giovedì 12 marzo 2020

EPPUR NON VEDIAMO... 

"La nozione di 
<<punto cieco>>, 
o <<blind spot>>, 
è semplicemente uno strumento di riflessione, 
nel nostro gergo lo chiamo <<a digging tool>>,
uno strumento per scavare. [...] L'idea mi è venuta quando eravamo ancora alle medie. Si parlava in classe della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino emanata al tempo della Rivoluzione francese. Un alunno aveva chiesto se vi fossero incluse le donne; e, in tal caso, come spiegare che avessero ottenuto il diritto di voto in Francia solo all'indomani della seconda guerra mondiale? Il professore aveva risposto che a dire il vero esse non erano incluse in quella affermazione di uguaglianza davanti alla legge, ma che non si poteva concludere che si fosse deciso scientemente di escluderle. Quell'aspetto della realtà, ci aveva detto, era semplicemente inconcepibile, <<invisibile>>, per gli uomini di quel tempo. 
La questione mi aveva intrigato, e quando ho cominciato a interessarmi più da vicino alla futurologia, ho capito quanto fosse fondamentale ricordarsi sempre che in ogni epoca gli uomini si rivelano incapaci di vedere certe cose. 
Naturalmente anche nella nostra stessa epoca. 
Vediamo cose che i nostri antenati non vedevano; 
ma c'erano cose che essi vedevano e che noi non vediamo più; 
e ci sono soprattutto innumerevoli cose che i nostri discendenti vedranno e che noi non vediamo ancora, dato che abbiamo anche noi i nostri <<punti ciechi>>. 
Un esempio fra cento altri, per illustrare la mia idea: l'inquinamento. Dall'inizio della rivoluzione industriale, si è stati totalmente incapaci di capire che la presenza di fabbriche nelle vicinanze degli agglomerati urbani poteva costituire un grave rischio per la salute; c'erano altre preoccupazioni, altre priorità. E' solo da una quarantina d'anni che il problema è entrato nel nostro campo visivo.
Un altro esempio è l'idea che le risorse del mare non sono infinite, che potrebbero esaurirsi e che è necessario preservarle. Solo alcuni anni fa, una simile idea era <<invisibile>>, tranne per una piccolissima minoranza di <<visionari>>, per l'appunto, che non venivano quindi ascoltati dai loro contemporanei. 
[...] Alla fine del semestre, avevo posto agli studenti una sola domanda, che doveva essere il tema della loro memoria. L'avevo formulata pressappoco così: 
Tutte le epoche hanno i loro punti ciechi, la nostra non fa eccezione. 
Ci sono aspetti della realtà che siamo incapaci di vedere ed è inevitabile che ciascuno di noi, fra qualche anno, pensi: 
<<Come ho fatto a non vederlo?>>. 
Vi chiedo per l'appunto di proiettarvi nel futuro e di parlarmi di un <<blind spot>> che ci riesce estremamente difficile vedere oggi, 
e che, fra trent'anni, 
ci apparirà evidente.
Le risposte degli studenti non erano prive di interesse; una diceva che le prossime generazioni si indigneranno sicuramente nell'apprendere che nella nostra epoca milioni di animali venivano massacrati nei macelli e che la maggior parte dei nostri simili trovavano la cosa perfettamente normale... una visione troppo ottimistica, credo, dell'avvenire della nostra specie...
Comunque sia, il metodo ha sedotto alcuni dirigenti del nostro istituto. E' persino diventato un passaggio obbligato nei colloqui di reclutamento dei nuovi ricercatori. 
<<Mi dica, Kim! Sono sicuro che qui, sotto il mio naso, c'è qualcosa di essenziale riguardante il futuro dell'Asia o dell'Europa o del petrolio o del nucleare ecc. e che non riesco a vedere. Potrebbe dirmi che cos'è?>>.
Impossibile rispondere seduta stante, bisogna necessariamente spremersi le meningi per proiettarsi al di là di ciò che siamo capaci di vedere alla prima occhiata. Di qui l'espressione <<digging tool>>, strumento per scavare..."   

Amin Maalouf, "I disorientati", Bompiani, 2013
(titolo originale "Les désorientés"
letteralmente così come tradotto nell'edizione italiana, 2012).

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