Antonino Scopelliti (1935-1991) |
"Ma dove sta la verità?
E' come una rocca situata in cima ad un monte e l'uomo non ha ali per raggiungerla.
Egli non può che aprirsi la strada a fatica, su per le pareti, e spesso si smarrisce e spesso si insanguina le mani.
Ciò che lo guida, ciò che lo conforta e lo sorregge, è la bellezza di quella meta che gli risplende da lontano"
Antonino Scopelliti, "Il libro più importante della mia vita" (ovvero "Le Confessioni" di S. Agostino), scritto pubblicato sulla rivista “Gli Oratori del Giorno”, dicembre 1988.
"Una Magistratura povera, socialmente isolata, politicamente invisa.
Una magistratura alla quale si riserva il pomposo privilegio della <<priorità>> solo nei comunicati conclusivi di incontri fra Governo e Associazioni Magistrati. Comunicati sinistramente destinati a drappeggiare le tombe. Comunicati beffardi dal momento che subito dopo si ricomincia da zero.
Riprendono, con la cadenza di sempre, i tentativi più o meno ambigui di mettere sotto controllo l'autonomia dell'Ordine Giudiziario e le campagne volte a mettere l'intero Paese contro la Magistratura [...].
Si moltiplicano i ritardi, le imprevidenze e le incurie.
I disservizi ed i saldi passivi diventano intollerabili.
I giudici, sempre più demotivati, abbandonano la prima linea e, confinati in un ruolo periferico, diventano l'anello più debole della catena istituzionale, il bersaglio più facile ed indifeso.
Una logica perversa sembra guidare l'atteggiamento politico dominante nei confronti della magistratura.
Con colpevoli omissioni si favoriscono tutte le difficoltà e le tentazioni per poi accusarla di inefficienza ed errori; si gioca al ribasso con la giustizia per renderla invisa ai cittadini, si costringono i magistrati, lasciandoli soli, ad impegnarsi ed esporsi in prima persona nelle indagini più difficili e scottanti per poi accusarli di protagonismo.
Viene da chiedersi se la classe politica non voglia liberarsi del controllore più scomodo, non solo ingabbiandone i poteri ma soprattutto facendolo apparire all'opinione pubblica come il vero responsabile di ogni disservizio.
Non è un caso, forse, che la segreteria del P.S.I. [guidata da Bettino Craxi, N.d.A.] chiede il 4 ottobre [del 1990, N.d.A.] che <<siano assunti con procedura di urgenza almeno mille magistrati>> ed il Vice Presidente del Consiglio [il socialista Claudio Martelli, N.d.A.] - mostrando memoria corta - esordisce il 7 ottobre [di quello stesso 1990, N.d.A.] chiarendo che i magistrati italiani non sono affatto pochi, ed ammonendo che il vero problema è che i giudici frequentano poco gli uffici e godono di troppe vacanze.
Evviva! Adesso, e finalmente, sappiamo che i mali della giustizia, sui quali si discute da oltre 40 anni, non sono poi tanto... oscuri"
Antonino Scopelliti, "Si ricomincia da zero", l'ultimo articolo (rimasto inedito fino al 2002, quando è stato pubblicato nel volume "Parole efficaci. Scritti e interventi pubblici di Antonio Scopelliti"), autunno 1990.
Antonino Scopelliti |
"Se si procede contro amministratori infedeli, impudenti speculatori, conclamati ladri di Stato, squallidi corrotti e corruttori, non si esita di affermare che i giudici si propongono di sostituirsi al governo e comunque di impedire al governo di governare e all'amministrazione di amministrare.
Uomini politici di rango non si fanno scrupolo di chiamare pazzi e dissennati magistrati noti per equilibrio e riserbo; giornalisti alla moda scrivono di magistrati che, come pallide controfigure, agiscono per conto ed in nome di potenti uomini di governo"
Antonino Scopelliti, "Difesa dei giudici", 1987.
"Il giudice è oggi ancora più solo perchè sono cronaca quotidiana gli attacchi personali, le pesanti insinuazioni sulla sua correttezza, le accuse di strumentalizzare i processi per seguire questa o quella fazione politica.
Non c'è ormai inchiesta di rilievo che non scateni contro il giudice che se ne occupa campagne denigratorie e processi sommari [...].
Il giudice sempre più solo quindi, solo perchè la causa quando è vissuta dall'interno, parla il suo linguaggio intraducibile [...].
Talvolta la parola più preziosa è nelle pieghe di una deposizione.
Talvolta la verità è in un silenzio, in un borbottio, in uno sguardo.
Ogni processo è un processo di liberazione della verità dal magma delle apparenze.
Il giudice lo compie in solitudine.
Il giudice quindi è solo, solo con le menzogne cui ha creduto, le verità che gli sono sfuggite, solo con la fede cui si è spesso aggrappato come un naufrago, solo con il pianto di un innocente e con la perfidia e la protervia dei malvagi.
Ma il buon giudice, nella sua solitudine, deve essere libero, onesto e coraggioso"
Antonino Scopelliti, "La giustizia. Solo con fede", scritto pubblicato sulla rivista “Gli Oratori del Giorno”, aprile 1988.
Antonino Scopelliti |
"L’importante è avere la coscienza di fare il proprio dovere.
[…] Certo, la paura... Anche l’eroe ha paura. Si possono fare dei
grossi discorsi, dei grossi proclami, il rifiutare la paura…, ma per me rimangono
soltanto parole. L’uomo fisiologicamente ha paura e deve aver paura, svolgendo
la sua attività. Ovviamente deve anche pensare che [...] deve fare il proprio dovere. Quindi questi momenti di
angoscia, di paura ci sono, e questi ci sono per tutti. Si tratta di superarli
nel migliore dei modi.
[Io ho coscienza di aver fatto sempre il mio dovere, N.d.A.], certamente avrò sbagliato.
[…] Penso che qualunque giudice […] a un certo punto s’accorga
che la strada percorsa non è quella giusta, la cambi. Deve cambiarla. In fondo
credo che il buon giudice è quello che lavora in assoluta umiltà, pronto ad ascoltare
gli altri. Perché gli altri, quando parlano, possono dire sempre delle cose che
il giudice non ha visto. Ed è importante che il giudice s’accorga che quelle
cose che non ha visto andavano riviste. […] penso che questo atto di umiltà è
un atto di estrema cultura, di estrema responsabilità.
[…] La ricompensa più stupenda che il magistrato possa avere: trovare
il suo imputato che lo saluta e che si avvicina e gli dice qualcosa. Ecco, il
magistrato è un povero, non ha soddisfazione di nessun genere, vive oggi una
vita piena di pericoli. Non è popolare e quindi gode, vive la sua
missione di questi fatti tipicamente umani e commoventi: trovare il suo
imputato che lo saluta. […] Questo è il più grosso privilegio del quale io mi
sento destinatario"
Antonino Scopelliti, intervista rilasciata a Maurizio Costanzo nella trasmissione televisiva "Bontà loro", puntata del 13 marzo 1978.
"L'ultimo delitto eccellente - l'uccisione di Antonino Scopelliti - è stato realizzato, come da copione, nella torbida estate meridionale cosicchè, distratti dalle incombenti ferie di Ferragosto e dalla concomitanza di altri gravi eventi, quasi non vi abbiamo fatto caso [l'omicidio del magistrato calabrese è avvenuto il 9 agosto 1991, N.d.A.].
Unico dato certo è la eliminazione di un magistrato universalmente apprezzato per le sue qualità umane, la sua capacità professionale e il suo impegno civile. Ma ciò ormai non sembra far più notizia, quasi che nel nostro Paese sia normale per un magistrato - e probabilmente lo è - essere ucciso esclusivamente per aver fatto il proprio dovere"
Giovanni Falcone, editoriale pubblicato su "La Stampa" del 17 agosto 1991 e intitolato "Perchè Scopelliti? Mafia, i nuovi bersagli".
Antonino Scopelliti |
Antonino Scopelliti è morto e continuerà ad esserlo se noi non ne facciamo vivere le passioni e gli ideali nelle nostre piccole e grandi esperienze.
Sfrattiamo dalle nostre menti l'indifferenza.
Scacciamo l'ignavia dai nostri cuori.
Impegniamoci, dunque!
Facciamo vivere Antonino attraverso le nostre azioni, le nostre parole e i nostri pensieri quotidiani.
Dimostriamo concretamente e senza ipocrisie che lui vive - davvero - con noi e dentro di noi.
Facciamone memoria piena, autentica, pratica.
Evitiamo di mettere in atto la solita, stucchevole, retorica messa in scena utile solo a farci credere - illusi - che la nostra coscienza sia a posto.
Come oggi è il giorno in cui un bimbo di nome Antonio è sbocciato alla vita, così il testamento morale che questi ci ha lasciato sbocci nella mente e nel cuore di ognuno di noi.
Già, perchè adesso tocca a noi.
Soltanto a noi.
Soltanto a noi.
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