"Poi mi chiede:
<<E che fa Adam quando non scala i muri?>>.
Le rispondo: <<Leggo!>>.
Si parla spesso dell'incanto dei libri. Non si dice abbastanza che è duplice. C'è l'incanto di leggerli
e c'è quello di parlarne.
Tutto il fascino [...] sta nel fatto che
si leggono le storie narrate
sognando
altri libri ancora, inventati, fantasmagorici.
E nello spazio di alcune pagine
si hanno i due incanti insieme.
Spesso, nella mia vita,
ho potuto sperimentare questa virtù dei libri.
Ma è stato quel giorno che l'ho scoperta.
Sei con una estranea che ti chiede che cosa tu stia leggendo,
oppure sei tu a chiederglielo,
e se appartenete entrambi all'universo di coloro che leggono,
siete già sul punto di entrare, mano nella mano, in un eden condiviso.
Dato che un libro ne richiama un altro,
conoscerete insieme prodezze, emozioni, miti, idee, stili, aspirazioni.
In risposta al mio <<Leggo!>>,
la signora che mi tratteneva in casa sua non mi ha chiesto vagamente
che cosa leggessi di solito, domanda senza conseguenze,
ma nella lettura di quale libro fossi immerso quel giorno.
Si trattava, me ne ricordo, di un romanzo di avventure intitolato <<Il prigioniero di Zenda>>.
Lei leggeva il libro dell'archeologo tedesco Schliemann, lo scopritore del sito della città di Troia.
Non avevamo proprio le stesse letture,
ma lei si è presa il tempo necessario per interrogarmi sul mio libro,
mi ha parlato a lungo del suo
e abbiamo scoperto alcune affinità fra le opere.
Poi la signora mi ha suggerito che ce le scambiassimo,
una volta finito di leggerle.
Da quel momento in poi, ogni volta che sceglievo un libro,
pensavo prima a lei.
Si appassionava per la storia, l'archeologia e le biografie.
Io leggevo soprattutto fumetti e romanzi di spionaggio,
che consumavo senza ritegno come le mie bibite gassate.
Grazie alla Hanum [appellativo utilizzato in epoca ottomana per rivolgersi educatamente a una signora, N.d.A.], che non avrebbe apprezzato che l'andassi a trovare con il trentesimo episodio delle avventure di questo o quell'agente segreto, avevo dovuto cominciare ad allargare i miei interessi. Volevo far colpo su di lei,
o perlomeno meritare la sua stima.
Per questo dovevo farle scoprire dei libri che non conosceva.
Non so se le abbia fatto scoprire granché;
per contro, ho imparato moltissimo grazie a lei.
[...] Quell'estate, e le due seguenti, mi sono recato da lei molto spesso,
talvolta tre o quattro giorni di fila.
Parlavamo molto, del più e del meno,
ma ci capitava anche di sederci ciascuno nel proprio angolo
per leggere i nostri libri in silenzio"
Amin Maalouf, "I disorientati", Bompiani, 2013
(titolo originale "Les désorientés",
letteralmente così come tradotto nell'edizione italiana, 2012).
"La mattina dopo andai da Antoine e mi autoinvitai a casa sua,
dovevamo parlare di libri.
<<Di libri?>>.
Annuii, <<Va bene per giovedì?>>.
Da quel giorno,
per un paio di giovedì al mese fino alla fine del liceo
io e Antoine Lorraine
avremmo confabulato
di romanzi e delle parole che potevano cambiare la sorte.
Il meccanismo era infallibile:
Marie [la bibliotecaria, N.d.A.] mi consigliava due titoli,
io li prendevo in prestito
e ne passavo uno ad Antoine.
Poi ce li scambiavamo,
e a fine lettura ci incontravamo per la discussione"
Marco Missiroli, "Atti osceni in luogo privato", Feltrinelli, 2015.
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