venerdì 4 ottobre 2019

Lo STATO e il CREDO dei MAFIOSI, ovvero quali AFFARI TRATTANO



"<<La domanda è piuttosto semplice. 
Di cosa si sta occupando con precisione?>>.
Mi lascio andare sul divano, incrocio le braccia, raccolgo le idee. 
E mi stupisco della nettezza con cui riesco a rispondergli.
<<Del rapporto fra potere economico, politico e criminalità organizzata>>.
[...]
<<Sa, prima, ha dimenticato un pezzo>>.
<<Scusi?>>.
<<Potere politico, economico, criminalità organizzata>>. 
Alza un dito della mano sinistra per ogni voce dell'elenco. 
Fa una pausa, alza il quarto dito.
<<Potere religioso. 
Anche se alcuni potrebbero ancora definirlo temporale. 
Non sono mondi diversi, non lo sono mai stati. Non lo saranno mai. 
Un paese come l'Italia vive schiacciato da due poli 
che sembrano opposti, ma si assomigliano molto. 
Cosa Nostra e il papato. 
Entrambi controllano il loro territorio, 
entrambi estendono il proprio dominio al di fuori dei loro minuscoli confini. 
Entrambi potrebbero avere un'influenza marginale, ma non accadrà mai. 
Perché il potere, quello vero, quello politico e finanziario, 
è troppo intrecciato con tutti e due 
per poterli ridurre al ruolo che sarebbe logico. 
Sono quattro lati di un medesimo oggetto. 
E per tre di loro, spesso, devi guardare molto da vicino per notare le differenze>>"

Patrick Fogli e Ferruccio Pinotti, "Non voglio il silenzio. Il romanzo delle stragi", Piemme, 2011.




"<<Cosa Nostra fa spesso il lavoro sporco di altri. 
Anzi, fa spesso il lavoro sporco dello Stato. 
Quando sei brutto e cattivo, una macchia in più fa poca differenza. 
Conosce bene in che cosa cercava di mettere il naso il dottor Falcone. 
Le sembra così strano che volessero ucciderlo?
[...] Sa perché le ho raccontato questa storia, dottore?>>.
<<Per farmi capire che non siete sempre voi [i mafiosi, N.d.A.] i cattivi?>>.
Baldacci ride.
<<Una cosa del genere, sì. 
E per spiegarle che 
chi si mette in testa di andare contro rapporti secolari, alla fine viene sacrificato. 
Falcone voleva infilarsi nel giro del riciclaggio. 
Voleva sapere quante delle azioni quotate in Borsa appartenevano a noi [mafiosi, N.d.A.]
Quale percentuale della ricchezza dell'Italia apparteneva a noi. 
Chi erano quelli che diventavano ricchi, grazie a noi. 
Che facevano affari con noi>>.
Baldacci unisce le mani, quasi una preghiera. 
Le muove avanti e indietro, come un pendolo.
<<E questa è una cosa che non si può fare, dottore. 
Cosa Nostra non te lo permette. 
Ma la cosa più importante è che non te lo permette nemmeno lo Stato>>"

Patrick Fogli e Ferruccio Pinotti, "Non voglio il silenzio. Il romanzo delle stragi", Piemme, 2011.




"Spiegare i meccanismi, le motivazioni, i canali, 
la procedura di infiltrazione e cannibalismo 
con cui Cosa Nostra era riuscita 
prima a diventare socia 
e poi a mangiarsi, con un breve tempo di cottura, 
una fetta bella grossa dell'economia reale.
[...]
<<Non potrebbero risolvere il problema neppure volendo>>.
[...]
Non avevo capito a cosa si riferisse 
e lo aveva spiegato col tono che usava, una vita fa, 
per cacciarmi in testa qualche compito difficile.
<<Mi riferivo ai soldi>> aveva detto. 
<<Una volta era facile capire quali erano buoni e quali no. 
Se ti facevi una pera, sapevi che stavi pagando la mafia. 
Se assegnavi un subappalto a certe imprese, sapevi che facevi lavorare la mafia. 
Se aprivi un negozio e accettavi protezione in cambio del pizzo, eri sicuro che i tuoi soldi andavano alla mafia. 
Oggi è tutto diverso. 
Puoi pagarli anche con un vestito comprato in un negozio del centro. 
O versando i soldi in banca. 
Se per qualche motivo si decidesse di estirpare ogni ramo, 
le conseguenze sarebbero così forti che si rischierebbe una rivolta>>"

Patrick Fogli e Ferruccio Pinotti, "Non voglio il silenzio. Il romanzo delle stragi", Piemme, 2011.




"[Don Vito Ciancimino - nel romanzo chiamato don Antonio Prestileo - sta parlando a un ufficiale del Sisde, verosimilmente identificabile nel misterioso signor Franco o Carlo. Entrambi sono stati protagonisti della trattativa Stato-mafia dei primi anni '90 del secolo scorso, N.d.A.]
<<Ieri ho visto il nostro ragioniere di Corleone [Bernardo Provenzano, N.d.A.][...] Dice che [i vertici di Cosa Nostra, N.d.A.] stanno facendo pressione. Che vogliono ottenere la dissociazione [ovvero sconti di pena ai mafiosi che - senza collaborare con la giustizia - si limitino a ripudiare Cosa Nostra. Lo scopo criminogeno di una simile misura è azzerare il pentitismo, N.d.A.]Che gli anni di silenzio stanno per scadere e bisogna che qualche cosa torni indietro. Più di quello che è stato fatto. [...] Non abbiamo mai smesso di trattare, amico mio. In realtà non c'è stata nessuna trattativa. Né quell'estate [del 1993, N.d.A.], né l'estate precedente e neppure negli anni successivi. I miei amici e i suoi [mafiosi i primi, uomini dello Stato i secondi, N.d.A.] condividono lo stesso territorio, che sia la Sicilia o l'Italia ha poca importanza>>.
[...]
[Cambio di scena: ora chi parla è un Pubblico Ministero di nome Daniele. Il suo interlocutore è un generico Colonnello, da identificare tuttavia in Mario Mori, vice comandante del Ros dei Carabinieri all'epoca della trattativa Stato-mafia, N.d.A.]
<<Mi risulta, Colonnello, che qualcuno si stia muovendo per ottenere la dissociazione>>.
<<Le risulta. E chi si starebbe muovendo?>>.
Daniele allarga le braccia.
<<Diciamo le stesse entità con cui ha avuto a che fare lei. Per questo speravo potesse schiarirmi le idee>>.
[...]
Il Colonnello prende una lunga pausa, prima di rispondere.
<<C'era un vecchio progetto di legge che...>>.
Daniele lo interrompe.
<<Leggo i giornali. Quattro, di solito. Lei non è un politico. E non sto facendo riferimento a progetti di legge>>.
<<Allora non ho idea di cosa stia parlando>>.
<<Come per la trattativa, immagino>>.
Il militare si irrigidisce di colpo.
<<Non c'è stata nessuna trattativa. Solo un'indagine. Si legga gli atti>>.
[...]
<<E come è andata a finire?>>.
<<Il soggetto con cui eravamo in contatto si è rifiutato di aiutarci. E la faccenda si è interrotta. Solo colloqui investigativi>>.
Daniele scarta una caramella. 
Il soggetto, pensa. Don Antonio Prestileo [come ricordato prima, si tratta di don Vito Ciancimino, noto politico democristiano e mafioso, N.d.A.]Il corleonese che di Cosa Nostra aveva scelto la faccia pulita e non quella sporca. Il potere pubblico e non quello privato.
[...]
Il Colonnello fa per alzarsi, scuote la testa, ci ripensa.
<<Senta, dottore, cerchiamo di non essere ipocriti. Io e lei abbiamo due compiti diversi. Lei cerca la verità e spesso quello che trova non le piace. Cerca la giustizia, ma non si pone il problema se quello che chiama reato sia qualcosa che serve al bene comune>>.
Daniele si sforza di non ridergli in faccia.
<<E lei? Ora mi dirà che è un eroe>>.
Il militare sembra privo di senso dell'umorismo.
<<Quello di cui mi occupo ha a che fare con le cose che nessuno vuole fare. A volte è davvero simile a infilare le mani nella merda. E non solo quelle. Ovviamente senza protezioni>>. 
<<Non le fa mai schifo?>>.
Il Colonnello incrocia le dita, poi le distende. Quasi una preghiera. Non alza mai la voce.
<<Non è importante. Non conta. Non sono pagato per quello. Da me ci si aspetta che non senta la puzza. Prima, durante. Ma soprattutto dopo>>.
Il magistrato annuisce. Cerca di mantenere la calma.
<<Per conto di chi trattava?>>.
<<Non c'è stata nessuna trattativa>>.
<<Chi erano i suoi referenti?>>.
<<Non c'è stata nessuna trattativa>>.
<<Dovrà rispondermi, prima o poi, lo sa vero?>>.
<<Non c'è stata nessuna trattativa>>.
Daniele abbassa lo sguardo, sorride. Alza la testa di scatto, appoggia i gomiti sul tavolo.
<<Chi era? Un ministro? Due? Sapeva chi c'era dall'altra parte? Ha mai pensato che qualcuno si muovesse alle sue spalle? O magari lo faceva alla luce del sole e lei sapeva tutto?>>.
<<Non c'è stata nessuna trattativa>>.
Daniele stritola l'incarto della caramella.
<<Avete dato a Cosa Nostra un messaggio chiaro, voi mettete bombe e noi scendiamo a patti. Magari non con parole esplicite, ma per quella gente contano i gesti, i segnali, i dettagli. 
Infatti vi hanno preso in parola. 
Ci ha mai pensato, Colonnello? Ha mai pensato che se non avesse avuto quei - come li ha chiamati? - colloqui investigativi, Paolo Borsellino sarebbe vivo?>>.
<<Sta scherzando? Come si per...>>.
Lo interrompe, si sforza di non gridare.
<<Ha mai pensato che i Georgofili, via Palestro, le chiese di Roma [cioè le stragi mafiose del 1993, N.d.A.] erano il loro modo di condurre gli affari? Il modo che conoscevano meglio, quello in cui sapevano cosa ottenere? Ci ha mai pensato?>>.
<<Non c'è stata nessuna trattativa, dottore>>.
<<Lei c'era, Colonnello. Era lì. Sa tutto. Può raccontare tutto>>.
Il militare si allunga in avanti. Scandisce le parole.
<<Non c'è stata nessuna trattativa. Ha capito? Io ho sempre combattuto Cosa Nostra, se lo ricordi>>.
Daniele scuote la testa. Devi stare calmo, pensa. Devi stare calmo.
<<Come Michele Giordano [cioè Bruno Contrada, numero tre del Sisde, responsabile del dipartimento Criminalità organizzata. E' stato condannato in via definitiva a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, N.d.A.], Colonnello?>> chiede. <<Me lo dica, è quella la sua concezione di lotta? Cercare il minor male possibile? Sa cosa credo? Che lei sia uno di quelli che dice che con Cosa Nostra bisogna imparare a convivere. Che la vittoria non esiste, non è possibile. E allora tanto vale mettersi il cuore in pace e fare come il tafano con il bue. Una punturina in qua e in là, una succhiata di sangue e sperare che la coda o le orecchie non ti riducano a una poltiglia. Ma il bue resta un bue e tu resti sempre un tafano>>. 
<<E lei, dottore, cosa pensa?>>.
Daniele si sporge sul tavolo.
<<Penso che i Totò Riina, i Bernardo Provenzano, i Messina Denaro, i Brusca, i Badalamenti sono feccia. E che più di loro puzzano quelli che usano i loro quattrini. Gente con un bel vestito di sartoria, i denti bianchi, la camicia stirata, le macchine lucide, un bell'autista educato e la babysitter straniera che resta a casa con la prole e intanto le insegna l'inglese. Merde che vanno alla prima della Scala, al festival del cinema di Venezia, alle regate, alle riunioni di Confindustria, nei consigli di amministrazione. In parlamento. Colletti bianchi che vendono il culo, sputano soldi sbiancati e scartano il liquame in cui sono stati recapitati. Stronzi che profumano come viole>>. Fa una pausa. <<E mi scusi i francesismi>>.
<<Crede che non me ne preoccupi anch'io?>>.
Il magistrato si stringe nelle spalle.
<<Lo ha detto prima. Io e lei facciamo lavori diversi. A me interessa la verità. Per quanto mi riguarda è sufficiente>>.
[...]
Daniele lo guarda. 
Si sente stanco come mai nella vita.
Stanco di parole, di mezze frasi, di minacce che sembrano consigli, di consigli che non sono mai quelli giusti. 
Stanco di difendersi da chi dovrebbe aiutarlo, stanco di non riuscire più a capire chi sono i buoni o i cattivi. Di ascoltare un uomo fedele a Cosa Nostra per scoprire che quelli fedeli allo Stato giocano in realtà la stessa partita, a volte con regole peggiori.
Accenna una risata, guarda fuori dalla finestra, si gira verso il militare.
<<L'Italia, Colonnello, è una Repubblica fondata sui segreti, sulle bombe, sulla collusione, sul depistaggio. Lei da che parte sta? Quella della Repubblica, dei segreti, della collusione, delle bombe o del depistaggio?>>.
Abbassa gli occhi sulle carte, la risposta non è necessaria.
Il militare aspetta un istante. Poi gira la maniglia, volta le spalle alla stanza e se ne va"

Patrick Fogli e Ferruccio Pinotti, "Non voglio il silenzio. Il romanzo delle stragi", Piemme, 2011.




"<<Un potere che si sgretola dalle fondamenta,  
[...] che perde contatto con la realtà, 
indebolito ogni giorno dalla corruzione, dalle inchieste, dagli arresti
[è l'Italia di Tangentopoli "scoperchiata" dall'inchiesta Mani Pulite, N.d.A.]
E un meccanismo criminale, organico a quello stesso potere. 
Il rapporto è quello di un parassita con una cellula sana. 
Solo che spesso è difficile distinguere chi stia parassitando chi. 
[...] Il parassita ha bisogno dell'organismo. 
E l'organismo non può ottenere quello che vuole, senza il parassita. 
Se lo Stato e Cosa Nostra concordano la reciproca sopravvivenza, 
non le sembra un colpo di Stato? 
Se nella reciproca sopravvivenza è previsto 
che le teste dei due organismi cadano, 
che si eliminino i rami secchi, 
gli oppositori, 
chi sa troppo e potrebbe parlare 
o chi è stato usato a sufficienza, 
non le sembra un colpo di Stato?>>.
<<Due>>.
[...]
<<Già. Due. 
Uno per togliere Totò Riina dal vertice di Cosa Nostra. 
E uno per rianimare il potere politico che era morto>>.
<<Molto diverso dal classico golpe>>.
[...]
<<Ma è esattamente quello che è accaduto. 
Prima bastava condizionare. Da Piazza Fontana in giù. C'era un motivo. 
I due blocchi, la posizione strategica dell'Italia, i comunisti. 
Nel '92, invece, tutto è finito. La paura rossa non c'è più. Gladio è stata rivelata>>.
<<E nascosta>>.
<<Ma certo, nascosta. La riconversione è fondamentale, in ogni settore. 
[...] Qui il problema non sono i servizi deviati. 
I servizi deviati non esistono. 
Parliamo di alti ufficiali dei servizi, della polizia, di agenti semplici, di politici e ministri. 
Parliamo di contatti noti, quasi alla luce del sole. 
Di presenze di forze dell'ordine nell'organizzazione di una o forse più di una strage. 
Di una tradizione di depistaggio che parte da Piazza Fontana e arriva qui, a Palermo. 
Non c'è deviazione, capisce? 
La linea è chiara, limpida. Un ordine di servizio>>"

Patrick Fogli e Ferruccio Pinotti, "Non voglio il silenzio. Il romanzo delle stragi", Piemme, 2011.




"<<Mi racconti la storia che conosce>> dice.
Faccio un tiro [di sigaretta, N.d.A.]. Uno solo. E prendo fiato.

La storia che racconto parla di un uomo che tutti conoscono e nessuno sa chi sia [ovvero Silvio Berlusconi, nel romanzo chiamato Luca Rossini, N.d.A.]
Di un ragazzo [Berlusconi da giovane, N.d.A.] deciso a salvare il patrimonio e il nome di un'antica famiglia, prossima alla rovina. 
Di un amico [Marcello Dell'Utri, nel romanzo chiamato Antonio Marsigli, N.d.A.] che gli propone un affare. C'è qualcuno che ha dei soldi da investire, se hai qualche idea vincente. Posso darti una mano.
Sei sveglio, un'offerta così la accetti. 
E non importa se il tuo investitore si chiama Capobianco [nel romanzo è il cognome di una famiglia di Cosa Nostra dedita al traffico di droga e al riciclaggio dei proventi nelle banche svizzere, N.d.A.]
Forse non lo sai nemmeno. 
Non importa da dove vengono quei soldi o se la banca che te li presta odora di mafia.
Il denaro non puzza, lo sanno tutti.
E i tuoi affari funzionano, il nome della famiglia esce dal fango, cominci a essere tenuto d'occhio dalla politica e dalla finanza.
Non c'è niente di strano.
In quella stessa politica, in quella stessa finanza c'è gente che traffica con Cosa Nostra a livelli molto più alti di te. Vorrebbero aiutarti a crescere, perché in Italia la finanza cattolica [si fa riferimento a Roberto Calvi e Michele Sindona, N.d.A.] non se la passa molto bene e ha bisogno di un campione.
E tu sei cattolico. Eccome.
Così, arrivano anche i loro soldi. [...] Ce li mettono di tasca propria e dietro di loro, magari seguendo un consiglio, arriva anche Cosa Nostra siciliana. Il numero uno in persona, Stefano Viola [ovvero Stefano Bontate, N.d.A.].
Così le tue tasche si riempiono di denaro.
Dai vecchi finanziatori, gli gnomi svizzeri del narcotraffico.
E da quelli nuovi, i banchieri che masticano politica e Sicilia.
E tu, il ragazzo, sei un principe del Rinascimento, un genio, un cervello che non dorme mai, che non riesce a stare spento. Inventi, crei, trovi nuove strade. Non sai pensare in grande, riesci a concepire solo qualcosa di enorme, di rivoluzionario. Tocca a te, è il tuo momento, sei il successore designato. [...] 
I metodi sono gli stessi. Non importa chi devi tutelare, non importano i compromessi, non importa il contorno. Non importa se una percentuale di quello che sembra tuo in realtà è di qualcun altro e neppure quello che fa dei soldi che guadagna grazie a te. Non ti interessa, useresti chiunque per salire la scala. Fingeresti di non vedere qualsiasi cosa, per fingere di non aver paura. 
Il mezzo è una funzione del fine, la moralità una macchia di fango, che pulisci dalle scarpe con un'adeguata dose di lucido.
E' tutto facile.
Lo immagino, quel ragazzo, che se lo ripete allo specchio.
Sei un attore, sei un banchiere, sei bravo, sei bello, le donne ti adorano.
Sei un prestigiatore e il mondo è il tuo coniglio.
Poi, un giorno, la macchina si inceppa. Forse la crescita è stata troppa, forse la dose di unto che ti serve per tenere oliato il meccanismo brucia soldi senza produrne più. E anche i tuoi amici politici, quelli che hanno incassato per darti una mano, stanno per cadere in gruppo, uno dopo l'altro [il riferimento è a Tangentopoli e all'inchiesta Mani Pulite, N.d.A.].
Il domino è iniziato.
Il ragazzo sente il rumore delle pedine che cadono.
Tic. Tac. Tic. Tac.
Sono lontane, ma stanno arrivando. Sono ancora poche, ma non si fermeranno. Quel rumore lo tiene sveglio di notte, lo sente sovrapposto al respiro, al battito del cuore.
E i suoi amici, quelli che hanno messo i soldi, quelli che in società non si possono nominare, cominciano a preoccuparsi della fine che farà l'investimento.
Non se la passano bene nemmeno loro. Avete le stesse amicizie [la classe politica e dirigente della Prima Repubblica, falcidiata da Mani Pulite, N.d.A.].
A entrambi manca la terra sotto i piedi.
Tic. Tac. Il buco si allarga.
Tic. Tac. Qualcuno che era diventato grande come te non ha retto. Si è sparato un colpo in testa, per non consegnare l'impero, ha preferito abbandonare la partita [ci si riferisce a Raul Gardini, morto suicida a Milano il 23 luglio 1993. Era stato a capo del secondo gruppo privato italiano, il gruppo Ferruzzi di Ravenna, grazie a lui divenuto socio e prestanome di Cosa Nostra, oltre che dispensatore di tangenti, N.d.A.].
Tic. Tac. Stai per perdere tutto, ma hai una scialuppa di salvataggio.
Serve a te e anche ai tuoi soci impresentabili.
L'amico di una volta [Marcello Dell'Utri, N.d.A.] è ancora al tuo fianco. 
Ha un'idea [stringere un patto con i vecchi amici della mafia siciliana: dopo l'attentato a Maurizio Costanzo e le stragi di Firenze, Milano e Roma, volte a mandare segnali allo Stato nel contesto della trattativa e - allo stesso tempo - ad abbattere il vecchio sistema politico, i Corleonesi avrebbero cessato di piazzare bombe in giro per l'Italia per sostenere la nascita e la vittoria elettorale di un partito della Fininvest; Berlusconi e i suoi, una volta al governo, avrebbero soddisfatto le richieste dei mafiosi comprese nell'accordo, N.d.A.]. La fai diventare tua, la studi con attenzione, perché il cilindro dei trucchi migliori non può essere scarico, non può essersi esaurito.
Una follia. Un salto nel vuoto. Un suicidio.
Ne cerchi un'altra, pensi, resti sveglio notti intere. E gli amici del tuo amico [i boss di Cosa Nostra, N.d.A.], quelli che ti hanno aiutato quando stavi per finire sul lastrico, insistono.
Una volta.
Non vuoi.
Due.
Non ascolti.
Tre.
Ti manca il coraggio.
Quattro.
Si deve fare. Non si fermeranno [con la strategia stragista delle bombe, N.d.A.].
Serve soltanto un assistente di scena.
Qualcuno che metta un dito e fermi il domino.
Qualcuno che abbia qualcosa da perdere.
Come te.
Nessuno scoprirà chi siete veramente.
C'è sempre una via d'uscita e anche questa volta l'hai trovata.
Per sopravvivere, a volte, è necessario rinnovare un patto col diavolo.
E non ti importa molto se per farlo devi peggiorare le condizioni contrattuali.

<<Una bella storia>>.
[...]
<<Non mi dica che non la conosceva>>.
Ignora la mia frase.
<<Lo Stato rinuncia a crollare e ricicla se stesso. 
E qualcun altro salva i propri denari, la propria vita e si garantisce un'esistenza serena, immune da grane e a piede libero [curiosamente questo vale sia per Silvio Berlusconi, che per Bernardo Provenzano, N.d.A.].
Tutti ci guadagnano qualcosa. 
E il gioco è fatto>>.
Fa una pausa.
<<La paura è il messaggio migliore.
E le bombe di quegli anni [1992 e 1993, N.d.A.] erano il biglietto più evidente che si potesse spedire.
Per chi non sapeva nulla e restava col cuore in mano.
E per chi aveva il potere di farle smettere e non voleva decidersi.
Due piccioni con una fava>>.
<<Non credo che Rossini [come ricordato sopra, è il nome scelto nel romanzo per Silvio Berlusconi, N.d.A.] sapesse tutto, sa?>>.
Sorride amaro.
<<Rossini è solo un pupo o un presuntuoso. 
Ha detto bene, prima. Non gli importa, credo sia quello il succo del discorso. Cosa Nostra è un partner commerciale come un altro. 
E lui è stato troppo pavido per riuscire a togliersi di mezzo, quando le cose si sono messe male>>.
Fa una pausa. 
<<In fondo non aveva scelta. 
Mettevano bombe, facevano pressione. 
Immagino anche il suo amico Marsigli [Marcello Dell'Utri, N.d.A.], che avrebbe potuto sbriciolarlo in qualsiasi momento. 
L'impero [aziendale di Berlusconi, all'epoca sull'orlo del fallimento, N.d.A.] cadeva. 
Non gli restavano molte scelte, le pare? 
[...] In fondo ha fatto un favore a tutti. Il gioco stava finendo, il mondo crollava. L'unica possibilità era affidarsi in prima persona all'ultimo campione rimasto. E sfruttare l'opportunità per ricominciare. [...] 
Quando succede qualcosa di così grosso [...] si ottengono due effetti.
Il primo è quello diretto. L'evento in sé. [...] Capaci. Via d'Amelio. Elimini un nemico e il tritolo è molto più duraturo di un proiettile. O scateni il panico.
Il secondo è indiretto e si verifica solo quando la svolta che si decide di dare con l'esplosivo è radicale. Per una raddrizzata non ci si spreca>>. 
La guardo.
<<E sarebbe?>>.
<<Si tagliano i rami secchi. Tutti. Senza esitazione. 
Pensi a quello che è successo. 
Andreotti fuori gioco [...]. 
Riina venduto [da Bernardo Provenzano, attraverso Vito Ciancimino. In questo modo, nell'ambito della trattativa, Provenzano dà qualcosa allo Stato e allo stesso tempo può proseguire a trattare, prendendo nelle sue esclusive mani le "redini del gioco", N.d.A.]. E poi i suoi soldati.
Un aiuto arriva da Tangentopoli che porta via tutto.
La piazza ha la bava alla bocca ed è pronta per qualcosa di nuovo.
La mafia trova altri interlocutori [Berlusconi tramite Dell'Utri, N.d.A.] e sparisce.
La marea sale, il mare torna calmo, i soldi ricominciano a scorrere. 
[...] Per questa gente, Paolo Borsellino era il primo dei rami secchi.
[...] Sa cosa succede qui a Palermo se provi a dare la caccia a Bernardo Provenzano [il nuovo garante della trattativa con lo Stato per conto di Cosa Nostra, N.d.A.]? Ti fanno capire che non è aria. Dritto per dritto. E non ci vuole tanto, mi creda, a pensare che sia coperto dai carabinieri>>.
<<I patti vanno rispettati>> 
[Dopo ben 43 anni di latitanza, Bernardo Provenzano viene arrestato l'11 aprile 2006. Le elezioni politiche del 9 e 10 aprile avevano appena sancito la sconfitta elettorale di Berlusconi e quindi la fine del suo governo. Di certo una singolare coincidenza, N.d.A.].
[...]
<<A volte il vero problema è che ci si rifiuta di credere>> dice. <<Quello che hai sotto gli occhi non basta. Serve qualcosa che lo renda umano, possibile. 
Le rivelazioni che cambiano la vita non piacciono a nessuno. Specie quando ti fanno sentire molto stupido. 
Quante volte si è chiesto se non poteva capire prima? 
Quante volte si è posto il problema del perché ha lasciato passare tutte queste coincidenze, senza farsi domande?>>.
[...]
<<Molte>> rispondo.
<<Vede? Non si senta diverso. Alla maggior parte della gente succede così. 
La vita è già abbastanza difficile, perché preoccuparsi anche del mondo in cui vivi? 
Se sapesse quante volte mi capita di pensare che avrei potuto fare qualcosa, quell'estate [del 1992, N.d.A.]. O che potrei farla oggi. Un atto dimostrativo, che ristabilisca la verità, almeno ai miei occhi>>.
<<Non servirebbe a nulla>>.
[...]
<<No, infatti. Mi farebbero a pezzi, niente di più. Questa storia uscirà quando sarà il momento>>.
<<Crede?>>.
Si solleva dal muro.
<<Non puoi nasconderti per sempre>> dice. <<Farti inseguire per sempre. Fuggire, per sempre. Chi ti ha aiutato a scappare continua ad aver bisogno di qualcuno che sappia correre veloce. 
Prima o poi non sarai più in grado, ti sostituiranno. 
E quando accadrà, ti renderai conto che sei stato solo una pedina. 
E' accaduto a molti, prima di Rossini [Silvio Berlusconi, N.d.A.]
Succederà anche a lui>>.
<<Dimentica i soldi>>.
[...]
<<Crede che sarà difficile trovare qualche altro socio disponibile?>>"
  
Patrick Fogli e Ferruccio Pinotti, "Non voglio il silenzio. Il romanzo delle stragi", Piemme, 2011.




"Questo è il paese delle storie dimenticate.
Le hanno dimenticate quelli che le conoscono e non le raccontano.
Chi le ha vissute e finge di ignorarle.
Chi potrebbe scoprirle e ha troppa paura.
Chi non si interessa e finge che, per un tacito e assurdo rapporto, 
il mondo decida di non interessarsi a lui.
Un'amnesia collettiva che vive di voci di corridoio, 
di particolari che non si saldano mai. 
Di legami che sembrano di fantasia 
e invece esistono, sono lì, sotto un sottile strato di polvere, 
pronti a essere svelati.
L'arma più potente che resta 
è il coraggio di mettere un punto interrogativo in fondo a una frase 
e pretendere una risposta che abbia senso"

Patrick Fogli e Ferruccio Pinotti, "Non voglio il silenzio. Il romanzo delle stragi", Piemme, 2011.

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