corruttore del secondo.

Conclusione.

"Il gruppo Fininvest, e più precisamente il suo fondatore e dominus [Silvio Berlusconi, N.d.A.], con l'aiuto tecnico dell'avvocato Mills, aveva costituito una galassia di società estere, alcune delle quali occulte, e che occulte dovevano restare (tanto da corrompere gli inquirenti che rischiavano di scoprirle) anche perché parte di tali fondi era stata utilizzata per scopi illeciti: dal finanziamento, occulto, a uomini politici, alla corruttela degli inquirenti, alla corresponsione di somme a testi reticenti" (Corte d'Appello di Milano, sezione II penale, sentenza 23 maggio 2013, n. 3232).

Ma come venivano costituiti questi fondi? In che modo erano alimentati i conti di queste società?

Una risposta (parziale) è: con il giro dei diritti tv.
Infatti una parte delle società estere di cui si è finora parlato compare anche nel giro dei diritti tv.

"Preso, infatti, atto dell'esistenza del comparto estero riservato e dei cospicui fondi di cui questo disponeva si deve, altresì, prendere atto che le modalità di acquisto dei diritti erano senza dubbio una delle possibili vie attraverso le quali il gruppo poteva costituire disponibilità finanziarie estere.
Si tenga infatti presente che molta parte del prodotto da trasmettere sui canali televisivi di proprietà del gruppo era di provenienza estera ed era pertanto necessario acquisirne i diritti di trasmissione.
Si trattava di corrispondere ingenti somme di denaro ad entità straniere, alle cosiddette Major, in gran parte sul territorio di loro residenza.
Ed era pertanto evidente che, interponendo fra le Major stesse e il gruppo Fininvest/Mediaset una serie di società estere, che operavano adeguati ricarichi nella compravendita dei diritti, si otteneva un duplice risultato: non solo si creavano costi fittizi destinati a diminuire gli utili del gruppo e quindi le imposte da versare all'erario italiano, ma si costituivano, appunto, ingenti disponibilità finanziarie all'estero.
Una strategia, questa (l'operatività descritta traeva origine in anni in cui Berlusconi era incontestabilmente il gestore diretto di tutte le attività del gruppo), che trovava puntuale conferma nei fatti già descritti dal Tribunale" (Corte d'Appello di Milano, sezione II penale, sentenza 23 maggio 2013, n. 3232).

Eccoli.

Stiamo parlando di "un meccanismo fraudolento di evasione fiscale sistematicamente e scientificamente attuato fin dalla seconda metà degli anni '80 nell'ambito del gruppo Fininvest.
I diritti di trasmissione televisiva, provenienti dalle majors o da altri produttori e/o distributori, venivano acquistati da società del comparto estero e riservato di Fininvest e quindi venivano fatti oggetto di una serie di passaggi infragruppo, o con società solo apparentemente terze, per essere poi trasferiti ad una società maltese che a sua volta li cedeva, a prezzi enormemente maggiorati rispetto all'acquisto iniziale, alle società emittenti.
Tutti questi passaggi erano palesemente privi di una qualche funzione commerciale, risolvendosi esclusivamente in un'artificiosa lievitazione di prezzi. E questo anche e soprattutto perché le società acquirenti, tramite le quali il diritto transitava nell'area Fininvest-Mediaset, erano totalmente prive di una struttura commerciale effettiva. 
Nessuna funzione, neppure marginale, era demandata alle società del comparto estero che figuravano acquirenti in prima battuta.
A partire dal 1995 e sostanzialmente in occasione della quotazione in borsa di Mediaset e fino alla fine del 1998/9, il sistema indicato veniva parzialmente modificato, nel senso che scomparivano generalmente i passaggi infragruppo, mentre i diritti venivano fatti intermediare da società apparenti terze e poi ceduti alla società maltese International Media Service Ltd (IMS) che, a sua volta, li cedeva a Mediaset, rimanendo immutato il meccanismo di lievitazione dei prezzi. Il tutto ha comportato un'evasione notevolissima" (Tribunale di Milano, sezione I penale, sentenza 26 ottobre 2012, n. 10956).

Pertanto "Mediaset avrebbe potuto avere quei diritti al costo a cui le Major li vendevano. Ciò non era accaduto. I diritti erano pervenuti a Mediaset con un differenziale di prezzo altissimo. E del tutto ingiustificato" (Corte d'Appello di Milano, sezione II penale, sentenza 23 maggio 2013, n. 3232).

Il sistema fraudolento dei diritti televisivi si sviluppa in due periodi: il primo dal 1985 al 1994, il secondo dal 1995 al 1998.

Dal 1985 al 1994

La maggior parte dei diritti televisivi transita da 3 società del comparto estero riservato della Fininvest (Gruppo B): Principal Network, Century One e Universal One (le ultime due avrebbero dovuto essere le società ricomprese nei trust - poi non realizzati - riconducibili a Marina e Piersilvio, di cui si è fatto cenno). 
Principal Network acquista i diritti dalle Majors statunitensi, poi li rivende alle altre due società, che a loro volta li rivendono ad altre società del gruppo Fininvest/Mediaset.
Vengono così realizzati almeno 3 passaggi completamente fittizi: 
dalle Majors alla Principal;
dalla Principal alla Century (o Universal);
dalla Century all’ulteriore acquirente (non ancora quello finale).
A questo punto, i diritti tv giungono a 2 società del comparto estero Fininvest non riservato: Principal Communications e Principal Network Communications. 
Poi i diritti passano da 2 società maltesi: AMT e Mediaset International.
Da queste, finalmente, giungono a Mediaset. 

Schematizzando "il meccanismo fraudolento professionalmente realizzato quantomeno dal 1985" (Tribunale di Milano, sezione I penale, sentenza 26 ottobre 2012, n. 10956):

1) i diritti destinati alle reti televisive Fininvest vengono acquistati tramite società del gruppo appartenenti al comparto estero riservato (Gruppo B) o da società dislocate in paesi off shore o solo apparentemente terze;

2) vengono fatti transitare lungo una serie di passaggi infragruppo privi di qualsiasi giustificazione commerciale, ma comportanti rilevanti aumenti di prezzo;

3) arrivano a società maltesi prive non solo di qualsiasi autonomia decisionale, ma anche di una reale capacità gestionale, economica, tecnica (ancora una volta, l’intermediazione non possiede alcuna reale funzione commerciale);

4) infine giungono a Mediaset.

I diritti tv vengono fatti transitare, senza alcuna reale ragione economica, attraverso una lunga serie di passaggi infragruppo di società che fanno capo alla medesima proprietà dell’acquirente finale, a cui quindi si interpongono. Si tratta infatti di società del comparto estero della Fininvest (sia della parte palese, sia di quella riservata), a disposizione di Silvio Berlusconi. Quindi il gruppo imprenditoriale del Cavaliere si pone sempre come intermediario di se stesso.
In questo modo il gruppo Fininvest/Mediaset paga somme enormi non corrispondenti al loro reale prezzo d'acquisto.

Gli unici scopi di tutto ciò sono:

1) creare costi fittizi appositamente gonfiati (perché fatti transitare lungo un’estesa catena di passaggi fittizi) destinati a diminuire gli utili e quindi le tasse da versare all’erario italiano;

2) costituire all’estero (sia nel comparto riservato, sia in quello non riservato) ingenti fondi finanziari occulti per il loro reale titolare e avente diritto: Silvio Berlusconi.  

Dal 1995 al 1998 (periodo oggetto del processo sui diritti tv)

Nel 1995, con il progetto di quotare in borsa Mediaset, il sistema fraudolento sopra descritto deve essere parzialmente modificato. E' infatti necessario eliminare tutti i suddetti rapporti poco trasparenti, tali da essere impresentabili alla Consob e ai nuovi investitori.
Tutte le società sopra presentate diventano commercialmente improponibili, data la loro collocazione, la loro gestione da parte di fiduciari e l'assenza di una reale struttura operativa.
Si rende pertanto indispensabile riorganizzare il meccanismo fraudolento: la nuova situazione avrebbe comportato più controlli e maggiori obblighi di trasparenza.
Mediaset viene quotata in borsa nel luglio 1996, quindi già nel 1995 vengono attuate le modifiche:
vengono eliminati i passaggi infragruppo;
le lunghe catene vengono sciolte e accorciate;
scompaiono di scena le società "One";
le società "Principal" vengono vendute (nel luglio 1995, ma con contratti con effetto retroattivo alla data del 1° gennaio 1994);
alle 2 società maltesi AMT e Mediaset International subentra la società International Media Service Ltd (IMS, anch'essa maltese, controllata al 99,9% da Mediaset, priva di una struttura imprenditoriale in grado di commercializzare i diritti, senza alcuna reale funzione operativa, dunque una mera "cartiera"), la quale diventa la protagonista delle catene fino al 1998.
Pertanto tra il 1995 e il 1998 tutti i diritti tv pervenuti a Mediaset transitano da IMS.
Essa infatti acquista i diritti tv:

o direttamente dalle majors statunitensi;

o dalla Principal Network, società del comparto estero riservato della Finivest (Gruppo B);

o da società di intermediari fittizi e compiacenti:

Film Trading (riconducibile a Erminio Giraudi);
Green Communication (riconducibile a Giorgio Dal Negro);
Promociones Catrinca (riconducibile a Marco Colombo);
Wiltshire e Melchers (riconducibili a Frank Agrama);
Stardust (riconducibile ad Alfredo Cuomo);

o da altre società solo apparentemente terze:
Cassia Corporation;
Watou Investment Ltd;
Elpico S.A..

E' poi IMS a fatturare a Mediaset, cedendole i diritti tv.
Con tali cambiamenti non viene minimamente inciso il meccanismo fraudolento (integralmente mantenuto), ma viene semplicemente accorciata la catena di società (appartenenti al gruppo Fininvest/Mediaset o a intermediari compiacenti) e i conseguenti passaggi.
Ora fra le majors statunitensi e Mediaset si interpongono "solo" IMS, alcuni intermediari compiacenti e altre società del gruppo.
L'attività delittuosa del primo periodo (1985-1994) prosegue così anche nel secondo (1995-1998): il sistema di lievitazione dei prezzi realizzato tra il 1995 e il 1998 trae dunque le sue radici nel periodo precedente.

Tutte le intermediazioni tra le diverse società (alcune fittizie e fungenti da mere cartiere, altre reali ma svolgenti operazioni fittizie) continuano a non avere alcuna reale funzione commerciale, dal momento che queste non possiedono nessun tipo di struttura commerciale effettiva, essendo prive di qualsiasi autonomia decisionale e di una reale capacità gestionale, economica e tecnica:

si tratta sempre di "un gioco di specchi sistematico che - a fronte di una realtà costituita dall'acquisizione di diritti su opere scelte presso i produttori da un emissario di Mediaset, per prezzi concordati dalle stesse Major con costui - rifletteva una serie di passaggi privi di giustificazione commerciale: privi di giustificazione perchè, quanto meno, (ma a volte gli anelli della catena erano più numerosi, e altrettanto - anzi, viepiù - ingiustificati), la titolarità dei diritti andava dal fornitore USA a un primo intermediario <<di comodo>>; da costui alla società IMS; quindi da IMS alla stessa Mediaset” (Corte Suprema di Cassazione, sezione feriale, sentenza 29 agosto 2013, n. 35729).

Tutti i passaggi intersocietari costituiscono operazioni fittizie e prevedono l'utilizzo di fatture doppiamente fittizie: 

- perchè non sono state emesse dai venditori reali dei diritti (le Majors statunitensi);

- perchè non indicano il costo del primo acquisto, ma recano importi totalmente svincolati da quelli effettivamente corrisposti all'originario, unico, vero venditore (sempre le Majors statunitensi).

"Nascondevano quindi una evidente doppia simulazione, sull'intestatario e sul valore economico, che rendeva l'operazione del tutto fittizia e quindi inesistente" (Corte Suprema di Cassazione, sezione feriale, sentenza 29 agosto 2013, n. 35729).

Ciò al solito, unico scopo di far lievitare artificiosamente i prezzi, gonfiandoli enormemente rispetto a quelli degli acquisti iniziali:

“Ad ogni passaggio, la lievitazione dei costi era (a dir poco) imponente. Infatti, il prezzo finale pagato da Mediaset a IMS, comprendente la sommatoria di tutti i ricarichi intermedi, risultava dunque enermemente superiore al costo originario (secondo una logica, in effetti, incomprensibile, se si applicano criteri d'impresa)” (Corte Suprema di Cassazione, sezione feriale, sentenza 29 agosto 2013, n. 35729).

A questo punto, Mediaset inserisce nelle dichiarazioni dei redditi - come costi deducibili - gli importi gonfiati delle fatture fittizie emesse dalla società maltese IMS per operazioni inesistenti (che, a loro volta, recepiscono gli importi delle fatture emesse dalle altre società intermediarie).
Pertanto Mediaset utilizza la fatturazione di IMS per le dichiarazioni fiscali relative agli anni 2001 (prescritto), 2002 e 2003, in virtù dell’ammortamento pluriennale dei costi:

“il prezzo infine fatturato” era “destinato ad essere portato in detrazione quale costo nelle denunce dei redditi (per un importo invero consistente: diversi milioni di euro, che comportavano minori imposte pur esse di milioni)”. Ecco la "simulazione finale sul versante fiscale": l'"impiego fatto delle fatture emesse da IMS a base e corredo delle dichiarazioni fiscali presentate da Mediaset negli anni 2002 e 2003" aveva consentito "l'appostazione di costi fittizi ai quali era conseguita una tangibile, ed illecita, diminuzione dell'utile sottoponibile a tassazione, e ciò proprio ai fini del pagamento delle imposte dirette". In definitiva Mediaset presentava "dichiarazioni annuali con indicazione di elementi passivi fittizi, al fine di evadere le imposte sui redditi", avvalendosi a tal fine di "fatture per operazioni inesistenti". Si è trattato di un "unitario disegno realizzato attraverso la creazione di società cartiere, fittizie, tutte riconducibili al medesimo autore" (Corte Suprema di Cassazione, sezione feriale, sentenza 29 agosto 2013, n. 35729).

L’ammortamento dei costi dura 5 anni: dalla dichiarazione dei redditi del 1999 (presentata nel 2000) fino a quella del 2003 (presentata nel 2004).
Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (cosiddetta frode fiscale) viene quindi commesso fino al 26 ottobre 2004.

Riassumendo:

“- Mediaset trattava gli acquisti, mediante suoi uomini di fiducia (di fiducia di Silvio Berlusconi), direttamente con le Major USA;
- linearità commerciale e fiscale avrebbe dovuto comportare che quegli acquisti le venissero fatturati;
- invece, le fatture che la società usava a fini di dichiarazione fiscale le erano rilasciate da altro soggetto (IMS), all'uopo costituito all'estero;
- l'importo dei costi in tali fatture indicato non era commisurato al prezzo d'origine, bensì enormemente maggiorato in esito ai passaggi intermedi, privi di ragion d'essere commerciale" (Corte Suprema di Cassazione, sezione feriale, sentenza 29 agosto 2013, n. 35729);

il sistema fraudolento di maggiorazioni dei costi è servito per esporre nelle dichiarazioni dei redditi degli anni seguenti passività fittizie (fondate da fatture false), frazionate in quote di ammortamento annuali (ovvero quote con cui i costi vengono ripartiti negli esercizi contabili futuri);

perchè tale meccanismo criminoso funzionasse è stato necessario creare società off-shore in paradisi fiscali (non immediatamente riferibili al gruppo Fininvest) fungenti da conti correnti (spesso intestati fiduciariamente senza indicazione del beneficiario effettivo) su cui far transitare il denaro dei maggiori costi sostenuti. Insomma, le diverse centrali di acquisto dei diritti tv erano off-shore, spesso occulte, gestite da fiduciari esteri e - ovviamente - assenti dai bilanci del gruppo Fininvest/Mediaset;

nell’impero di Silvio Berlusconi tutto si è rivelato fittizio: le società, le operazioni, le fatture, i costi. E’ il favoloso mondo di Silvio.


SOLDI, SOLDI, SOLDI...

Maggiorazioni di costo realizzate solo negli ultimi 5 anni (dal 1994 al 1998):
368.510.462 dollari

Anno fiscale 2000 (ultimo in lire)
Redditi non dichiarati: 48 miliardi
Imposta evasa: 17,5 miliardi

Anno fiscale 2001 (in euro)
Redditi non dichiarati: 19 milioni
Imposta evasa: 6,6 milioni

Anno fiscale 2002 (in euro)
Redditi non dichiarati: 13 milioni
Imposta evasa: 4,9 milioni

Anno fiscale 2003 (in euro)
Redditi non dichiarati: 8 milioni
Imposta evasa: 2,4 milioni

Dato che il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (cosiddetta frode fiscale) commesso fino all'anno fiscale 2001 è prescritto, la condanna definitiva di Silvio Berlusconi riguarda "solo" gli ultimi 2 anni fiscali (2002 e 2003) e contempla così 21 milioni di euro di redditi non dichiarati e 7,3 milioni di euro di tasse non versate.    
Tali minori somme rimaste "valide" nel processo rappresentano solo le quote di ammortamento dei costi indicate nelle ultime dichiarazioni dei redditi che le hanno contemplate (quelle degli anni fiscali 2002 e 2003, presentate rispettivamente nel 2003 e 2004).
Si tratta soltanto delle ultime propaggini di un'evasione colossale:

il prezzo finale enormemente gonfiato fatturato a Mediaset era destinato a essere detratto nelle dichiarazioni dei redditi "per un importo invero consistente: diversi milioni di euro, che comportavano minori imposte pur esse di milioni, nonostante si tratti ormai dei momenti finali dell'ammortamento pluriennale: sicchè le imposte evase negli anni oggetto della residua imputazione erano di entità sì ragguardevole - milioni all'anno, appunto - ma tra gli importi più bassi, nel succedersi delle annualità, rispetto al passato anche recente, in cui il sistema operava ancor più proficuamente" (Corte Suprema di Cassazione, sezione feriale, sentenza 29 agosto 2013, n. 35729).

...SALDI, SALDI, SALDI

A Silvio Berlusconi vengono inizialmente contestati 3 reati:

1) appropriazione indebita aggravata;
2) falso in bilancio:
3) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (cosiddetta frode fiscale).

Il 7 luglio 2006 il Giudice dell'udienza preliminare di Milano stabilisce quanto segue (sentenza di non luogo a procedere e decreto di rinvio a giudizio):

Appropriazione indebita aggravata

reato prescritto fino al 7 gennaio 1999 (a seguito dei nuovi termini stabiliti dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, cosiddetta ex Cirielli. Una delle infinite leggi ad personam varata da Berlusconi per se stesso);

rinvio a giudizio per il seguito.

Falso in bilancio

reato prescritto per gli anni 1995, 1996, 1997 (sempre a causa della legge ad personam denominata ex Cirielli);

rinvio a giudizio per l'anno 1998.

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (cosiddetta frode fiscale)

reato prescritto per gli anni fiscali 1995, 1996, 1997;

rinvio a giudizio per gli anni fiscali 1998, 1999;

reato non punibile (ai sensi dell'art. 15 c. 7 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, legge finanziaria 2003) circa l'indicazione di costi fittizi corrispondenti a fatture (per operazioni inesistenti) emesse dalle società maltesi AMT, Mediaset International e - per importi limitati - IMS nelle dichiarazioni dei redditi degli anni 1996, 1997, 1998 e 1999 per un totale di 301 miliardi di lire.
Infatti il 19 maggio 2003 Mediaset - in relazione alla notifica di un avviso di accertamento e a un processo verbale di constatazione - aveva presentato istanza di condono (ai sensi della suddetta norma - la legge finanziaria 2003 - fatta sempre da Berlusconi), accompagnata dal versamento di 29 milioni e mezzo di euro (29.607.406,38 euro). Poichè tale somma è stata correttamente calcolata in base ai criteri sanciti dall'art. 15 c. 2 della stessa legge n. 289/2002, ai sensi del successivo c. 7 il reato non è punibile.

Quindi, prima che inizi il dibattimento, un giudice sancisce che:

- Berlusconi dovrebbe essere processato per una serie di addebiti, ma ciò non può avvenire perchè lo stesso imputato - da Presidente del Consiglio dei Ministri - ha accorciato con una legge dello Stato i tempi di prescrizione dei suoi reati (e ovviamente non ha rinunciato alla prescrizione, come sarebbe stata sua facoltà ai sensi dell'art. 157 del codice penale: "la prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato");

- un'azienda di Berlusconi ha sanato - tramite un condono da costui voluto mentre era Presidente del Consiglio dei Ministri - alcune violazioni fiscali, pagando allo Stato una cifra enorme: 29 milioni e mezzo di euro. Solo per questa ragione una parte del reato di frode fiscale non può più essere addebitata a Berlusconi.

Non è finita.

Durante il dibattimento (udienze dell'8 ottobre 2007 e del 19 novembre 2007), vengono avanzate nei confronti di Berlusconi le seguenti contestazioni suppletive:

Falso in bilancio - anni 1999 e 2000;

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (cosiddetta frode fiscale) - anni fiscali 2000, 2001, 2002, 2003.

Poi - sempre nel corso del dibattimento - il Tribunale di Milano dichiara la prescrizione per i reati di:

1) appropriazione indebita;

2) falso in bilancio;

3) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (cosiddetta frode fiscale) fino all'anno fiscale 2000, commessa fino all'ottobre 2001. Nella sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione (emessa il 21 gennaio 2008), il Tribunale afferma che quest'ultima è intervenuta in seguito ai termini ridotti fissati dalla legge ex Cirielli (la n. 251/2005) e ricorda che "dagli atti non emergono elementi evidenti tali da comportare il proscioglimento di alcuno degli imputati".

In conclusione, quindi, il Tribunale è costretto a procedere "solo" per:

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (cosiddetta frode fiscale) - anni fiscali 2001, 2002 e 2003.

Nella sentenza finale del processo di 1° grado (26 ottobre 2012, n. 10956), il Tribunale di Milano dichiara prescritta la frode dell'anno fiscale 2001, condannando Berlusconi per gli anni fiscali 2002 e 2003 (reato commesso fino al 26 ottobre 2004).
Tale sentenza viene poi confermata dalla Corte d'Appello di Milano (sentenza 23 maggio 2013, n. 3232) e, infine, dalla Corte Suprema di Cassazione (sentenza 29 agosto 2013, n. 35729).

P.S. Prima che entrasse in vigore la legge ad personam n. 251/2005 (ex Cirielli), il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (cosiddetta frode fiscale) si prescriveva in 15 anni. Con la ex Cirielli i tempi sono stati dimezzati: la prescrizione ora scatta dopo 7 anni e 6 mesi.

Non è finita.

Nelle motivazioni della sentenza 26 ottobre 2012, n. 10956 (confermate dalla Corte d'Appello di Milano e dalla Corte Suprema di Cassazione), il Tribunale di Milano scrive:

"Le imputazioni originarie e quelle attualmente residue descrivono un meccanismo fraudolento di evasione fiscale sistematicamente e scientificamente attuato fin dalla seconda metà degli anni '80 nell'ambito del gruppo Fininvest, connesso al c.d. <<giro dei diritti televisivi>>";

"sistema di frode ideato con il c.d. giro dei diritti televisivi dal gruppo Fininvest fin dagli anni '80";

"anche se la maggior parte delle transazioni inerenti alle operazioni cui si è accennato in precedenza non sono più rilevanti ai fini degli attuali capi d'imputazione, appare comunque particolarmente rilevante sul piano probatorio poter qui riassuntivamente affermare che il medesimo meccanismo fraudolento oggi contestato è stato professionalmente realizzato quantomeno dal 1985";

"si deve in particolare tenere conto della rilevante gravità complessiva della vicenda criminosa, caratterizzata, sotto il profilo oggettivo, da insidiose modalità delle condotte, stante l'articolata creazione di apposite strutture societarie situate in paradisi fiscali , il ricorso a vari fiduciari, l'apertura di numerosi conti correnti esteri, l'utilizzazione di documentazione contabile e commerciale falsa, la rilevantissima entità degli importi sottratti al Fisco e, sotto il profilo soggettivo, dal perseguimento del proposito fraudolento in modo pervicace e per un periodo durato circa vent'anni".

Su un sistema criminale perdurato ben 13 anni (dal 1985 al 1998), con conseguenze fiscali illecite proseguite per ulteriori 6 anni (fino al 26 ottobre 2004), 17 anni sono prescritti (dal 1985 al 2002, ovvero fino all'anno fiscale 2001).
Quindi, per quanto riguarda l'unico reato rimasto (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, cosiddetta frode fiscale), restano solo 2 anni: il 2003 e il 2004 (ovvero gli anni fiscali 2002 e 2003).

Non è finita.

La condanna definitiva è pari a 4 anni di reclusione (pena principale). Tuttavia il pregiudicato Silvio Berlusconi ne sconterà solo 1, dal momento che gli altri 3 sono condonati dall'indulto concesso dalla legge 31 luglio 2006 n. 241 (firmata dal Presidente della Repubblica - di allora e di oggi - Giorgio Napolitano, dal Presidente del Consiglio dei Ministri Romano Prodi e dal ministro della Giustizia Clemente Mastella. Votarono a favore della norma i parlamentari di Udc, Rosa nel Pugno, Rifondazione Comunista, Udeur, Ulivo, Verdi, Forza Italia e alcuni di An).

Non è finita.

Ai sensi dell'art. 54 c. 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354 ("Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà"), al condannato a una pena detentiva che partecipa "all'opera di rieducazione" (cioè non crea problemi e fa il bravo detenuto) vengono detratti 45 giorni di pena ogni semestre (cioè 90 giorni all'anno).
Quindi ogni anno di reclusione - anche agli arresti domiciliari - equivale in realtà a 9 mesi.
Pertanto Berlusconi non sconterà 1 anno, ma 9 mesi.

Non è finita.

Il pregiudicato Silvio Berlusconi potrà scontare i 9 mesi di pena rimasti in carcere, ma persino agli arresti domiciliari in una delle sue ville faraoniche oppure in affidamento ai servizi sociali.
Deciderà il Tribunale di Sorveglianza di Milano.
Intanto dal 1° agosto è un uomo libero a causa della sospensione delle attività dei tribunali per le ferie estive. 

Non è finita.

Il reato per cui Silvio Berlusconi è stato condannato in ogni grado di giudizio (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, previsto e punito dall'art. 2 del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74) prevede una pena compresa tra 1 anno e 6 mesi e 6 anni di reclusione.
A Berlusconi sono stati inflitti 4 anni, ovvero poco più della pena "mediana" (pari a 3 anni e 9 mesi).
Alla pena di 4 anni i giudici sono arrivati in questo modo:
pena base di 3 anni e 6 mesi, aumentata ai sensi dell'art. 81 c. 2 del codice penale, in quanto trattasi di reato continuato (cioè commesso con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi e con più violazioni della stessa disposizione di legge).
Tale articolo prevede un aumento di pena fino al triplo (comunque la pena non può superare i 30 anni di reclusione, ai sensi dell'art. 81 c. 3 del codice penale, in relazione all'art. 78 del medesimo codice).
Ebbene, nel caso del reato commesso da Berlusconi, ciò significa che la pena poteva essere aumentata fino a 18 anni (la pena massima prevista per il reato è - come detto - pari a 6 anni) oppure fino a 10 anni e 6 mesi (considerando la pena base stimata dai giudici pari a 3 anni e 6 mesi).
Invece i giudici gli hanno impartito "solo" 4 anni e hanno aumentato la pena soltanto di 1/7 (3 anni e 6 mesi + 1/7 = 4 anni).

Non è finita.

Il pregiudicato Silvio Berlusconi è stato condannato definitivamente anche a una serie di pene accessorie:

1) interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per 3 anni;

2) incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per 3 anni;

3) interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per 4 anni;

4) interdizione perpetua dall'ufficio di componente di commissione tributaria;

5) interdizione dai pubblici uffici per una durata - ancora da quantificare - compresa tra 1 e 3 anni.

Per quanto concerne l'ultima pena accessoria, deciderà la Corte d'Appello di Milano e - in caso di ricorso - la Cassazione. Tuttavia, il Tribunale di Milano e la Corte d'Appello di Milano, applicando la norma generale (l'art. 29 del codice penale, secondo il quale chi viene condannato a una pena compresa tra 3 e 5 anni di reclusione deve essere interdetto dai pubblici uffici per 5 anni) avevano condannato Berlusconi a 5 anni di interdizione. Invece secondo la Cassazione va applicata la norma speciale (l'art. 12 c. 2 del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, secondo il quale chi viene condannato per il reato di dichiarazione fraudolenta deve essere interdetto dai pubblici uffici per un periodo di tempo compreso tra 1 e 3 anni, a discrezione del giudice).
Alla fine, di fatto, la Cassazione ha fatto uno sconto a Berlusconi sull'interdizione dai pubblici uffici: non più 5 anni, ma al massimo 3.



CHI E' CAUSA DEL SUO MAL PIANGA SE STESSO

Il 17 ottobre 2012 il Senato approva (in terza lettura parlamentare) un disegno di legge recante per titolo "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione" con i seguenti numeri:
sì 256
no 7
astenuti 4.

Considerando solo i senatori del Pdl:
sì 100
no 0
astenuti 4.

Due settimane dopo, il 31 ottobre 2012, la Camera dei Deputati approva definitivamente il disegno di legge con i seguenti numeri:
sì 480
no 19
astenuti 25.

Considerando solo i deputati del Pdl:
sì 150
no 1
astenuti 10.

Nasce così la legge 6 novembre 2012, n. 190.
All'articolo 1 commi 63 e 64 essa prevede che:

- entro il 28 novembre 2013 il governo è delegato ad adottare un testo unico in materia di incandidabilità alle cariche di parlamentare italiano ed europeo, attraverso un decreto legislativo;

- il decreto legislativo è adottato secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

1) non è candidabile al Parlamento italiano, nè può assumere cariche di governo chi sia stato condannato in via definitiva a più di 2 anni di reclusione per reati la cui pena massima prevista sia superiore a 3 anni;

2) è necessario stabilire la durata dell'incandidabilità;

3) devono essere disciplinate le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche pubbliche sopra contemplate in caso di condanna definitiva per reati non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica.

Il 21 dicembre 2012 il Consiglio dei Ministri delibera il decreto legislativo, che viene emanato dal Presidente della Repubblica 10 giorni dopo.

Nasce così il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, in vigore dal 5 gennaio 2013.

Esso prevede che:

1) non può essere candidato e non può comunque ricoprire la carica di parlamentare italiano ed europeo, nè può avere incarichi di governo chi sia stato condannato in via definitiva a più di 2 anni di reclusione per reati non colposi la cui pena massima è di almeno 4 anni di reclusione (art. 1, c. 1, lett. c; art. 4; art. 6, c. 1);

2) se una causa di incandidabilità sopravviene nel corso del mandato parlamentare, la Camera di appartenenza del pregiudicato delibera la decadenza (a tal fine il pubblico ministero presso la Corte d'Appello comunica immediatamente alla Camera di appartenenza la sentenza definitiva di condanna emessa nei confronti del parlamentare in carica). Se l'accertamento della causa di incandidabilità interviene nella fase di convalida dell'eletto, la Camera interessata delibera immediatamente la mancata convalida (art. 3);

3) l'incandidabilità alle cariche di parlamentare italiano ed europeo e il divieto di assumere incarichi di governo decorrono dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna e dura per il doppio dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici sancita dai giudici (in ogni caso, deve durare almeno 6 anni). Se il reato è stato commesso in violazione dei doveri connessi al mandato parlamentare (italiano o europeo) o all'incarico di governo, l'incandidabilità o il divieto durano 1/3 in più (art. 13).    

Nel caso di Silvio Berlusconi:

1) egli risponde perfettamente ai requisiti di legge appena descritti:
è un condannato in via definitiva a più di 2 anni di reclusione (4 anni) per un reato non colposo (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, cosiddetta frode fiscale) la cui pena massima prevista - 6 anni di reclusione - è sia superiore a 3 anni di reclusione (come prevedono gli indirizzi forniti dalla legge n. 190/2012), sia pari ad almeno 4 anni di reclusione (come prevede il decreto legislativo n. 235/2012).
Pertanto Berlusconi non può essere candidato e non può comunque ricoprire la carica di parlamentare italiano ed europeo, nè può assumere incarichi di governo;

2) la causa di incandidabilità è sopravvenuta nel corso del mandato parlamentare di Berlusconi, dunque la Camera di appartenenza (il Senato) deve deliberare la sua decadenza.
Poichè l'elezione del senatore Berlusconi non è ancora stata convalidata, il Senato deve deliberare immediatamente la sua mancata convalida.
Perdite di tempo costituiscono quindi una palese violazione di legge;

3) sull'interdizione temporanea dai pubblici uffici non c'è ancora un verdetto definitivo, ma - come già ricordato - sarà sicuramente compresa tra 1 e 3 anni. Dato che l'incompatibilità prevista dal decreto legislativo n. 235/12 dura per il doppio di tale tempo, essa spazia tra i 2 e i 6 anni.
Ma ciò non ha alcuna importanza, dal momento che lo stesso decreto legislativo prevede un'incompatibilità minima di 6 anni.
In ogni caso, quindi, Berlusconi non potrà fare il parlamentare italiano ed europeo, nè ricoprire incarichi governativi per 6 anni.
Tuttavia il sistema criminoso è "proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti" da Berlusconi (Corte d'Appello di Milano, sezione II penale, sentenza 23 maggio 2013, n. 3232), pertanto il reato è stato commesso anche in violazione dei doveri connessi agli incarichi istituzionali ricoperti sanciti dall'art. 54 della Costituzione, ovvero osservare le leggi dello Stato e adempiere le funzioni pubbliche con disciplina e onore.
Dunque ai 6 anni va aggiunto 1/3.
6 anni + 1/3 = 8 anni.
In conclusione, Berlusconi non può essere candidato e non può comunque ricoprire la carica di parlamentare italiano ed europeo, nè può assumere incarichi di governo per i prossimi 8 anni: dal 1° agosto 2013 (data in cui la sentenza di condanna è passata in giudicato) fino al 1° agosto 2021.

Ora è curioso sentire politici del Pdl lamentare l'incostituzionalità di una norma da loro stessi approvata.
Delle due l'una:

o svolgono nel peggior modo possibile il loro incarico parlamentare (non si possono approvare leggi se si è convinti della loro incostituzionalità) e ammettono così tutta la loro somma incompetenza;

o vogliono salvare un pregiudicato che ha rubato un sacco di soldi ai cittadini onesti e perbene, dunque sono complici di un delinquente.

Tertium non datur.


STATO VS BERLUSCONI

Tutti i magistrati - di ogni ordine e grado - che si sono occupati della vicenda criminosa legata al giro dei diritti tv sono convinti della colpevolezza di Silvio Berlusconi:

i Pubblici Ministeri di Milano (2 magistrati che, dopo aver condotto le indagini, hanno chiesto il rinvio a giudizio di Berlusconi; poi, al termine del dibattimento, ne hanno chiesto la condanna);

il Giudice dell'udienza preliminare di Milano (che ha rinviato a giudizio Berlusconi - decreto di rinvio a giudizio del 7 luglio 2006);

il Tribunale di Milano (3 giudici che hanno condannato Berlusconi - sentenza 26 ottobre 2012, n. 10956 emessa dalla sezione I penale);

il Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Milano (che ha chiesto la conferma della condanna di Berlusconi);

la Corte d'Appello di Milano (3 giudici che hanno confermato la condanna di Berlusconi - sentenza 23 maggio 2013, n. 3232 emessa dalla sezione II penale);

il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione (che ha chiesto la conferma della condanna di Berlusconi);

la Corte Suprema di Cassazione (5 giudici che hanno confermato la condanna di Berlusconi, rendendola definitiva - sentenza 29 agosto 2013, n. 35729 emessa dalla sezione feriale).

Totale: 16 magistrati.
Ecco i loro nomi:

Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo (Pubblici Ministeri di Milano);

Fabio Paparella (Giudice dell'udienza preliminare di Milano);

Edoardo d'Avossa, Maria Teresa Guadagnino e Irene Lupo (giudici del Tribunale di Milano, sezione I penale);

Laura Bertolè Viale (Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Milano);

Alessandra Galli, Elena Minici ed Enrico Scarlini (giudici della Corte d'Appello di Milano, sezione II penale);

Antonio Mura (Sostituto Procuratore Generale della Cassazione);

Antonio Esposito, Amedeo Franco, Claudio D'Isa, Ercole Aprile e Giuseppe De Marzo (giudici della Corte Suprema di Cassazione, sezione feriale).

Non è finita.

L'Agenzia delle Entrate - rappresentata e difesa da un legale dell'Avvocatura dello Stato, Maria Gabriella Vanadia - si è costituita parte civile (anche) contro Silvio Berlusconi per chiederne la condanna e il conseguente risarcimento dei danni subìti.
Ecco come si è espresso il Tribunale di Milano (sentenza 26 ottobre 2012, n. 10956):

"Quanto al danno patrimoniale, lo stesso ovviamente non coincide solo con l'importo del tributo evaso che tutt' al più può costituire la base per la sua concreta valutazione.
Il danno risarcibile è infatti costituito altresì dallo sviamento e turbamento dell' attività della pubblica amministrazione diretta all'accertamento tributario.
Tale danno ulteriore rispetto a quello costituito dall'imposta non assolta è, dunque, il danno funzionale all'attività dell'agenzia, danno che nel caso di specie è particolarmente significativo.
Infatti, l'attività criminosa in questione diretta all'evasione di imposta è stata attuata utilizzando sistemi criminali raffinati, attraverso la creazione di un arcipelago variegato di enti con
sede in paradisi fiscali funzionali all'artificioso incremento di passività al fine di evadere le imposte.

Ed è chiaro che quando il progetto di evasione si esplica in un arco temporale così ampio, in un ambito territoriale così vasto, e con modalità così raffinate, l'attività funzionale dell'agenzia delle entrate risulta ancor più pregiudicata in termini di risorse umane impegnate, spese vive e
sviamento da altre attività delle funzioni che la stessa ha dovuto attivare in seguito alla consumazione del reato.

Oltre al danno patrimoniale la parte civile ha chiesto e le va riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale.

La disinvolta condotta degli imputati connotata da una assoluta indifferenza delle regole, nonché dalla capacità di creare in modo professionale e sistematico entità
fittizie in grado di frodare il fisco, è idonea a ingenerare nella collettività la percezione di un' amministrazione finanziaria inefficiente nel disimpegno delle proprie funzioni di vigilanza e,quindi, sostanzialmente inutile.
A ciò si aggiunga che tale percezione si dilata a dismisura con danno esponenziale per l'amministrazione finanziaria a causa della notorietà e del rilievo anche istituzionale dei soggetti che realizzano l'evasione fiscale.

In sostanza, l'evasione fiscale ancor più se per importi cospicui e di particolare visibilità, destabilizza la credibilità del nostro sistema tributario, sia nell'ambito interno che in quello internazionale, alterando, attraverso l ' indebito vantaggio, la normale concorrenza societaria.
Premesso quanto sopra, l'esistenza dei danni patrimoniali e non risulta certamente provata.

Deve essere liquidata una provvisionale da calibrarsi sull'ammontare dell' imposta evasa relativa alle annualità 2002 e 2003 pari a 7,3 milioni di euro, nonché degli evidenziati ulteriori danni.
La provvisionale pertanto va determinata in € 10.000.000.

Gli imputati vanno, inoltre, condannati in solido alla refusione delle spese di costituzione e giudizio a favore della Agenzia delle Entrate".

Insomma, in sede civile verranno quantificati con esattezza i danni arrecati all'Agenzia delle Entrate, cioè a noi cittadini onesti.
Tuttavia Silvio Berlusconi e altri 3 condannati dovranno fin d'ora versare all'Agenzia delle Entrate (in solido tra loro) una provvisionale di 10 milioni di euro (a meno che non abbiano già provveduto, essendo tale provvisionale immediatamente esecutiva fin dalla sentenza di 1° grado) e rifonderle (sempre in solido tra loro) le spese di costituzione e difesa, pari a 37.000 euro (25.000 euro per il 1° grado di giudizio, 7.000 euro per il 2° grado, 5.000 euro per il 3° grado).


IL RUOLO DI SILVIO BERLUSCONI

Ecco come si è espresso il Tribunale di Milano (sezione I penale, sentenza 26 ottobre 2012, n. 10956):

“Il c.d. <<giro dei diritti>> si inserisce in un contesto più generale di ricorso a società off shore anche non ufficiali ideate e realizzate da Berlusconi avvalendosi di strettissimi e fidati collaboratori, nonché di alcuni dirigenti finanziari del Gruppo Fininvest”;

“quello che qui si intende ribadire è la pacifica diretta riferibilità a Berlusconi della ideazione, creazione e sviluppo del sistema che consentiva la disponibilità di denaro separato da Fininvest ed occulto”;

“il sistema così organizzato ha permesso di mantenere e alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere presso conti correnti intestati a varie società che erano a loro volta amministrate da fiduciari di Berlusconi”;

“vi è la piena prova, orale e documentale, che Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale per così dire del Group B [costituito da società off shore del comparto estero riservato di Fininvest, N.d.A.] e, quindi, dell'enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore”;

“Berlusconi rimane al vertice della gestione dei diritti posto che Bernasconi rispondeva a Berlusconi senza nemmeno passare per il C.d.A. e nessuno ha riferito che tra Bernasconi e Berlusconi vi fosse un altro soggetto con poteri decisionali nel settore dei diritti, neppure dopo la quotazione in borsa e la c.d. <<discesa in campo>> di Berlusconi”;

“Berlusconi aveva rapporti diretti con Lorenzano, che operava a fianco di Agrama e Cuomo, come risulta dalla deposizione di vari testi che hanno riferito di incontri tra i due che non potevano che riguardare questioni attinenti ai diritti. Vari testi hanno riferito infatti che Agrama e Cuomo quando venivano in Italia si recavano sistematicamente ad Arcore o comunque incontravano Berlusconi.
Si tratta di persone con le quali la societas sceleris è proseguita per tutto il periodo oggetto dell'imputazione”;

“si tratta di un sistema che è stato congegnato e strutturato con mezzi e modalità tali da richiedere un apporto che non può provenire da un soggetto con limitati mezzi e privo di un potere indiscusso e generale, necessario per alimentare ovunque ve ne fosse la necessità l' operatività del meccanismo delittuoso. Detto sistema ha infatti richiesto l'intervento di fiduciari stranieri di alto livello a loro volta certo lautamente remunerati per il lavoro svolto; l'apertura di numerosissimi conti correnti presso banche ubicate in vari paesi; la creazione di numerose società all'estero; la contestuale movimentazione di ingentissime somme di denaro; il coinvolgimento di una pluralità di collaboratori; il raggiungimento di accordi illeciti con soggetti inizialmente estranei alla propria sfera d'influenza.
Non è dunque verosimile che qualche dirigente di Fininvest/Mediaset abbia organizzato un sistema come quello accertato e, soprattutto, che la società abbia subito per vent' anni truffe per milioni di € senza accorgersene”;

“pertanto deve ritenersi che l'interposizione di tutte le suddette entità nelle compravendite dei diritti provenienti dall'estero sia stata ideata per il duplice fine di realizzare un' imponente evasione fiscale e di consentire la fuoriuscita di denaro dal patrimonio di Fininvest/Mediaset a beneficio di Berlusconi.
Si tratta dunque di un preciso progetto di evasione che si è esplicato in un arco temporale molto ampio, in un vasto ambito territoriale e con modalità molto sofisticate.
Deve infine essere rimarcato il fatto che Berlusconi , pur non risultando che abbia intrattenuto rapporti diretti con i materiali esecutori della gestione finanziaria di Mediaset, presumibilmente del tutto ignari delle attività prodromiche al delitto, ma conoscendo perfettamente il meccanismo, ha lasciato che tutto proseguisse inalterato, mantenendo nelle posizioni strategiche i soggetti da lui scelti e che continuavano ad occuparsi della gestione in modo da consentire la perdurante lievitazione dei costi di Mediaset a fini di evasione fiscale”;

“a quanto detto può aggiungersi il criterio non certo evanescente del cui prodest, atteso che anche su questo punto vi è prova diretta e documentale, con riguardo al primo periodo, che il risultato dell'evasione sia confluito nella piena disponibilità dell' imputato [Silvio Berlusconi, N.d.A.]";

“la qualità di Berlusconi di azionista di maggioranza e dominus indiscusso del gruppo gli consentiva pacificamente qualsiasi possibilità di intervento, anche in mancanza di poteri gestori formali. La permanenza di tutti i suoi fidati collaboratori, ma anche correi, ne costituisce la più evidente dimostrazione”;

"quanto a Berlusconi, devesi anzitutto considerare il suo ruolo di direzione e di ideatore fin dai primordi del gruppo di un' attività delittuosa tesa ad una scientifica e sistematica evasione di portata eccezionale. 
Va poi considerata la particolare capacità a delinquere dimostrata nell'esecuzione del disegno, consistito nell'architettare un complesso meccanismo fraudolento ramificato in infiniti paradisi fiscali, con miriadi di società satelliti e conti correnti costituiti esclusivamente in funzione del disegno delittuoso. E nemmeno può trascurarsi che dalla suddetta attività è conseguita per l'imputato un' immensa disponibilità economica all'estero, in danno non solo dello Stato, ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore.
Tutto questo, anche coinvolgendo nell'attività criminosa quasi tutti i suoi più stretti collaboratori.
Ciò comporta una pena che sia giustamente proporzionata al grado criminoso dell'attività svolta".

Secondo la Corte d'Appello di Milano (sezione II penale, sentenza 23 maggio 2013, n. 3232):

"Gli uomini vicino a Mediaset (ma, ancor più ed ancor meglio, vicini al suo azionista di riferimento, pur tramite Fininvest, l'imputato Berlusconi) erano collocati all'origine del <<giro dei diritti>>. Erano coloro che li contrattavano con i produttori, e specialmente con le Major statunitensi. Mediaset avrebbe pertanto potuto avere quei diritti al costo a cui le Major li vendevano. Ciò non era accaduto e, per di più. ad opera di personaggi che erano così vicini, anche personalmente, al proprietario della società, a Berlusconi. Egli era a perfetta conoscenza di quel mondo posto che anch'egli, nei primissimi anni di operatività, aveva personalmente acquistato i diritti utilizzati poi dalle sue società. I diritti erano pervenuti a Mediaset con un differenziale di prezzo altissimo. E del tutto ingiustificato. Tale operatività era proseguita per anni. Sempre ad opera degli stessi uomini, che sempre avevano mantenuto la fiducia del proprietario. L'unica alternativa alla ricostruzione dell'intera operatività così come delineata nel capo d'imputazione era ritenere che la società fosse presidiata da amministratori e proprietari di straordinaria incompetenza, sia dal punto di vista commerciale, sia nella scelta degli uomini di cui circondarsi. Lettura questa che viene smentita in nuce appunto dalla acquisita conoscenza del proprietario del mercato in questione";

"preso atto dell'esistenza del comparto estero riservato e dei cospicui fondi di cui questo disponeva si deve, altresì, prendere atto che le modalità di acquisto dei diritti erano senza dubbio una delle possibili vie attraverso le quali il gruppo poteva costituire disponibilità finanziarie estere. Si tenga infatti presente che molta parte del prodotto da trasmettere sui canali televisivi di proprietà del gruppo era di provenienza estera ed era pertanto necessario acquisirne i diritti di trasmissione. Si trattava di corrispondere ingenti somme di denaro ad entità straniere, alle cosiddette Major, in gran parte sul territorio di loro residenza. Ed era pertanto evidente che, interponendo fra le Major stesse e il gruppo Fininvest/Mediaset una serie di società estere, che operavano adeguati ricarichi nella compravendita dei diritti, si otteneva un duplice risultato: non solo si creavano costi fittizi destinati a diminuire gli utili del gruppo e quindi le imposte da versare all'erario italiano, ma si costituivano, appunto, ingenti disponibilità finanziarie all'estero.
L'operatività descritta traeva origine in anni in cui Berlusconi era incontestabilmente il gestore diretto di tutte le attività del gruppo";

"quel Lorenzano che era stato il protagonista, in tutti gli anni '90, degli acquisti dalle Major, così come Bernasconi era stato il protagonista, per Fininvest/Mediaset (ma in realtà per Berlusconi), dell'organizzazione dell'acquisto dei diritti e del loro transito nelle varie realtà societarie.
Transito che, non essendovi elementi per dedurre che si trattava di una sostanziale truffa a danno della proprietà (di Berlusconi e della sua famiglia: totale prima, di maggioranza poi) del gruppo, andava a vantaggio di questa e quindi della famiglia Berlusconi ed in primis del suo referente principale, l'odierno imputato [ovvero Silvio Berlusconi, N.d.A.]";

"sempre rimanendo nei successivi <<giri dei diritti>> le medesime persone a gestirne la sostanza: Lorenzano e Bernasconi. Sempre avendo i due diretto accesso alla proprietà, a Berlusconi. Sempre risultando che Berlusconi si interessasse personalmente, in quegli anni, quantomeno delle complessive strategie del gruppo. Risultando inoltre che questa specifica attività del gruppo non veniva gestita, concretamente, dagli ufficiali organi deputati, ma dalle poche persone già individuate";

"ad agire era una ristrettissima cerchia di persone che non erano affatto collocate nella lontana periferia del gruppo, ma che erano vicine, tanto da frequentarlo tutti (da Bernasconi ad Agrama, da Cuomo a Lorenzano) personalmente, al sostanziale proprietario (rimasto certamente tale in tutti quegli anni) del medesimo, l'odierno imputato Berlusconi. Un imputato, un imprenditore che pertanto avrebbe dovuto essere così sprovveduto da non avvedersi del fatto che avrebbe potuto notevolmente ridurre il budget di quello che era il maggior costo per le sue aziende e che tutti questi personaggi, che a lui facevano diretto riferimento, non solo gli occultavano tale fondamentale opportunità, ma che, su questo, lucravano ingenti somme, sostanzialmente a lui, oltre che a Mediaset, sottraendole. Continuando, peraltro, costoro, a suo danno, una operatività che era invece propria del gruppo, fin da quando non vi era dubbio che l'imputato ne fosse al vertice anche operativo, anche giornaliero, prima del 1994";

"almeno fino al 1998 vi erano state anche le riunioni per decidere le strategie del gruppo, riunioni con il proprietario del gruppo, con Berlusconi. Ed era assolutamente ovvio che la gestione dei diritti, il principale costo sostenuto dal gruppo, fosse una questione strategica e quindi fosse di interesse della proprietà, di una proprietà che, appunto, rimaneva interessata e coinvolta nelle scelte gestionali, pur abbandonando l'operatività giornaliera";

"la pena stabilita [per Silvio Berlusconi, N.d.A.] è del tutto proporzionata alla gravità materiale dell'addebito ed alla intensità del dolo dimostrato.
Si tratta di una operazione illecita organizzata e portata a termine costituendo società e conti esteri a ciò dedicati, un sistema portato avanti per molti anni. 
Parallelo alla ordinaria gestione delle società e del gruppo. 
Sfruttando complicità interne (ed esterne) ad esso. 
Proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti.
E condotto in posizione di assoluto vertice".

Infine secondo la Corte Suprema di Cassazione (sezione feriale, sentenza 29 agosto 2013, n. 35729):

"L'avvio del sistema in anni di diretto coinvolgimento gestorio del dominus delle aziende coinvolte - Silvio Berlusconi - e, poi, l'evoluzione del medesimo sistema secondo schemi adattati alle modifiche societarie e anche alle necessità d'immagine esterna, ma con sostanziale perdurare dei caratteri essenziali del meccanismo fittizio complessivo, acquistano evidenza probatoria alla luce dell'accertata continuità dei rapporti di tutti i personaggi-chiave: quei personaggi mantenuti sostanzialmente nelle posizioni cruciali anche dopo la dismissione delle cariche sociali da parte di Berlusconi e in continuativo contatto diretto con lui, di talchè la mancanza in capo a Berlusconi di poteri gestori e di posizione di garanzia nella società non è dato ostativo al riconoscimento della sua responsabilità.
E, del resto, la qualità di Berlusconi di azionista di maggioranza e dominus indiscusso del gruppo gli consentiva pacificamente qualsiasi possibilità di intervento, anche in mancanza di poteri gestori formali. La permanenza di tutti i suoi fidati collaboratori ma anche correi, ne costituisce la più evidente dimostrazione.
A tutto ciò - e, dunque, a livello strategico di gestione, e ancora al rapporto diretto" di Berlusconi con tutti gli "immutati protagonisti del meccanismo prima e dopo il 1994: un sistema in sostanza preservato inalterato dallo stesso Berlusconi - si aggiungono due argomenti" circa la responsabilità individuale di Silvio Berlusconi.
"Il primo è l'assoluta inverosimiglianza dell'ipotesi alternativa che vorrebbe tratteggiare una sorta di colossale truffa ordita per anni ai danni di Berlusconi (proprio in quello che è il suo campo d'azione e nel contesto di un complesso meccanismo da lui stesso strutturato e consolidato) da parte dei personaggi da lui scelti e mantenuti, nel corso degli anni, in posizioni strategiche e nei cui confronti non risulta essere mai stata presentata denuncia alcuna.
Il secondo è il <<cui prodest>>. Ebbene, il criterio dell'individuazione del destinatario principale dei benefici derivanti dall'illecito fornisce un risultato convergente con quello che s'è visto essere l'esito dell'apprezzamento delle prove compiuto dai due gradi di merito: esso indica, cioè, proprio in Berlusconi - ideatore del meccanismo del giro dei diritti, che a distanza di anni continuava a produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le aziende a lui facenti capo in vario modo - il soggetto che in ultima analisi, anche dopo l'assunzione della veste di azionista di maggioranza, continuava a godere della ricaduta economica del sistema praticato".

Dato che il Cavaliere ha messo in piedi un sistema illegale volto a:

1) creare costi fittizi appositamente gonfiati destinati a diminuire gli utili e quindi le tasse da versare all'erario italiano (realizzando una gigantesca evasione fiscale);

2) costituire all’estero ingenti disponibilità finanziarie occulte, utilizzate anche per pagare tangenti,

si può concludere che Silvio Berlusconi ha rubato un sacco di soldi ai cittadini italiani onesti e perbene.


USI CRIMINOSI

Ecco come recita il capo d'imputazione di Silvio Berlusconi:

"In concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso al fine di evadere le imposte sui redditi, BERLUSCONI (fondatore e, fino al 29.01.1994, presidente di Fininvest spa; proprietario delle società off shore costituenti il cosiddetto Fininvest B Group; azionista di maggioranza di Mediaset spa; figura di riferimento, a fini decisionali, di Bernasconi e Lorenzano; socio occulto di Frank Agrama)" e gli altri imputati, "avvalendosi di un sistema di frode, elaborato negli anni ’80 e da allora costantemente seguito fino al 1998, concorrevano nella indicazione nelle dichiarazioni dei redditi di Mediaset spa relative agli anni 2000-2003 di costi fittizi costituiti dalle fatture per operazioni inesistenti emesse da International Media Service Ltd recanti l’indicazione dei corrispettivi in una misura superiore al reale, con l’effetto di indicare redditi inferiori al reale. 
In Milano, fino al 26 ottobre 2004".

Ed ecco ora le parole del Tribunale di Milano (sentenza 26 ottobre 2012, n. 10956), confermate dalla Corte d'Appello di Milano e dalla Corte Suprema di Cassazione:

"Passando al trattamento sanzionatorio degli imputati per i quali è stata affermata la responsabilità penale a titolo di concorso nel reato di frode fiscale [tra i quali Silvio Berlusconi, N.d.A.], si deve in particolare tenere conto della rilevante gravità complessiva della vicenda criminosa, caratterizzata, sotto il profilo oggettivo, da insidiose modalità delle condotte, stante l'articolata creazione di apposite strutture societarie situate in paradisi fiscali , il ricorso a vari fiduciari, l'apertura di numerosi conti correnti esteri, l'utilizzazione di documentazione contabile e commerciale falsa, la rilevantissima entità degli importi sottratti al Fisco e, sotto il profilo soggettivo, dal perseguimento del proposito fraudolento in modo pervicace e per un periodo durato circa vent'anni";

"l'attività criminosa in questione diretta all'evasione di imposta è stata attuata utilizzando sistemi criminali raffinati, attraverso la creazione di un arcipelago variegato di enti con sede in paradisi fiscali funzionali all'artificioso incremento di passività al fine di evadere le imposte";

l'intero "meccanismo criminosoè stato attuato da un "sodalizio criminoso".

Dato che il 18 aprile 2002, durante una conferenza stampa in occasione di una visita ufficiale a Sofia (Bulgaria) il Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi si espresse così: 

“L’uso che Biagi, Santoro, Luttazzi hanno fatto della televisione pubblica pagata coi soldi di tutti è un uso criminoso. Ed io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga”,

d'ora in poi si potrà dire così:

"L’uso che Berlusconi ha fatto della sua televisione privata e dei soldi di tutti è un uso criminoso. Ed io credo che sia un preciso dovere da parte di tutte le persone oneste e perbene di non permettere più che questo avvenga".

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