domenica 4 novembre 2012

UN NUOVO CASO ALDROVANDI

Riccardo Rasman  dopo l'incontro con la Polizia
Trieste, venerdì 27 ottobre 2006. 
E' sera.
Riccardo Rasman (34 anni, in cura presso un centro di salute mentale, in quanto affetto da “sindrome schizofrenica paranoide”) viene visto da alcuni condòmini sul balcone di casa, nudo, intento a masturbarsi e a lanciare grossi petardi, uno dei quali esplode vicino alla figlia del portiere del condominio (che sta camminando per strada in compagnia del proprio cane), provocandole una sospetta lesione del timpano.
Gli inquilini dello stabile contattano le forze dell'ordine.
Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giuseppe De Biasi - componenti gli equipaggi delle Volanti 3 e 4 della Questura di Trieste - intervengono.
Rasman li minaccia di morte, nel caso in cui entrino nell'appartamento.
Gli agenti si informano in maniera sufficiente del suo stato di salute mentale e attendono più di 20 minuti nel tentativo di convincere l'uomo ad aprire spontaneamente la porta.
Anche se Rasman interrompe il lancio di petardi, al suo reiterato rifiuto di aprire la porta e senza attendere le informazioni richieste alla centrale operativa, i poliziotti sono costretti ad abbattere la porta d'ingresso e a fare irruzione nell'appartamento insieme a una pattuglia di Vigili del Fuoco.
A questo punto Rasman li aggredisce (mettendo così in atto le pesanti minacce rivolte poco prima), scagliandosi contro di loro con una violenza inaudita e ingiustificata, cagionando agli stessi alcune lesioni. Ne nasce una colluttazione al cui termine gli agenti spingono a terra l'uomo, lo immobilizzano, lo ammanettano e lo costringono a rimanere in posizione prona sul pavimento.
A questo punto gli agenti salgono alternativamente sulla sua schiena, esercitando con le ginocchia una notevole pressione.
Rasman si dimena, scalcia, si lamenta, respira con affanno, sempre più lentamente, finchè le sue capacità respiratorie si riducono in maniera significativa. 
Dopo circa 5 minuti e mezzo in simili condizioni, muore per "asfissia da posizione" e conseguente arresto cardiaco.

In tutti i gradi di giudizio - Gip di Trieste (sentenza del 29 gennaio 2009), Corte d'appello di Trieste (sentenza del 30 giugno 2010) e Cassazione (sezione IV penale, sentenza 6 settembre 2012 n. 34137) -  i tre poliziotti sono stati giudicati colpevoli di eccesso colposo nell’adempimento del dovere e nella legittima difesa e di cooperazione in omicidio colposo (esclusa la legittima difesa, sono gli stessi, identici reati addebitati ai quattro poliziotti assassini di Federico Aldrovandi).
Nonostante i tre poliziotti siano stati giudicati colposamente responsabili della morte di Riccardo, i giudici hanno scisso in due parti l'intervento degli agenti: il primo legittimo e doveroso, il secondo illegittimo e penalmente rilevante.

1) Fino all'ammanettamento di Rasman l'intera condotta dei poliziotti è stata del tutto corretta e legittima, poichè caratterizzata dall'adempimento del proprio dovere e dalla legittima difesa. Gli agenti hanno agito in stretto adempimento dei propri doveri sanciti dal Codice di Procedura Penale, al solo scopo di porre fine a una situazione pericolosa per l'incolumità di terzi e dello stesso Rasman, posta l'evidente pericolosità derivante dalla detenzione di esplosivi da parte di una persona affetta da patologie psichiatriche. 
I giudici, il responsabile del Pronto Soccorso dell'Ospedale di Trieste e il direttore del Dipartimento di salute mentale di Trieste sono concordi nel ritenere che, spettando soltanto ai poliziotti decidere come agire e non sussistendo protocolli o disposizioni operative applicabili nel caso specifico, sarebbe stato del tutto irrilevante e inutile attendere lumi dal servizio di salute mentale o l'arrivo di un infermiere. 
Pertanto, aver fatto irruzione nell'appartamento di Rasman, averlo bloccato a terra in posizione prona e averlo ammanettato sono azioni per le quali non può essere addebitato ai poliziotti alcun rimprovero penale. 

2) Dopo l'ammanettamento, i poliziotti hanno indebitamente protratto - senza alcuna necessità - la contenzione sul pavimento di Riccardoin maniera tale da impedire la funzionalità dell'apparato respiratorio per molto tempo, nonostante l'uomo fosse stato immobilizzato a terra, prono, con gli arti superiori e in inferiori legati, sanguinante dalla bocca e dal naso. Condizioni in cui non poteva di certo nuocere.
In ciò va riscontrato, da parte dei tre poliziotti, il superamento dei limiti dettati dall'adempimento dei propri doveri e dalla legittima difesa.
Dopo l'immobilizzazione e l'ammanettamento, gli agenti hanno proseguito a premere a terra Rasman, in posizione prona, per più di 5 minuti e mezzo. Per cercare di sedarlo - avendo dato vita a una robusta e duratura colluttazione - gli agenti lo hanno mantenuto compresso a terra in posizione prona, memori del fatto che - dopo aver allentato la presa al termine della lotta sul letto, convinti di averne vinto l'opposizione - l'uomo aveva ripreso a lottare, profittando del loro rilassamento.
Così operando, tuttavia, gli imputati hanno frainteso il dimenarsi di Rasman (accompagnato dal colare del sangue dalla testa alla bocca, da una respirazione affannosa e da rantoli e lamenti uditi persino dai vicini di casa) con il persistere di intenti ancora bellicosi dell'uomo, senza minimamente intuire il pericolo - assolutamente prevedibile - di asfissia, quale concreto rischio per l'incolumità di Rasman, evitabile rimettendolo in posizione supina o comunque allentando la compressione sul torace e sull'addome. 
Anche considerando il presunto rischio di ricevere eventuali pugni o calci una volta "allentata la presa" (ipotesi più astratta che reale), esso non avrebbe dovuto dissuadere i poliziotti dal far assumere all'ammanettato una posizione consona a permettergli di riprendere le normali funzioni respiratorie, in base al prioritario rilievo della salvaguardia dell'incolumità di colui che si trovi sottoposto al loro potere. Tutto ciò in nome del principio fondamentale secondo cui l'impiego della coercizione e della forza fisica da parte delle forze dell'ordine è legittimo e giustificato solo entro i tempi e i modi strettamente necessari per immobilizzare e ammanettare una persona, la quale - resa innocua - deve solo essere protetta.  
Quindi, i poliziotti hanno commesso un errore imperdonabile, poichè frutto di imperizia, colposa negligenza e macroscopica leggerezza per non essersi accertati - una volta definitivamente immobilizzato a terra Rasman,  così posto in condizione di non nuocere - del pericolo per la sua incolumità derivante dall'impedimento alla funzionalità respiratoria che la perdurante compressione sul tronco e sull'addome aveva cagionato tanto da provocarne la cianosi del volto (pur riscontrata dal capo-pattuglia della Volante 1 chiamata a rinforzo quando ormai era troppo tardi per impedire l'esito fatale).
Non è infatti necessaria una scuola di polizia per intravedere la sussistenza di notevoli rischi per l'incolumità di un soggetto che venga costretto a terra in posizione prona, sotto la pressione esercitata sul dorso con le ginocchia o con il peso di altri individui. Gli esiti di simili atti (in generale e soprattutto nel caso specifico, date le sopra descritte condizioni) sono così facilmente prevedibili da potersi senza dubbio considerare dati rientranti nel patrimonio di conoscenza comune. Chiunque, infatti, sarebbe stato in grado di intuire l'elevata probabilità di provocare la morte di una persona alla quale - già in fortissimo debito di ossigeno dopo un ingente sforzo fisico sopportato nell'ingaggio di una lotta violenta - venga impedita la naturale funzionalità respiratoria, circostanza palesemente riscontrabile - nel caso di specie - dall'affannosa respirazione di Rasman da una parte e dai suoi continui lamenti dall'altra.
La sua morte va dunque posta in relazione causale con l'ammanettamento di un uomo in forte debito di energia (per aver aggredito gli agenti), sul cui dorso i poliziotti hanno continuato a esercitare pressione per circa 5 minuti e mezzo.
Insomma, dopo il legittimo ammanettamento, gli agenti hanno innescato un processo asfittico che ha cagionato la morte di Rasman, morte assolutamente evitabile se gli agenti avessero interrotto l'attività di violenta contenzione a terra, consentendo all'uomo di respirare normalmente. 
Ovvero se avessero agito secondo il comune buon senso e le regole della comune esperienza umana.

P.S. I tre poliziotti responsabili della morte di Rasman (Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giuseppe De Biasi)  sono stati condannati in ogni grado di giudizio a una pena di soli 6 mesi di reclusione ciascuno (sospesa dalla condizionale) e al risarcimento dei danni.  
Se dopo il caso di Federico Aldrovandi (identico nello svolgimento dei fatti criminosi commessi da alcuni membri della Polizia di Stato) qualcuno pensava ancora che l'Italia fosse un Paese civile e uno Stato di diritto, ora dovrà necessariamente ricredersi.


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14 commenti:

  1. Chi è stato a parlare che Riccardo ha lanciato i petardi ? e il ferimento al timpano alla ragazza , non scrisse nel verbale SOSPETTO lesione , L' ispettore dopo che aveva ricevuto la telefonata della moglie del custode la madre della ragazza in questione , che non parla del ferimento di sua figlia, ma era preoccupata del ascensore che non fuzionava. Chi disse alla Questura del ferimento di una ragazza per riferirlo all' ispettore un minuto dopo e far muovere l'intervento. A noi ci dissero che Riccardo aveva fatto sangue all' orecchio , ora si parla del SOSPETTO !!!! Riccardo era in casa sua non ha incontrato i poliziotti , sono i poliziotti che sono andati a casa sua dopo che i vicini hanno verificato che era da solo avendolo sentito arrivare ,aveva la radiolina accesa in tasca. Vorremo sapere chi ha scritto quanto sopra ?? prima di dire cose innesatte e ricostruire i fatti dovreste leggere i verbali , non basarsi solo su quello che dissero i poliziotti a voce . Non è NIENTE DI LEGITTIMO questo intervento dove fa buchi da tutte la parti, NON CERANO NE BOMBE NE SANGUE , allora PERCHè PERCHè LO HANNO COLPITO SUBITO APPENA ENTRATI - IL SANGUE SI TROVAVA GIà ALL'ENTRATA- Volete ancora dare la colpa verso chi non può dire la sua . Se volete aiutarci scavando la verità bene , se no state ZITTI.

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    1. Il mio "pezzo" racconta la verità emersa dalla sentenza definitiva emessa dalla IV sezione penale della Cassazione (citata), che ha confermato pienamente i verdetti sanciti in 1° grado dal Gip di Trieste e in 2° grado dalla Corte d'Appello (anch'essi citati). Pertanto non ho scritto "cose inesatte", nè mi sono basato "solo su quello che dissero i poliziotti a voce", ma ho raccontato i fatti così come ricostruiti nella sentenza (passata in giudicato) della Suprema Corte, di cui Le cito alcuni passi significativi:

      1) "In punto di fatto, si era accertato, in conformità a quanto dedotto nel capo d'accusa, che gli imputati, componenti gli equipaggi delle Volanti tre e quattro della Squadra Volante della Questura di Trieste - a seguito di segnalazione pervenuta alla centrale operativa - erano intervenuti presso l'appartamento occupato dal Rasman dal quale era stato denunziato, da altri condomini dello stabile, il lancio di alcuni grossi petardi. Gli agenti, al reiterato rifiuto del Rasman di aprire la porta, avevano fatto irruzione all'interno unitamente ad una pattuglia di Vigili del Fuoco, senza attendere le informazioni richieste alla centrale operativa sul conto del soggetto (all'epoca in cura presso il Centro di salute mentale di Domio) e nonostante questi avesse interrotto il lancio dei petardi";

      2) "Rasman (veduto, poco prima, dai condomini presentarsi nudo sul balcone intento a gettare petardi - uno dei quali era esploso vicino alla figlia del portiere dello stesso stabile, intenta a camminare per strada con il cane tanto da subire una sospetta lesione del timpano - ed a compiere inconsulti atti di masturbazione)";

      continua...

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    2. 3) "Deve preliminarmente rilevarsi che anche le parti civili introducono nuovamente - e cumulativamente - in questa sede, censure relative alla pretesa illegittimità dell'irruzione compiuta dagli agenti nell'abitazione del Rasman (senza aver previamente atteso l'arrivo sul posto del personale medico del centro di salute mentale di Domio, presso cui la vittima era in cura ed in difetto di potenziali condotte aggressive della vittima) seguita dall'ammanettamento del medesimo.
      Ebbene nella motivazione della sentenza impugnata, ad onta delle obiezioni delle ricorrenti, si rinvengono già perspicue e congrue confutazioni a siffatte doglianze.
      Gli imputati hanno agito in stretto adempimento dei doveri loro incombenti al precipuo ed unico scopo di evitare e di por fine a situazioni foriere di pericolo per l'incolumità di terzi e dello stesso R. posta l'intrinseca pericolosità derivante dalla detenzione di sostanze esplosive da parte di soggetto affetto da patologie psichiatriche, come insegna la comune esperienza. Deve altresì osservarsi, come evidenziato nella sentenza di primo grado, che il Rasman, come acclarato in fatto, aveva pesantemente minacciato di morte gli agenti operanti, se avessero fatto ingresso nell'appartamento onde identificarlo ed indurlo a por fine alle azioni di disturbo in danno degli altri condomini.
      Gli agenti tuttavia, dopo aver atteso oltre venti minuti nel tentativo di convincerlo ad aprir spontaneamente la porta, dopo essersi peraltro sufficientemente informati dello stato mentale in cui il soggetto versava si videro costretti ad abbattere la porta d'ingressi ed a fare irruzione nell'appartamento, ciò in esecuzione di precisi compiti previsti dagli artt. 55, 348 e 349 cod. proc. pen..
      Né, come pacificamente emerso in istruttoria in base alle testimonianze del Responsabile del pronto soccorso dell'Ospedale di Trieste e dei Direttore del dipartimento di salute mentale di Trieste (cui analiticamente accenna la motivazione della sentenza di primo grado) a nessun altro che agli stessi agenti operanti sul posto sarebbe spettato decidere il da farsi, nella descritta situazione, di guisa che del tutto inconferente ed inutile sarebbe stato attendere lumi dal servizio di salute mentale ovvero l'arrivo di un infermiere, non sussistendo protocolli o disposizioni operative da applicare nella fattispecie, ad onta dei contrari assunti delle ricorrenti.
      All'atto dell'ingresso nell'appartamento, un volta abbattuta la porta, fu il Rasman ad aggredire gli agenti (così mettendo in pratica le minacce poco prima profferite al loro indirizzo) scagliandosi con violenza tanto inaudita quanto ingiustificata contro" i poliziotti, "così cagionando agli stessi lesioni personali.
      Ne discende quindi che l'intera condotta degli imputati era giudicata del tutto correttamente e legittimamente, scriminata dall'operatività in concreto delle cause di giustificazione dell'adempimento di un dovere e della legittima difesa. I limiti imposti all'operatività in concreto delle suddette scriminanti furono invece colposamente superati solamente allorché fu protratta la contenzione sul pavimento del Rasman benché ormai immobilizzato e quindi posto in condizione di non nuocere".

      Questa è la verità emersa in tutti i gradi di giudizio. Lei ha tutto il diritto di continuare a difendere le medesime tesi e opinioni che ha avuto modo di esporre ai magistrati nel corso del processo, ma deve prendere atto che i giudici (tutti) hanno ricostruito la vicenda in maniera diversa, esattamente come da me esposta.

      Continua...

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    3. Infine alcune segnalazioni:

      1) le sole persone a cui sia stata riconosciuta una colpa sono Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giuseppe De Biasi, i tre poliziotti condannati (a una pena assolutamente ridicola) per aver ucciso Suo fratello. Nessuno – almeno da parte mia – ha mai “incolpato una persona innocente”;

      2) la circostanza per cui sono stati i poliziotti a recarsi a casa di Riccardo Rasman emerge chiaramente dalla lettura del mio post. Nella didascalia della foto ritraente il corpo di Suo fratello ho scritto "incontro" perchè i poliziotti e Riccardo - per le circostanze del caso specifico raccontate nell'articolo - si sono ritrovati davanti gli uni all'altro. Per la scelta del sostantivo in questione ho tratto ispirazione dal sottotitolo del documentario di Filippo Vendemmiati "E' stato morto un ragazzo", ovvero "Federico Aldrovandi che una notte incontrò la polizia".

      P.S. Il post è stato scritto da me, Danilo Rota, come si può facilmente evincere dalla firma posta al termine dello scritto ("Pubblicato da Danilo Rota") e dalla mia foto pubblicata sul lato destro del mio blog, sopra la quale campeggia l'insegna "Informazioni personali", mentre sotto compaiono (nuovamente) il mio nome e il mio cognome.

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  2. ANCHE SE RICCARDO FACEVA COSE STRANE SUL BALCONE COME VOI DITE , NON CI SEMBRA CHE QUESTA SIA UNA RAGIONE PER DIRE CHE L' INTERVENTO ERA LEGITTIMO, PERCHè LORO SAPEVANO CHE ERA SEGUITO DEL CSM DI dOMIO , ALLORA AVREBBERO DOVUTO CHIAMARE IL CENTRO SALUTE MENTALE, VEDENDO COMPORTAMENTI AL QUANTO DISCUTIBILI PER VOI. QUELLO CHE STATE DICENDO COME AVETE DETTO CHE ERA UBRIACO SONO SOLO FALSITà. NON AVEVA NIENTE NEL SANGUE , LUI NON HA LANCIATO I 2 PETARDI ,COME NON C è NESSUN FERIMENTO CON SANGUE, ALLORA VI SIETE INVENTATI UNA MOTIVAZIONE PER DARE IL VIA ALLA SPEDIZIONE PUNITIVA .. DATO CHE LA MOTIVAZIONE E LA DINAMICA E SIMILE ALL'AZIONE DEI 2 POLIZIOTTI NEL 1999 . Avete creato una idea al quanto dimostrabile che quello che dite non e la verità, se lui era sul terrazzino , il terrazzino è fatto di muro e arriva alla vita , tu puoi vedere oltre al muro??? Quante cose avete visto quella sera che era SOLO, ma per non sbagliare persona avete richiesto diverse volte alla centrale di verificare se era LUI, il vostro vero scopo era un ALTRO ...VOI ASPETTAVATE IL MOMENTO DI TROVARLO DA SOLO PER CONCLUDERE LA VOSTRA VENDETTA - X MORTO RICCARDO VEDRà FRA QUALCHE TEMPO QUESTA POSIZIONE . RATOINQULO

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    1. Non ho mai scritto che Riccardo Rasman fosse “ubriaco”, né che avesse “qualcosa nel sangue”.

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  3. NESSUNO A VISTO CHE RICCARDO LANCIAVA I PETARDI NEANCHE LA RAGAZZA DISSE CHE GUARDò IN SU E NON VIDE NESSUNO. LEGGETEVI I VERBALI PRIMA DI INCOLPARE UNA PERSONA INNOCENTA , QUANTE COSE STRANE SONO STATE SCRITTE CHE MA ANCHE FATTI CHE SONO CONTRADITORI, 10 UOMINI CONTRO UN RAGAZZO E NON SAPERLO TENERE IN VITA?? DATO CHE LO AVETE UCCISO VI INVENTATE TUTTE LE BUGIE INPENSABILI. SAREMMO CURIOSI DI SAPERE PERCHè QUANDO ERA ANCORA TUTTO SOTTO SEQUESTRO SONO STATI TAGLIATI GLI ALBERI SOTTO CASA DI RICCARDO?? ERA PER FARVEDERE CHE I PETARDI POTEVANO ARRIVARE INSTRADA . PECCATO CHE LE TESTIMONIANZE PARLANO CHE SONO SCOPPIATI DAVANTI ALLE FINESTRE DI RICCARDO. QUINDI NON STà IN PIEDI NIENTE DI QUELLO CHE VOLETE ANCORA AFFERMARE.

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    1. Mi ha molto colpito la Sua espressione “Dato che lo avete ucciso vi inventate tutte le bugie impensabili”. La invito a separare le tesi difensive degli imputati (ovvero di coloro che sono stati riconosciuti dai magistrati quali assassini di Suo fratello) dalle argomentazioni dei giudici (da me unicamente e fedelmente esposte nell’articolo).

      Non comprendo, infine, per quale ragione abbia costantemente usato la seconda persona plurale.

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  4. date un occhio! grandissimo progetto!

    http://www.licenzaditortura.it/

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  5. IL PROBLEMA NON è IL PETARDO O IL NON PETARDO.E NEANCHE IL MASTURBAMENTO O IL NON MASTURBAMENTO.E NEANCHE IL TERRAZZO.IL PROBLEMA è PROPRIO IL SOGGETTO.ERA......ORA è DEFUNTO.

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    1. Vorresti chiarire perchè il sogetto era un problema ? cosa vuoi affermare dicendo ERA... ORA è DEFUNTO??

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  6. E noi vorremo sapere quali condomini ? dove si trovavano? per vederlo dato che il terrazzino è di muro e arriva più su della vita , videro i comportamenti clamorosi oltre i muri?? Vorremo sapere come, la ragzza che passeggiava con il cane sotto casa COME CONCLUSE, LEI !!! che era Riccardo al quarto piano ad aver lanciato il petardo !!! se immediatamente dice lei guardò in su e non vide nessuno??? vORREMO SAPERE COME FACEVA AD ESSERE IN TRE POSTI CONTEMPORANIAMENTE?? Vorremo sapere come faceva a dire la CENTRALE all' ispettore un minuto dopo CHE LA MADRE PARLO' CON LORO, del ferimento al timpano di SUa FIGLIA quando LEI STESSA non lo disse al telefono , parlò solo di petardi e dell'ascensore che non fuzionava!!!! l'ispettore parla anche che era ubriaco... ora parlate di sospetto lesione al timpano!! Dove avevano gli occhi i poliziotti quella sera ?? non cera nessun ferimento ne sangue!!! Allora??? PERCHè?? i gIUDICI QUESTO NON L'HANNO LETTO CHE NON CERA NESSUN FARIMENTO . NON è VENUTO A NESSUNO DI LORO L'IDEA CHE AVREBBE POTUTO ESSERE STATO UN COMPLOTTO!!!!RICCARDO è stato MASSACRATO PER UN SOSPETTO!!!!???? disprezzandoLO callunnniandoLO, un ragazzo che se anche avesse fatto quello che dite non cera ragione di intervento con la forza e copirlo con il piede di porco e legarlo con il filo di ferro da uomini che si ritengono SANI DI MENTE. Dalla telefonata registrata delle loro comunicazioni risulta che erano preoccupati insistendo alla centrale di verificare se era LUI, insistendo di chiamare Domio o stanza 29 -ospedale dianosi cura- quando avete ricevuto CONFERMA Riccardo era già a terra legato, mandato via i vigili del fuoco , chiusa la porta , hanno concluso il lavoro. COSI' NON DISTURBERà PIù NESSUNO - parlare in questo modo conferma che non era uno sbaglio - sulle scale hanno scritto il suo cognome con la Z , lo hanno cancellato con una riga sul cognome e una croce vicino , il lavoro era concluso . Hanno messo una bottiglia di vino vuota fuori la porta per disprezzare la sua persona .. LE RAGIONI PER SOSTENERE L'INTERVENTO SONO AL QUANTO DISCUTTIBILI ,Se hanno detto che non c'è un protocollo per chiamare i sanitari è una scusa , allora perchè esiste un corpo di polizia adetta agli interventi del TSO.?? Si trova in Viale Miramare, qui il problema è un altro, chi ha chiamato la polizia LAVORA per il CSM di Domio ,quindi aveva tutte le possibilità di chiamare i psichiatri se c'è necessità avendo un contratto per questo scopo per il beneficio di tutti nello stabile 24 su 24, avendo un telefoNino della ditta sanitaria per questo scopo, nessuno al processo ha verificato tutto QUANTO SCRITTO SOPRA , MA hanno parlato se era giusto portarlo in quella posizione. Accettando dagli stessi poliziotti le indagini primarie quella sera descrivendo i fatti , se i Giudici avrebbero letto i verbali avrebbero visto molte contradizioni che avrebbero dovuto chiarirle con un processo non con porte chiuse , svolgendo indagini da altri agenti avrebbero scoperto le vere responsabilità , dato che abbiamo richiesto al Giudice molte altre cose ,MA SONO STATE RIFIUTATE , NON HANNO VOLUTO CHIARIRE I FATTI... ALLORA LA NOSTRA CONCLUSIONE E CHE HANNO VOLUTO SCRIVERE QUELLO CHE RITENGONO PIù OPPORTUNO PER GLI INDAGATI.. NASCONDENDO E NON RIVELANDO TUTTO QUELLO CHE VERAMENTE è SUCESSO QUELLA SERA,NON POTEVANO FARE ALTRO PERCHè ERA TROPPO EVIDENTE , che hanno fatto TROPPO. Se fanno gli interventi in questo modo inventandosi la motivazione , siamo a posto se la chiamano legittima , erano in 10 in quella stanza non uominii comuni ma delle istituzioni che noi paghiamo per soccorrere chi è in dificoltà , la forza la devono usare verso altri elementi non verso un invalido militare del 80% riconosciuto dello Stato Italiano . Se 10 uomini non hanno saputo tenere in vita 1 persona , POTETE DIRE E SCRIVERE TUTTO QUELLO CHE VOLETE non ci sono PAROLE ...

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    1. La Sua denuncia è estremamente grave, dal momento che accusa tutti i giudici occupatisi dell'assassinio di Suo fratello (Gip, Corte d'Appello e Cassazione) non solo di "non aver voluto chiarire i fatti", ma di "aver voluto scrivere quello che ritengono più opportuno per gli indagati, nascondendo e non rivelando tutto quello che veramente è successo quella sera". Addirittura li accusa di non aver ipotizzato l'esistenza di "un complotto".
      Ha, insomma, lanciato ai magistrati di ogni grado di giudizio l'accusa peggiore per una toga: non aver cercato la verità al solo scopo di difendere gli interessi di una parte processuale (gli imputati).
      RammentandoLe che:
      - gli imputati sono stati condannati dai medesimi giudici che Lei accusa di favoreggiamento nei loro confronti;
      - la tesi del complotto è sempre più abusata da coloro i quali non si ritengano soddisfatti dei verdetti giudiziari;
      - il Suo avvocato ha avuto modo di sostenere le tesi da Lei ora esposte durante il processo;
      - l'aver "chiesto al Giudice molte cose, ma sono state rifiutate" rientra nell'ordinaria amministrazione della giustizia. Le parti infatti sostengono le proprie tesi e avanzano richieste, poi spetta ai soli giudici (soggetti terzi) prendere le dovute decisioni;
      Le ricordo altresì che come Lei possiede la facoltà di presentare apposita denuncia nelle sedi appropriate (dal momento che le Sue argomentazioni addossano a un certo numero di magistrati serissime responsabilità penali e disciplinari), tale possibilità è prevista anche per i giudici nei Suoi confronti per diffamazione.

      P.S. Inutile ribadire che nessuno - almeno da parte mia - ha mai "disprezzato" o "calunniato" Suo fratello.

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  7. Si quello che hanno fatto è molto GRAVE , NOI COME rICCARDO NON ABBIAMO FATTO NIENTE siamo solo stati colpiti a morte ,per niente.

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