lunedì 5 gennaio 2015

NON FARSI MAI GLI AFFARI PROPRI...
... ed IRRIDERE IL POTERE,
CON NOMI(GNOLI) E COGNOMI

Peppino Impastato (1948-1978)

"La morte di Giuseppe Impastato è il tragico epilogo di una vicenda che presenta anche dolorosi risvolti umani per l'insanabile contrasto che opponeva, con effetti laceranti per l'intero nucleo familiare, lo stesso Giuseppe al padre. Luigi Impastato [...] era infatti pienamente inserito nei circuiti mafiosi locali, in forza dei suoi rapporti di conoscenza, di abituale frequentazione, e di personale amicizia (oltre a vincoli di parentela o affinità) con diversi personaggi legati a Cosa Nostra o accreditati addirittura di ruoli di spicco nell'ambito di quell'organizzazione criminale (da Cesare Manzella, suo cognato, e ritenuto il capo mafia di Cinisi fino al momento della sua morte, avvenuta per l'esplosione di un'auto-bomba, a Gaetano Badalamenti). Ed è emerso come egli osteggiasse le concezioni e scelte di vita che ponevano il figlio Giuseppe su di una sponda opposta: quella cioè di un impegno civile e di una militanza politica incentrata sul tema della lotta alla mafia, e che non risparmiava strali e accuse pubblicamente rivolte a parenti, conoscenti e amici personali del padre. Un contrasto, peraltro, che rende ancora più toccante la disperata testimonianza d'affetto che si ricava da alcune frasi attribuite allo stesso Luigi da una cugina americana (Bartolotta Felicia, intesa Vincenzina) cui egli avrebbe esternato, in occasione di un viaggio per far visita ad alcuni parenti residenti negli Stati Uniti, tutta la sua angoscia e preoccupazione per la sorte del figlio, insieme al fermo proposito di difenderlo anche a costo della propria vita.
Il delitto Impastato è stato anche un caso politico: per la personalità della vittima, che era un attivo militante di estrema sinistra nonchè candidato alle elezioni [indette il 14 maggio del 1978, N.d.A.] per il rinnovo del consiglio comunale di Cinisi per il partito di Democrazia Proletaria [...].
E' stato ed è anche un caso non scevro da co-implicazioni istituzionali, come dimostra il fatto stesso che sia stata istruita un'apposita indagine parlamentare, per la necessità di far luce su inspiegabili ritardi e vistose omissioni e lacune nella conduzione delle indagini (almeno sino alla formalizzazione dell'istruttoria) ed il tremendo sospetto, insinuatosi via via che nuovi elementi di conoscenza e spezzoni di verità affioravano a corroborare l'ipotesi del delitto di stampo mafioso, che i probabili responsabili possano aver goduto di coperture o connivenze omertose o atteggiamenti altrimenti compiacenti all'interno delle forze dell'ordine e degli apparati dello Stato preposti alle indagini.
[...] non deve stupire che l'etichetta di militante dell'estrema sinistra, nonchè proveniente dalle fila di Lotta Continua, ricavata dalle informazioni assunte in loco nei riguardi del giovane Impastato, si prestasse ad essere utilizzato come elemento unificante di una serie di elementi indiziari che sembravano convergere a delineare l'ipotesi che egli fosse rimasto vittima di un attentato terroristico da lui stesso ordito e messo in atto.
In realtà, le informazioni raccolte già nei primi giorni di indagine sul conto della personalità, del tenore e dei contenuti dell'impegno politico dell'Impastato [...] ne fornivano un'immagine addirittura antitetica rispetto agli stereotipi del militante del partito armato qual era già all'epoca consegnato dalle cronache giudiziarie [...].
Giuseppe Impastato non aveva alcun tratto in comune con la figura del terrorista che nasconde la sua vera identità o i suoi illeciti disegni dietro l'apparenza di un'anonima quotidianità, perfettamente integrato nel corpo sociale per tessere nell'ombra le sue trame di morte, sfuggendo all'attenzione e all'azione di contrasto e prevenzione delle forze di polizia.
Al contrario, egli professava apertamente le sue idee rivoluzionarie e, oltre ad essere l'elemento di punta del gruppo di giovani militanti di sinistra che si riconoscevano nelle posizioni e nei programmi del partito di Democrazia Proletaria [...] aveva assunto cariche di vertice, almeno in ambito locale, nelle formazioni politiche della sinistra c.d. extra parlamentare in cui aveva militato in precedenza, come risulta dalla documentazione che già all'epoca era in possesso dell'Arma (in particolare, era stato segretario delle sezioni di Cinisi e Terrasini della "Unione Comunisti Italiani Marxista-Leninista"; e nel 1976 era stato il candidato di Lotta Continua nella lista per le elezioni regionali presentata da Democrazia Proletaria, riportando peraltro in quella competizione elettorale un brillante successo personale [ottiene circa 350 preferenze, risultando il più votato della sua lista, a Cinisi, N.d.A.])".
Insomma, Peppino Impastato era completamente "estraneo a qualsiasi forma di violenza - ed in particolare alla violenza come strumento di lotta politica - e quindi alieno dal compiere atti terroristici [...]".
Dal "percorso morale e intellettuale dell'Impastato [...] emerge, invero, più che un giudizio politico di disapprovazione, addirittura un personale ed interiore disgusto per la piega assunta dalle vicende della lotta politica a partite proprio dal 1977:
<<Ricordo molto bene che, quel giorno, [il 13 febbraio 1977, vigilia di una manifestazione studentesca, N.d.A.] trascrissi su una parete del circolo una famosa canzone del '68 in cui si parla di compagni e compagne, di operai e studenti e di facce sorridenti.
In quel gesto, volevo esprimere il mio desiderio di tornare a vivere e sorridere come nel '68 e fino a tutto il '76.
Si trattava solo di una pietosa aspirazione e ne avevo piena coscienza>>.
Ora è piuttosto evidente, nelle frasi sopra riportate, il disagio e il rimpianto per come, nei nuovi scenari delineatisi tra la fine del 1976 e i primi mesi del '77, fossero andati smarriti il senso e la dimensione di giocosa vitalità che si poteva ancora respirare appunto <<fino a tutto il 1976>>: e i nuovi scenari politici sono quelli segnati dalla recrudescenza del terrorismo, in cui all'iniziale folclore contestatario [...] si mescola e sovrappone il plumbeo nichilismo estetizzante dei seguaci della lotta armata.
Non è facile, in verità, rinvenire manifestazioni altrettanto convinte e convincenti di un'accorata ed interiore presa di distanze dalla psicologia criminale del terrorismo brigatista [...].
Giuseppe Impastato [...] vive la politica come una passione ed un impegno quotidiani che lo spingono a produrre e confrontare idee ed iniziative socializzanti. Del repertorio politico utilizza tutti gli strumenti tradizionali, dal volantinaggio, alla partecipazione a dibattiti ed assemblee, alla diffusione di opuscoli e ciclostilati; alla vendita di quotidiani e periodici a scopo di autofinanziamento, ai comizi; e vi associa anche strumenti più prossimi alle nuove forme di creatività individuale e collettiva: mostre e spettacoli in piazza, interviste e programmi radiofonici.
La stessa scelta della satira, sempre come strumento di lotta politica, è rivelatrice, al contempo, di una sincera vocazione libertaria e di un impegno politico concepito e mirato a scuotere le coscienze e stimolare la critica e il confronto delle idee.
[...] Nel complesso, può dirsi acclarato che egli poneva al centro del suo impegno e del suo modo di far politica un capillare lavoro di contro-informazione, mirato a sensibilizzare le coscienze sui temi del ripristino della legalità attraverso l'incessante denunzia di speculazioni illecite e collusioni politico mafiose, e ad incitare alla ribellione contro il potere mafioso, ma anche ad aggregare consensi intorno ad obiettivi concreti di interesse comune e di forte impegno civile.
Il problema, che si trascinava da più di dieci anni, dell'insabbiamento del porto di Terrasini, fonte di rendita sicura per le ditte appaltatrici dei relativi ed eterni lavori di sbancamento e oggetto, da ultimo, di un faraonico stanziamento pari a un miliardo e duecento milioni (dell'epoca);
il disinteresse dell'amministrazione comunale per le condizioni fatiscenti dell'edificio che ospitava la scuola comunale di Terrasini;
i prezzi esorbitanti imposti dalle ditte locali, facenti capo a personaggi ben identificati, per le forniture alle imprese impegnate nei lavori di costruzione della vicina autostrada per Mazara del Vallo (<<un metro cubo di bitume costa un milione solo nel comune di Mafiopoli>>);
lo scandalo delle assunzioni facili di centinaia di (presunti) invalidi civili al Comune di Cinisi;
la spartizione tra i vari gruppi politici degli scrutatori reclutati per i vari seggi elettorali in occasione delle imminenti elezioni comunali;
il malcontento dei commercianti locali per la mancata o insufficiente valorizzazione delle risorse turistiche a fronte della creazione di vere e proprie isole del turismo organizzato, come il villaggio-comunità <<Città del Mare>>, a pochi chilometri da Terrasini;
gli intrallazzi e le speculazioni intuibili sullo sfondo di alcuni discussi e controversi progetti di riassetto urbanistico o di ristrutturazione edilizia (come il progetto di ampliamento del cimitero comunale; l'appalto per i lavori di restauro del palazzo municipale, il cui costo sarebbe lievitato a 54 milioni e 479 mila lire, a fronte di un preventivo stimato per circa la metà; l'ampliamento della zona destinata ad attrezzature sportive; il progetto di realizzazione di una strada panoramica tra Punta Raisi e Isola delle Femmine, praticamente a ridosso della battigia);
alcune puntate [di "Onda Pazza", il programma satirico ideato e condotto da Peppino Impastato e trasmesso da Radio Aut, N.d.A.] quasi esclusivamente dedicate alle più recenti riunioni del Consiglio Comunale di Cinisi in cui era in discussione l'approvazione del nuovo piano regolatore (e si dà conto al riguardo di malumori e dissensi che serpeggiavano all'interno dei gruppi rappresentativi della sinistra storica, paventandosi una cementificazione selvaggia della circostante zona litoranea);
la denunzia e la polemica, particolarmente ricorrenti nelle ultime puntate del programma, concernenti alcune speculazioni edilizie cui erano interessati personaggi vicini a Gaetano Badalamenti, ribattezzato <<gran capo Tano seduto>>, in spregio al suo onore e alla sua fama di boss incontrastato di Cinisi (e segnatamente, l'approvazione del progetto relativo al Camping Z10, e il progetto, già approvato dalla Commissione Edilizia, per la costruzione di un palazzo di cinque piani nel centro urbano di Cinisi, in violazione di limiti legali di altezza e cubatura: progetto presentato dal costruttore Giuseppe Finazzo, indicato come socio in affari o addirittura prestanome del boss Badalamenti):
questo è solo un sintetico campionario dei temi e degli argomenti trattati - per lo più attraverso una rappresentazione parodistica di vicende e personaggi che nulla toglie alla loro serietà e al contenuto di denunzia rigorosamente documentata - nelle puntate del programma Onda Pazza [trasmissione radiofonica di satira politica, diffusa dai microfoni di Radio Aut, N.d.A.], ideato e condotto da Giuseppe Impastato. Ma su tutti campeggia, al di là dei toni e contenuti satirici, l'amarezza e lo sdegno per lo stato di sudditanza di un'intera comunità descritta come ostaggio del potere mafioso che impone il proprio ordine, incarnato nella subalternità ai voleri e agli interessi di Don Tano (<<Per Don Tanu non esistono ostacoli>>; <<Non si muoverà foglia senza il nostro consenso... Se Tanu non voglia>>) a suon di lupara, e cioè con la sopraffazione e la forza dell'intimidazione (<<...alcuni nostri argomenti li hanno regolarmente dissuasi>>: e sullo sfondo si ode un rumore di spari, a proposito del modo in cui Don Percialino, nomignolo affibbiato al Finazzo, avrebbe soffocato le voci di dissenso circa l'approvazione del progetto di costruzione del palazzo di cinque piani); ma grazie anche all'arrendevole condiscendenza di amministratori e politici imbelli o collusi (<<Don Tano Seduto, nostro padre ispiratore>>).
E Gaetano Badalamenti è a sua volta indicato come il garante di un ordine costituito che, in cambio dell'assoluta subalternità ai suoi voleri, assicura che non ci siano morti ammazzati, dispensa favori e procura o favorisce lucrosi affari, si presenta come patrono e ispiratore di accordi proficui tra gruppi politici, amministratori locali e imprenditori. Ma è anche accusato di arricchirsi con il traffico della droga e di progettare, per un traffico con paesi oltre-oceano, l'apertura di nuovi canali, utilizzando come base logistica uno dei complessi turistici in via di realizzazione, qual era appunto il Camping Z10 (che nella rappresentazione parodistica di Onda Pazza è ribattezzato con una sigla non molto diversa, e cioè Z11, sponsorizzato, a dire dell'Impastato, dal Badalamenti attraverso suoi prestanome o fiduciari: <<...Potremo sistemare le nostre veloci canoe che porteranno al di là del mare la sabbia bianca, le nostre canoe cariche di eroi...che merci>>; <<...potremo fumare in pace il calumet con tabacco...bianco come la neve. Veramente, lo faremo fumare agli altri il calumet della pace, il tabacco bianco>>).
[...] Nell'ultimo comizio, tenuto la domenica del 7 maggio '78, Giuseppe Impastato aveva ancora una volta reiterato pubblicamente le sue denunzie su una serie di speculazioni affaristico-mafiose. [...] L'ultimo comizio era stato corredato da una mostra fotografica sul tema <<Mafia e Territorio>>, che illustrava la devastazione del territorio circostante e del vicino litorale, frutto di speculazioni selvagge e di asserite collusioni tra imprenditori rampanti ed amministratori corrotti, con il suggello di esponenti mafiosi che venivano espressamente menzionati.
[...] Nella sua toccante testimonianza raccolta nel libro intervista <<La mafia in casa mia>> [pubblicato nel 1986, N.d.A.], Felicia Bartolotta [la madre di Peppino Impastato, N.d.A.] ricorda che proprio i discorsi di Peppino sulla e contro la mafia, oltre che causa di crescente preoccupazione da parte sua e di suo marito [Luigi Impastato, N.d.A.], erano stati all'origine dei contrasti esplosi tra padre e figlio. In pratica, Luigi Impastato non condivideva affatto le idee politiche di Peppino, ma poteva ancora tollerare che fosse comunista; quello che gli riusciva intollerabile era la sua avversione e i pubblici attacchi ad un ambiente che era sempre stato anche il suo e a personaggi cui era ancora legato (cfr. pag. 35: <<Lui glielo diceva in faccia a suo padre: mi fanno schifo, ribrezzo, non li sopporto. Così diceva a me: non li sopporto, no. L'ingiustizia, fanno abusi, si approfittano di tutti, al Municipio comandano loro>>). Per due volte Giuseppe fu cacciato fuori di casa dal padre - nel senso che questi gli intimò di non mettere più piede a casa sua [...] - e tutte e due le volte a seguito di litigi causati dal fatto che Giuseppe <<parlava contro la mafia>>.
[...] un'ulteriore considerazione sul ruolo e sul tipo di azione politica esercitati da Giuseppe Impastato all'interno del gruppo di giovani militanti di D.P. e del Collettivo di Radio Aut: egli non solo era, in pratica, il vero artefice e ispiratore di un'incessante campagna di denuncia contro il malaffare e le <<speculazioni edilizie e mafiose>>; ma con tutta probabilità era anche il più scrupoloso nella ricerca dei dati e delle informazioni a corredo delle sue pubbliche denunce, nonchè, conseguentemente, l'unico in possesso di tali dati e a conoscenza di particolari e retroscena, sulle vicende e sugli illeciti intrecci oggetto di quelle denunce, che restavano ignoti ai più, compresi i suoi stessi compagni di partito".
Peppino non "si limitava ad accusare Gaetano Badalamenti: al contrario, accusava la mafia di Cinisi, facendo nomi e cognomi di personaggi che ben conosceva perchè amici del padre. Al riguardo, in uno dei passaggi più significativi delle dichiarazioni rese in merito alla vicenda Impastato, e al movente dell'omicidio, il collaboratore Di Carlo Francesco, riferendo quanto confidatogli da Nino Badalamenti, rammenta che il giovane <<accusava la mafia di Cinisi, dice, essendo che lui conosceva tutti i singoli persone e amici del padre, non si limitava nemmeno verso i parenti o verso quelli intimi amici di suo padre, accusava direttamente con nomi e cognomi a tutti i nostri amici, dice, un ragazzo pazzo>> (cfr. verbale di interrogatorio del 13.02.97).
[...] Ora, le risultanze processuali [...] forniscono una prova piena e autonoma dell'intensità e continuità di quell'impegno da parte della vittima [cioè Peppino Impastato, N.d.A.]; della gravità e concretezza delle accuse pubblicamente rivolte ad amministratori e a noti esponenti della mafia locale; e della graffiante incisività della campagna denigratoria condotta in particolare ai danni di Gaetano Badalamenti.
[...] accusare pubblicamente un uomo d'onore, della statura e del ruolo di cui era accreditato Gaetano Badalamenti all'epoca del fatto, di essersi arricchito illecitamente, con loschi affari e speculazioni edilizie ai danni della comunità locale; di essere divenuto un trafficante di morte, per avere avviato un lucroso traffico di droga; di manovrare come burattini imprenditori locali e pubblici amministratori; e tutto ciò, facendosi al contempo beffe di lui e mettendone in ridicolo attributi e rituali del suo potere, nonchè, cosa ancora più grave, ignorando i ripetuti avvertimenti e moniti a desistere: è una delle offese più brucianti che gli si potessero arrecare, perchè equivaleva ad appannare la sua immagine pubblica di garante dell'ordine e della sicurezza dei cittadini, (congiunta ad aspettative di proficui affari) e sfidare la sua autorità irridendola, e ciò dinanzi a tutta la comunità che doveva averne soggezione.
La satira ha sempre avuto, almeno nelle intenzioni di chi la fa, effetti corrosivi nei confronti di qualsiasi forma di potere costituito. E così è, quando non sia mirata a mettere alla berlina vizi privati e umane debolezze del potente di turno, al solo scopo di suscitare nel pubblico a cui si rivolge un sorriso di indulgenza o di complicità.
Non era certamente questo il caso del programma satirico <<Onda pazza>>, ideato e condotto da Peppino Impastato dai microfoni di Radio Aut: in esso si ritrovano, senza alcuna pretesa di attingere i livelli di una vera prova d'arte, gli ingredienti tipici di un genere letterario di tutto rispetto, quello appunto della satira politica e di costume. Un genere che utilizza qualsiasi mezzo espressivo per affondare i suoi colpi e urlare le sue verità, senza rispettare alcuna regola nè limiti precostituiti. Neppure quelle del buon gusto. E che non esita a servirsi del turpiloquio o peggio di un linguaggio blasfemo, perchè vuole provocare reazioni forti, anche di disgusto, se questo può servire a scuotere le coscienze e a dare risalto ad un messaggio di critica estrema e di rifiuto del velo di ipocrita e compunto perbenismo. Un atteggiamento dietro cui talora si celano, nella concezione eticizzante che è propria dell'autore satirico, non solo vizi privati e umane debolezze, ma, ben protetti dall'ignavia dei più, fini proibiti e verità inconfessabili, intrecciati ad interessi illeciti e pratiche di corruttela, soprusi quotidiani e prevaricazioni ai danni dei più deboli.
Sono queste alcune delle verità urlate, nella sequela di turpiloqui e gags demenziali, o parodie improvvisate in Onda Pazza su di un solido canovaccio intriso di dati e riferimenti precisi a fatti e circostanze della vita politica, economica e istituzionale del piccolo centro costiero di Cinisi.
[...] Il ricorso alla satira con rinnovato impegno proprio nelle ultime settimane di campagna elettorale è frutto ed al contempo è rivelatore di una scelta tanto sagace quanto coraggiosa da parte di Peppino Impastato: e non è certo sintomo di scarso spessore culturale o di superficialità del suo modo di intendere e di praticare l'impegno politico.
Se, come detto, la satira è o ambisce ad essere corrosiva per qualunque forma di potere costituito, allora lo è anche nei confronti del potere mafioso. Anzi, nei confronti di questo, essa diventa un'autentica minaccia quando sia messa in atto all'interno del suo stesso dominio territoriale e da parte di chi non solo vi risiede, ma, per tradizione familiare, dovrebbe esserne fedele suddito. Intanto, perchè rappresenta di per sè un simbolo vivente e potenzialmente contagioso di una ribellione irriverente e perciò stesso liberata dal giogo della paura e della soggezione omertosa. E poi perchè corrode una delle basi su cui poggia la capacità che il potere mafioso ha sempre manifestato di radicarsi e auto-propagarsi nelle contrade siciliane che ne sono storicamente avvinte. Esso tende infatti ad ammantarsi di un'aura di sacralità - corroborata dai suoi rituali iniziatici, dal suo arrogarsi un diritto di vita e di morte da amministrare in conformità ad un suo preteso codice d'onore, dalla segretezza delle sue vicende interne, o, più prosaicamente, dei suoi affari illeciti - che, unitamente all'effetto di intimidazione che si sprigiona da una sorta di tendenziale monopolio organizzato della violenza privata, alimenta la soggezione e la connivenza omertose di larghi strati della popolazione. E, al contempo, giustifica la pretesa a fregiarsi di un rispetto ed un ossequio diffusi, anche nelle forme e nei modi esteriori.
Dileggiare a viso aperto i più autorevoli esponenti di questo potere e quanti, all'interno delle Istituzioni o nella sfera delle attività economico-imprenditoriali, colludano con loro; metterne in ridicolo pose, atteggiamenti e pretese non già per suscitare indulgenza e bonaria comprensione, ma per smascherare la vera natura criminale di quel potere, rivelandone il sostrato di meschinità e prepotenza, l'illiceità dei veri interessi perseguiti, la nocività delle sue mire, rispetto al bene della collettività. Tutto ciò, in un piccolo centro ad alta densità mafiosa, assume i connotati di un comportamento quasi blasfemo, che esige una punizione esemplare, a pena di guasti irreparabili all'immagine e alla credibilità dell'organizzazione mafiosa e di chi ne amministra le fortune.
Ma, da parte di chi pone in essere un simile comportamento, esso diventa un atto di sfida aperta e di incitamento a liberarsi da ogni soggezione o timore reverenziale nei riguardi del potere mafioso e dei suoi corifei.
Il ricorso alla satira può poi rivelarsi, in certi contesti, un formidabile strumento di comunicazione e di lotta politica, perchè sfrutta l'efficacia caustica e insieme accattivante del riso.
Far riflettere, divertendo, sui temi più seri o su realtà drammatiche; propalare, con la complicità di una risata irriverente, le verità più scomode; denunziare malaffare e corruzione senza assumere toni moraleggianti, nè indulgere in giudizi stereotipati di generica condanna, ma calando l'impegno di denunzia all'interno di parodie e gags che, nello strappare il sorriso anche a pavidi e benpensanti, arriva con più immediatezza e freschezza alla coscienza di chi abbia anche solo la curiosità di ascoltare: ciò può significare rompere gli schemi logori e verbosi del tradizionale linguaggio della politica militante.
Nel caso di Peppino Impastato, la satira è il mezzo più congeniale per scuotere il torpore e l'apparente quiete di un piccolo centro di provincia in cui non erano mai successi, se non in anni lontani, episodi di sangue [...], salvo scatenarsi un autentico inferno dal 1981 in poi.
Attraverso le puntate del programma trasmesso da Radio Aut, egli irrompe nelle case dei suoi compaesani con onde travolgenti di comicità simil-demenziale: un'onda pazza, come recita appunto il titolo del programma, in cui la follia si fa veicolo di amare riflessioni e coraggiose denunzie, a stento dissimulate tra lazzi e sberleffi.
E non v'è dubbio che il riso, nell'allentare i freni inibitori e i meccanismi di auto-censura, possiede questa attitudine alla trasgressione, e a mettere in discussione regole di condotta e convenzioni sociali ma anche gerarchie consolidate e assetti di potere. Esso aiuta ad abbattere le barriere della paura e della diffidenza; a superare le distanze culturali o quelle create dal pregiudizio sociale o ideologico; stempera avversioni e sentimenti di preconcetta ostilità, predisponendo piuttosto ad una maggiore comprensione delle diversità altrui; fa assaporare, almeno per un istante, la gioia di condividere con altri un momento di serenità e di evasione dal dolore e dalla fatica, o anche dalla noia del vivere quotidiano.
Ora, riuscire a fare della denunzia del malaffare e dell'inquinamento mafioso materia di scherno e di divertimento collettivo significa proporre un efficace antidoto contro la piaga dell'omertà e costituisce un buon viatico per articolare un'azione concreta di lotta e di contrasto alla criminalità mafiosa, che muova e punti a un profondo rinnovamento della coscienza di quanti ne siano ancora succubi e conniventi. Ciò, almeno, quando la satira così concepita provenga da chi abbia tutte le carte in regola per esserne un credibile antagonista, e non un giullare o un guitto di periferia.
E al riguardo, non va dimenticato che la satira di Onda Pazza fu soltanto uno degli strumenti attuativi della battaglia politica e di contro-informazione che l'Impastato andava conducendo da anni. I riferimenti circostanziati ai fatti salienti della cronaca politica locale, e l'estrema precisione delle informazioni e dei dati sciorinati pur tra una gag o una battuta e l'altra, attestano il rigoroso sforzo di documentazione e di approfondimento conoscitivo delle vicende della vita politica e amministrativa dei piccoli e contigui centri di Cinisi e Terrasini: sforzo profuso a sostegno della sua appassionata militanza politica. E la dicono lunga sull'impulso e sull'efficacia che, dall'interno del Consiglio comunale di Cinisi, egli avrebbe potuto imprimere, in caso di elezione alla carica di consigliere comunale, all'azione di controllo e di vigilanza sulla correttezza e sulla trasparenza di decisioni e prassi amministrative, soprattutto in materia di appalti e gestione della spesa pubblica, e di tutela del territorio contro il dilagare della speculazione edilizia.
Quest'ultima considerazione avvalora l'ipotesi che l'omicidio, al di là del perseguito intento di infliggere una punizione esemplare, avesse anche una concreta finalità preventiva.
Infatti, i contenuti e i bersagli della battaglia politica di Giuseppe Impastato arrecavano un concreto pregiudizio all'intera famiglia mafiosa di Cinisi e non configuravano solo un intollerabile offesa personale al suo capo indiscusso, poichè le accuse e le denunzie (mirate) di cui si nutriva andavano a colpire l'intreccio di affari e interessi illeciti che legavano il potere mafioso ad amministratori pubblici e ambienti o personaggi dell'imprenditoria locale: intreccio di cui Gaetano Badalamenti si faceva patrono e garante.
[...] In realtà, la dissacrante satira che pure aveva come suo ricorrente bersaglio, tra gli altri, il boss di Cinisi, e cioè Gaetano Badalamenti, e che nei mesi precedenti alla sua morte (e fino a pochi giorni prima) l'Impastato aveva diffuso dai microfoni di Radio Aut, era, come detto, solo uno degli strumenti attuativi di una ben più complessa e seria campagna di contro-informazione e di denunzia che, nel contesto di un rigoroso e appassionato impegno politico, lo stesso Impastato da anni conduceva per sensibilizzare l'opinione pubblica ai temi del ripristino della legalità nella gestione della cosa pubblica, e della tutela del territorio; e per smascherare e denunziare collusioni politico-affaristiche e illeciti intrecci tra amministratori locali e potere mafioso, con particolare riguardo al settore della speculazione edilizia e alla gestione degli appalti.
Le sue denunce - propalate dai microfoni di Radio Aut ma anche attraverso mostre, comizi in piazza, interviste alla radio, articoli di stampa e diffusione di volantini - erano mirate e ben documentate nell'individuare personaggi e affari che alimentavano o potevano alimentare una rete di corruttela che, tra complicità e connivenze o mera ignavia di pubblici amministratori distratti, finiva per attraversare, secondo il suo severo giudizio politico, tutte le forze e i gruppi politici rappresentati nel Consiglio Comunale di Cinisi non meno che di Terrasini.
[...] Su tutti [gli argomenti trattati o toccati da Peppino, N.d.A.] spicca comunque un costante apostolato contro l'inquinamento prodotto dalla prepotenza mafiosa, di cui accusava, facendo nomi e cognomi (come si è visto) capi e gregari, ma anche amministratori pubblici compiacenti e imprenditori collusi.
Nè si può obiettare che quelle denunzie fossero pretestuose o frutto di tendenziose mistificazioni politico-ideologiche. Almeno di alcune di esse deve invece riconoscersi che colpivano nel segno. [...] tutto si può dire di Peppino Impastato, fuor che attribuire a farneticazioni di un esagitato o a montature propagandistiche le sue ricorrenti polemiche e le pubbliche iniziative di denuncia contro le speculazioni e gli abusi edilizi in territorio di Cinisi.
[...] Sul piano logico è quindi del tutto coerente e congruo che l'interesse a far tacere per sempre la voce di un così irriducibile oppositore trascendesse la persona del Badalamenti, chiamando in causa appunto l'intero gruppo mafioso da lui capeggiato. Nè si trattava solo di lavare un'onta, perchè le imminenti elezioni comunali, e la possibilità che Giuseppe Impastato fosse eletto, rendevano più che concreto il pericolo che egli riuscisse a portare la sua battaglia all'interno del Consiglio comunale e a conquistare nuovi consensi alla sua instancabile opera di denunzia e contro-informazione"

Corte di Assise di Palermo, sentenza pronunciata il 5 marzo 2001 (motivazioni rese note un anno dopo, l'11 marzo 2002), con la quale l'imputato Vito Palazzolo (sotto-capo della famiglia mafiosa di Cinisi, quindi braccio destro di Gaetano Badalamenti) è stato giudicato colpevole di omicidio premeditato ai danni di Peppino Impastato (in qualità di ideatore e mandante) e perciò condannato a 30 anni di reclusione e ad almeno 3 anni di libertà vigilata dopo l'espiazione della pena.
Palazzolo è morto l'11 dicembre 2001, all'età di 84 anni. Quando è stato ammazzato, Peppino ne aveva 30.
Gaetano Badalamenti è stato invece condannato all'ergastolo dalla Corte di Assise di Palermo (sentenza pronunciata l'11 aprile 2002; motivazioni depositate il 26 novembre successivo) sempre per omicidio premeditato ai danni di Peppino Impastato, sempre in qualità di ideatore e mandante.
Badalamenti è morto il 29 aprile 2004, all'età di 80 anni. Quando è stato ammazzato, Peppino ne aveva 30.




"E una grande manifestazione popolare il cui significato si individua in due punti essenziali: condanna aperta della attuale classe dirigente per l’inefficienza ormai lungamente dimostrata nel risolvere i problemi più urgenti e vitali dell’isola; ferma volontà di rompere con un mondo, con una maniera di condurre la cosa pubblica, tutte cose che puzzano di marcio"

Peppino Impastato, "La marcia della protesta e della speranza", articolo pubblicato su "L’Idea Socialista" (giornale ciclostilato nato nel 1965 per opera di alcuni giovani vicini al Psiup), 1967.




Peppino Impastato
"Al di là di ogni considerazione di carattere politico complessivo, cioè di linea, riteniamo che l’esperienza della partecipazione del PCI alla giunta del comune di Cinisi sia stata fallimentare e che il comportamento del consigliere comunista, attualmente vice sindaco, sia stato e continui ad essere impacciato, incerto, indecifrabile sotto certi aspetti e perciò stesso oggettivamente aperto a qualsiasi interpretazione, non esclusa quella, demagogica e di comodo, di una collusione con il gruppo dirigente DC che nello scacchiere politico locale, come su quello nazionale, si pone come un’associazione di tipo mafioso non solo e non tanto per la convergenza di mafia e di clientele parassitarie che è riuscito a suscitare e ad aggregare attorno a sé, quanto per il modo stesso, banditesco e truffaldino di concepire ed esercitare il potere nella amministrazione della cosa pubblica.
[…]
Concludiamo senza alcun commento, convinti che siano questi fatti che parlano chiaramente in favore di una decisa e chiara presa di posizione da parte del PCI per il suo ritorno all’opposizione, in sintonia con la sua originaria e persistente ispirazione di partito operaio che si è sempre battuto contro la mafia e la DC che ne incarna lo spirito e ne guida la mano"

Peppino Impastato, "Sulla partecipazione del Pci alla giunta comunale di Cinisi", articolo pubblicato dal "Quotidiano dei lavoratori", aprile 1978.




"Il quadro politico è di facile immaginazione. Una D.C. tra le più clientelari e vigliacche, un PSDI con le clientele in avanzato stato di decomposizione, una <<sinistra storica>> molto debole e permeabile a penetrazioni clientelari di ogni tipo, completamente subalterna, sia sul piano politico che su quello ideologico alla D.C. e ai suoi <<protettori>>.
E la mafia, (a Cinisi opera uno dei nuclei più organizzati e feroci), che ha assunto dimensioni industriali e si muove in una direzione su uno stato di controllo-integrazione col quadro politico: un fenomeno relativamente nuovo che ha coinciso con l’inserimento del PCI nell'area della maggioranza prima, (fine ’72) e nella giunta poi. Con ciò non intendiamo sostenere che il PCI sia stato veicolo di penetrazione, ma molto più semplicemente che non ha mai fatto niente per ostacolare questo processo e sottolineare al tempo stesso la sua assoluta subalternità alla D.C. In Sicilia il compromesso storico, con buona pace di Occhetto, se lo si vuol fare lo si fa con la mafia.
[…]
C’è stato un momento in cui sembrava affermarsi la decisione di non presentarsi alle elezioni e di puntare a un minimo di ristrutturazione interna funzionale alla ripresa del lavoro politico e all'ulteriore sviluppo e articolazione del nostro lavoro di controinformazione (da un anno abbiamo messo in piedi una struttura radiofonica), ma l’approvazione del dibattito e l’insistenza di molti compagni hanno spostato sulla scelta di presentarci alle elezioni per i motivi che elenchiamo:

1) Negli ultimi anni, se non altro sul terreno della controinformazione, siamo stati l’unica forza di opposizione alle varie maggioranze che si sono susseguite al Comune (siamo riusciti a bloccare alcuni progetti speculativi con evidenti interessi di mafia);
2) Siamo stati l’unico polo di aggregazione a livello giovanile, e questo da dieci anni, sia sul terreno politico che su quello culturale;
3) Sul terreno della difesa della democrazia e dei diritti civili siamo stati e siamo la sola forza della sinistra che abbia prodotto informazione, lotta ed aggregazione;
4) Tutte le lotte operaie e proletarie di questi dieci anni hanno sempre visto nostri compagni in prima fila, fino all'ultima, vincente, degli operai della centrale elettrica di Punta Raisi, per il posto di lavoro: il delegato sindacale è nostro candidato.

Partecipare alle elezioni, quindi, per portarvi dentro tutta la nostra esperienza e le nostre proposte di opposizione sociale e politica. Una lista aperta, di conseguenza, a tutte le istanze di movimento e di opposizione, una foto fedele della nostra storia. Una lista, la cui composizione parla da sé: quattro operai, due studenti, due insegnanti e quattro disoccupati, di cui due sono compagne del Collettivo Femminista"

Peppino Impastato, "Motivi di una scelta elettorale", articolo in parte pubblicato sul "Quotidiano dei lavoratori" in occasione della presentazione della lista per le elezioni comunali a Cinisi, aprile 1978.




Felicia Bartolotta Impastato, madre di Peppino 
"Non ci presentiamo a questa scadenza elettorale con un programma, almeno nel senso in cui comunemente viene inteso questo termine. Siamo una forza di opposizione e, sin da subito affermiamo la nostra indisponibilità a qualsiasi <<alleanza>> che non sia finalizzata a una battaglia di opposizione, e alla politica del piccolo cabotaggio. Abbiamo fortissima la convinzione, altresì, che una presenza di opposizione non possa esaurirsi sul terreno istituzionale e che la nostra presenza in Consiglio Comunale non sarà altro che un momento, peraltro secondario, dell’articolazione complessiva dell’opposizione sociale e politica a Cinisi.
Le nostre saranno, quindi, proposte minime per la costruzione di un movimento di opposizione, a partire dai bisogni dei proletari, delle masse giovanili e femminili, degli emarginati, dei non garantiti. Ma andiamo con ordine: 
l) Disoccupazione: Cinisi è un paese dove la piaga della disoccupazione ha avuto, almeno negli ultimi dieci almi, caratteristiche peculiari. La figura del disoccupato si è andata sempre più integrando con quella del lavoratore precario (tutti giovani tra i 16 e i 25 anni) che vive una condizione di allucinante circolarità tra emigrazione (fin quando era possibile), disoccupazione e brevissimi periodi di occupazione stagionale, uno o due mesi, nel settore dei servizi turistici (Città del Mare) e dei servizi aeroportuali, che assorbono una quota molto piccola di lavoratori.
La ristrutturazione interna dei due settori, che si è espressa in termini di aumento dei ritmi, cumulo delle mansioni e straordinari, ha assottigliato notevolmente le capacità occupazionali. La riduzione della base produttiva, il blocco delle assunzioni e il ricorso a contratti stagionali sempre più limitati ne sono state le conseguenze immediate. Basti pensare che <<Città del Mare>> ha ridotto il suo organico di svariate decine di unità negli ultimi tre anni e che a Punta Raisi si lavora con un sottorganico complessivo di circa cento unità, mentre la ventilata regionalizzazione dei servizi di terra mette in forse il posto di lavoro per molti altri lavoratori fissi e <<garantiti>>. E tutto questo nel silenzio, spinto fino alla complicità, dei revisionisti e dei vertici sindacali.
In campo femminile la situazione è ancora più allucinante, nel senso che la precarietà dell’occupazione femminile è ancora più drammatica. Le donne costituiscono, ancora una volta, la quota più debole e sono sempre più ricacciate nel ruolo di casalinghe, spose fedeli e madri, che la società patriarcale ha ritagliato per loro. Ma c’è di più: le donne, all’interno del lavoro precario, sono quelle che più di tutti gli altri subiscono la violenza del lavoro nero e sottopagato, in particolare nel settore dell’abbigliamento.
Sono presenti anche situazioni di <<fabbrica diffusa>>, sempre nel settore dell’abbigliamento, dove si produce per fabbriche del Nord o di Palermo che hanno già ristrutturato e licenziato"

Peppino Impastato, fogli manoscritti che forse avrebbero dovuto essere l’inizio di un documento programmatico, rimasto interrotto.




"Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.

Ahi, quanto a dir qual era è cosa dura
quella minchia selvaggia ed aspra e forte
che troneggiava in mezzo alla radura.

Riguardai con grande stupore
perchè vidi un paese abbandonato
da dove usciva fuori un gran fetore.

Mi volsi al mio maestro, il professore
D'Anna [consigliere comunale socialista e docente di
lettere, N.d.A.], e gli dissi: che è quel loco
così pieno di fogne e di furore?

Quello è Fa-rotta [Terrasini Favarotta, paese in cui
aveva sede Radio Aut, N.d.A.], loco disgraziato,
perchè ogni poveretto che ci vive
è struttu, ruttu e cu culu struppiatu!

Perchè, diss'io, questo loco è inumano?
Perchè da trentanni quasi tutti,
(diciamo i simpatizzanti),
votano sempre Democrazia Cristiana!

Democristiano, ah! ah! Che fa rima con ano.
Così si mosse in quel fioco lume
finchè arrivammo sulla riva di un fiume.

Quivi c'era Caronte Patricolo [Vincenzo Lo Piccolo,
massimo esponente della
marineria di Terrasini, N.d.A.],
il gran nocchiero dei marinai
che remava ma stava sempre al molo.

E ogni marinaio che ivi passava
infilava dei pesci nel suo corpo,
in bocca, in cul, dove gli capitava.

Gli dissi: perchè soffri questi guai?
Perchè adesso son fottuto
da quelli che fottei, dai marinai.

Sopra di lui ci stava Camillino [Giuseppe Camilleri,
consigliere comunale del Pci, forse aspirante
gestore di una pizzeria, N.d.A.]
con la bandiera dei liberali
e la falce e martello nel taschino.

Lo inseguiva il dentista Palazzolo [consigliere comunale
del Pli e odontotecnico, N.d.A.]
che cercando di togliergli l'insegna
dicea: Talè! Va fatti u pizzaiolo!

E l'Orlando furioso [Vittorio Emanuele Orlando,
consigliere comunale Dc e creatore di un locale
chiamato "L'Orlando furioso", N.d.A.]
con la spada in mano
gridava per andare a Cala Rossa [sito marino di cui
Orlando era concessionario, N.d.A.]: non si passa.
Non vi farò passar dalla mia strada.

E menava fendenti a dritta e a manca
su Camillino che con gran dispetto
dicea: va là, che non sei stato eletto.

E ancor non mi ero manco mosso
quando vidi Alfio Claudio [Claudio Catalfio,
consigliere comunale Dc e
sindaco di Terrasini, N.d.A.], il gran sindaco,
che alla catena rosicchiava un osso.

E allora gli dissi: Claudio, ecco ti basta
quell'osso, tu che con i forchettoni
mangiavi sempre carne, pesce e pasta.

E l'osso piangeva ancora eppur parlava.
Allor gli chiesi: chi sei? Su, vieni qui!
Egli mi disse: son Pino Zizì [Pino Bommarito,
consigliere comunale del Psi, N.d.A.].
Zizì, zazà.

Capii davanti a quell'orrenda vista
che trattavasi della Democrazia Cristiana
che si mangiava il Partito socialista.

Immantinente appresi da quei pianti
che quella era la cerchia dei mangioni
e ce n'erano tanti, tanti, tanti!

Procedemmo ed arrivammo in piazza
quando vidi un negozio con un tale
che rosicchiava pane e ramurazza [ravanello, N.d.A.].

Ricordati di me che son Ruffino
[il proprietario cinicense di un negozio per
bambini a Terrasini, N.d.A.].
Cinsi mi fe', disfecemi Fa-rotta
dove vendo cosucce da bambino.

(rumore d'acqua) Eh sì, è il bambino che piscia.

All'improvviso, con fetor di stalle
lessi vicino a radio T centrale [Radio Terrasini
Centrale, N.d.a.]
un cartello: <<Giron dei rompiballe>>.

E allora dissi: perchè è rompicoglione
quell'antenna? Perchè disturba sera e mattino
chi sta a guardare la televisione.

E che pena si soffre su quel muro?
io domandai al maestro. Ei mi rispose:
esser presi a pedate nel culo.

E più lontan me ne sarei perduto,
allorchè vidi l'ombra di colui
che fece per viltà il gran rifiuto.

Gli dissi: che ci fai tu in quella puzza
con sindacale veste condannato?
Ei mi disse sdegnoso: io son Favazza [sindaco e consigliere
comunale Dc, N.d.A.].

Favuzza fa rima con puzza. Ma come te l'haiu a diri?! Allora unn'hamu fattu niente!

Io son Favuzza,
non volli essere sindaco, oppure un ci 'a firavi
e son finito nel cerchio degli ignavi.

E più avanti vedrai il grand’onorevole
Pantofo [on. Pandolfo, amante di cavalli, N.d.A.]
che ha deciso l’abbandono,
senza però ottenere alcun perdono.


Infatti egli sta in piedi su una palla
e mentre di dietro un cane lo addenta
è costretto a inculare una cavalla.

(si sente un cane abbaiare)

Sì, sì, per chi non lo sapesse si tratta della viva voce del cane dell’onorevole.
Ci siamo recati con una nostra troupe di tecnici a registrarla e a chiedere informazioni sul suo padrone che, a quanto pare, da molto tempo non si vede in giro. Perchè, a quanto si dice, ha abbandonato la vita pubblica e non sarà presente neppure alle prossime competizioni elettorali: per fare largo ai giovani (almeno così ci ha detto il suo cane). Però, ascoltate, qualcun altro insinua qualcosa di diverso... [...] A quanto pare, lui ha rinunciato alla politica per amore del suo cavallo; o meglio, della sua cavalla. [...] Ma c'è di più, le indiscrezioni sono tante. Si dice che l'onorevole sia talmente legato alla sua cavalla - si tratta di una cavalla bianca - che addorittura è entrato in paranoia di gelosia e ha licenziato il suo armigero palafreniere e stalliere Ninni Carozzo [Antonino Caruso, stalliere dell'on. Pandolfo, N.d.A.]. In quanto temeva, aveva una paura folle... Eh sì, a quanto pare lo ha licenziato perchè geloso della sua cavalla. Ninni Carozzo si è indignato e gli ha mandato a dire le cose che stiamo per ascoltare (si sente Patty Pravo in <<Non ti bastavo più>>). Ah, Ninni, Ninni, comu t'arriducisti!


Scendemmo ancora per un altro lato
dove c'eran color che nella bocca
puzzano per i culi che han leccato.

Ed era pien di gente 'sto girone.
Avanti a tutti c'era il Cardinale
[Ino Cardinale, esponente Dc della
corrente di Salvo Lima, N.d.A.]
e lo seguiva Pirito Barone
[Bommarito, detto Piri Barone,
segretario locale della Dc, N.d.A.].

E il mio maestro: volgiti, che fai?
Vedi là Maniàci
[vicesindaco di Cinisi del Pci, N.d.A.]
che s’è desto,
dalla cintola in su tutto il vedrai.


O tu che di Mafiopoli sei il vice,
gli dissi, che ci fai in questo loco?
Lasciami stare, triste egli mi dice,

qui son dannato a soffrire di tifo,
tentai di spostare il campo sportivo
e tutti ora mi dicono: che schifo!

Così arrivammo al centro di Mafiopoli,
la turrita città piena di gente
che fa per profession l’ingannapopoli.

Vedemmo il presidente Pintorino
[Leonardo Cintorino, fondatore di Radio Cinisi, N.d.A.],
di radio Cinci illustre animatore,
gridare: son fallito, son meschino!

Son dannato a tenere dentro l'ano
il microfono che pria tenevo in mano.

E c'era don Peppino Percialino
[Giuseppe Finazzo, prestanome del boss Badalamenti
e proprietario di una cava di pietrisco o <<perciale>>, N.d.A.],
artista d'intrallazzi e di montagna (per le sue cave)
(s'ode lo scroscio d'un cesso).
No, no non è lui, no non pisciava, non pisciava.

E c’era don Peppino Percialino,
artista d’intrallazzi e di montagna,
che annusava un po' di cocaina.

Sì, di cocaina, al naso. Sniffava, si dice sniffava, sì! (di nuovo rumore di cesso). No, non pisciava, non cacava: sniffava! Non cacava! ...Ma qui grugnisce! ...C'è stata un'interferenza. Non so se sniffava, non so se pisciava o cacava, non si sa se grugniva o sparava, comunque prodeciamo...  

E c’era don Peppino Percialino,
artista d’intrallazzi e di montagna,
che annusava un po' di cocaina.


Gridava: sono sempre un galantuomo,
amico degli amici e di Pantofo;
presiedo una congrega: l'Ecce Homo. 


E sempre don Peppino Percialino che diceva: e adesso nel mio cul tengo un carciofo.


Immantinente appresi e fui sicuro
che questo era il posto più dannato
perchè c'era un fetore pieno e scuro.

Galleggiavano stronzi freschi di peti
nel gran porcile addetto a sacrestia:
eran papi, cardinal, vescovi e preti.

E c'era tanta merda di maiale,
dove vidi un buon padre Cacamano
[padre Cusumano, arciprete di Cinisi, N.d.A.]
che s'inculava un parroco [ovvero padre Raffaele Speciale,
arciprete di Terrasini, N.d.A.].

Mentre un diavolo li infilzava sul davanti
dicendo: guai a voi anime prave,
crepate preti con le vostre amanti.

Ci scrollammo la puzza dalla pelle
e scappammo a cercare aria pura
quindi tornammo a riveder le stelle"

Peppino Impastato e la redazione di Radio Aut, "La Cretina Commedia", da "Onda Pazza" (programma satirico ideato e condotto dallo stesso Impastato e trasmesso da Radio Aut), puntata del 3 marzo 1978 (il testo pubblicato è quello della parodia dell'Inferno dantesco. Nella trasmissione radiofonica esso è intervallato da musiche e interventi vari, qui non riportati).





"Alle cinque della sera, eran le cinque in punto della sera... un bambino portò il lenzuolo bianco alle cinque della sera, il resto era morte e solo morte alle cinque della sera. 
Sì, ma alle cinque della sera, in Mafiopoli, si riuniva la Commissione edilizia.
Ascoltiamo l'inno nazionale di Mafiopoli (si odono gorgoglii, rumori di piscio e di scarichi d'acqua nel cesso)... Abbiamo ascoltato l'inno nazionale di Mafiopoli.
Eh, sì, siamo nei paraggi del Maficipio di Mafiopoli. Esattamente del municipio di Mafiopoli. E' riunita la Commissione edilizia. All'ordine del giorno l'approvazione del progetto Z11. Il grande capo Tano Seduto s'aggira come uno sparviero nella piazza. Sì, la Commissione edilizia è riunita. S'aspetta il verdetto.
Ed ecco tutti i grandi capi delle grandi famiglie indiane, tutti qua: c'è Mano Cusuta, o Cusuta-mano [Cusumano, imprenditore locale. <<Cusuta>> in siciliano significa <<cucita>>, N.d.A.], poi c'è Quarara Calante [Caldara, imprenditore e simpatizzante fascista. <<Quarara>> in siciliano significa <<pentola>>, N.d.A.], eccolo là col suo bel pennacchio. C'è anche l'esploratore, il Pari [Pino Lipari, geometra dell'Anas, figlioccio di Sarino Badalamenti, noto mafioso, sposato con una cugina di Peppino Impastato, N.d.A.],... deve essere un pari d'Inghilterra... E infine, a presiedere questa seduta, veramente in tutta la sua maestosità...
C'è il grande capo, anzi due grandi capi: Tano Seduto e Geronimo Stefanini [Gero Di Stefano, sindaco di Cinisi, N.d.A.], sindaco di Mafiopoli... I membri della Commissione discutono... C'è qualche divergenza, ma sono fondamentalmente d'accordo. Sì, si stanno mettendo d'accordo nell'approvare il progetto Z11.
Ancora qualche minuto e il momento culminante, pochi minuti... e verrà effettuato...Che cosa verrà effettuato?
Fratelli, il momento è grave e solenne. La nostra riserva indiana è stata finalmente aggiudicata... (si odono spari e urla di indiani). Ci è stato riservato quel territorio [...]. Su quel territorio piazzeremo le nostre tende. [...] Là staremo armati, con le nostre armi; e nessuno vi metterà più piede.
Parola di Tano Seduto, grande capo.
[...] Fratelli, la terra è nostra. Eccola là, [...].
S'è conclusa la riunione della Commissione edilizia di Mafiopoli. Il progetto Z11 è stato approvato.
I grandi capi delle grandi famiglie ringraziano. Ancora una volta eccoli là in rassegna. 
[...] E infine...
Infine i grandi capi: Geronimo Stefanini e Tano Seduto; e soprattutto, a sovrastare su tutti, a sovrastare tutti, 6 miliardi concessi dalla Cassa per la Mezzanotte.
[...] Sì, è uno dei due grandi capi, il sindaco di Mafiopoli, Geronimo Stefanini, uno degli artefici dell'approvazione del progetto Z11. Sta firmando il patto in questo modo, assieme al grande capo Tano Seduto.
Firmano il patto mescolando insieme il loro sangue e le loro urine.
E la loro merda...Ecco, ancora, il sindaco Geronimo Stefanini e il grande capo Tano Seduto che lanciano segnali di fumo. Sì, segnali di pace, le nuvolette, nuvole discontinue [...]. Segnali di fumo in direzione del vice capo, di uno dei vice capi: Franco Ma-nesci, responsabile della sinistra avanzata di Mafiopoli. Gli comunicano che il progetto Z11 è passato e che lui l'ha presa regolarmente nel culo...
Ahi, ahi, ahi,...
(grugniti di maiale) No, la colpa non è del maiale; è solo sua.
[...]
Il progetto Z11, a integrazione della nostra trasmissione, diremo che consiste nella richiesta della concessione da parte di un gruppo di gente di Mafiopoli d'un territorio che sta al di là della torre dell'Orsa Maggiore e l'aeroporto: dove saranno sistemati, per questa compagnia di allegri indiani non metropolitani ma agrari, dei bungalow e dei seminterrati.
E' un momento molto difficile, un momento molto molto duro; ma il progetto Z11 è passato!
Per don Tano..., per don Tano non esistono ostacoli... Il progetto Z11 è passato (spari).
Sì, avremo una terra anche per noi, miei prodi. Tutta nostra. Eccola là, col mare che luccica; eccola là, con le onde che lambiscono dolcemente la riva... su quelli che erano i resti gloriosi del Molinaccio.
Sarà tutto sotto controllo, non si muoverà foglia senza il nostro consenso.
Avremo coperte, viveri...
Da mangiare, armi...
Da sfamarci, da vestirci, e non si muoverà foglia senza il nostro consenso. Senza che Tano lo voglia.
E soprattutto avremo a disposizione i vostri culi. Parola di Tano Seduto, grande capo di Mafiopoli (spari)... E ci sarà un porticciolo, bellissimo, già in costruzione, dove approderanno tutte le nostre puttane, tutte le puttane dei nostri amici; e da dove le nostre merci potranno partire indisturbate, da dove i nostri commerci si potranno sviluppare all'infinito.
Ci saranno barche, yacht, velieri...
E ci saranno soprattutto 6 miliardi nelle nostre tasche: 6 miliardi concessi dalla Cassa per la Mezzanotte...
Potremo sistemare le nostre veloci canoe che porteranno al di là del mare... la sabbia bianca...
Le nostre canoe cariche di eroiche, ero...iche, ero...ine...
Potremo fumare in pace il calumet, con tabacco...
Tabacco bianco come la neve. Veramente lo faremo fumare agli altri, col tabacco bianco, il calumet della pace... "

Peppino Impastato e la redazione di Radio Aut, "Western a Mafiopoli" da "Onda Pazza" (programma satirico ideato e condotto dallo stesso Impastato e trasmesso da Radio Aut), puntata del 7 aprile 1978 (qui la prima parte; qui la seconda).




"Siamo in casa di don Peppino Percialino [Giuseppe Finazzo, prestanome del boss Badalamenti e proprietario di una cava di pietrisco o <<perciale>>, N.d.A.], per una grande festa... Procediamo con delle interviste.
Io sono io, sparo perciale da tutti i buchi: dalla bocca, dal culo e dappertutto. Sparo perciale a tutta forza!
Gli argomenti ci sono.
Perciale soprattutto per i preti, per i <<parrineddi>> [<<Parrineddu>> era il soprannome di Finazzo, N.d.A.].
Mi voleva domandare qualcosa, lei?
Vediamo un po'. Volevo farle un'intervista, caro don Peppino, per sapere qualcosa a proposito dell'approvazione del suo palazzo a 5 piani che sarà fabbricato in quel di Mafiopoli. Com'è nato, questo progetto? Come mai s'è deciso così tardi?
(spari) Ha sentito un'altra volta i miei argomenti?! Innanzitutto volevo precisare che il mio palazzo a 5 piani (e di questo non si parli subito, ma dopo le elezioni. Perchè, sa, gli amici impegnati in politica non mi hanno raccomandato altro, eh), il mio palazzo sarà costruito in corso Luciano Liggio. In omaggio al nostro grandissimo dirigente, al nostro grandissimo teorico e ispiratore ideologico: il quale, venendo qui a Palermo per essere processato (ma un uomo come lui dovrebbe, piuttosto, essere santificato), ha sentito l'esigenza di dire e dichiarare alla stampa che lui è venuto per salutare amici e parenti. E tra gli amici ci sono pure io. E c'è pure Tano Seduto, il grande capo. Dunque lei mi chiedeva... ho dimenticato la domanda... Me la ripeta, per favore.
Le ho chiesto perchè mai questo progetto ha avuto un parto così faticoso.
Ha avuto un parto faticoso perchè ci sono sempre gli intrusi, gli infami che non si fanno i cazzi propri e vanno a rompere la minchia alla buona gente, la gente che lavora e vive dei propri sacrifici. Comunque alcuni nostri argomenti li hanno regolarmente dissuasi (spari). Ecco, li sente gli argomenti?
Don Peppino, è acqua passata, adesso è la sua festa. Se la goda!
Io sono un inviato dell'<<Express>> di Parigi. Mi dica, sindaco, è vero che don Peppino ha costruito negli anni passati, a lei e al suo compagno di partito Faro l'Africano [politico locale, N.d.A.], cancelli, cancellate e strade di campagna per un valore di 3 milioni?
Tutte dicerie, tutte malelingue! Lei sta insinuando troppo (spari).
Il sindaco è in amico. Solo lui poteva metterci la buona parola per i miei 240 metri di costruzione, con una cubatura di 3.000 metri: più del doppio di quanto consentito dalla legge"

Peppino Impastato e la redazione di Radio Aut, "Western a Mafiopoli", da "Onda Pazza" (programma satirico ideato e condotto dallo stesso Impastato e trasmesso da Radio Aut), puntata del 7 aprile 1978.





"C'era una volta, tanto, tanto tempo fa, in un paese lontano, lontano, lontano...
C'era Mafiopoli, un paese tranquillo dove c'erano tanti amici e tutti erano amici. Amici di qua, amici di là... E allora, in questo paese, c'era un Consiglio comunale che doveva uscire perchè aveva fatto contenti tanti, tanti amici ed era arrivato il momento che ci dovevano essere le elezioni, in questo paese, Mafiopoli, così tranquillo.
[...] E venne il giorno che furono presentate le liste elettorali per il nuovo Consiglio comunale, perchè quello che c'era prima doveva uscire. Così si sono presentati...Chi si è presentato?
Si sono mobilitati gli amici, gli amici degli amici e gli amici degli amici degli amici, gli amici degli amici degli amici degli amici e poi ancora gli amici degli amici degli amici degli amici degli amici.
Amici, amici...
E fu così che furono presentate le liste elettorali. Il primo posto venne conquistato dalla lista della sinistra avanzata...
Rivoluzionaria...
No! Sinistra avanzata.
Reazionaria?
No, sinistra avanzata ma non troppo. Anzi poco. Pci, lista capeggiata dal vice sindaco uscente decadente Franco Ma-nesci.
Quello che era già stato inculato precedentemente... La seconda lista è quella dei fascisti, che sono sempre presenti e mai assenti.
Capeggiata dal consigliere decadente geometra Duce...
Mal-tese...
Duce.
Maltese, ducetto, dolcetto.
Ducese, allora. Sì, il geometra Ducese. Al terzo posto fu presentata la lista repubblicana capeggiata da Totò Cacamano [Salvatore Cusumano, capitano di marina, N.d.A.].
E chi abbiamo al quarto posto? Allora, al quarto posto abbiamo quattro scalmanati, quattro ragazzini ambiziosi e orgogliosi che vogliono risolvere i problemi. Ma che cosa debbono risolvere?
Quattro scalmanati che rompono le palle, continuamente le palle.
Quel gruppo cattivo...
Che non si fanno i cazzi propri.
Sarebbe stato meglio che rimanevano a casa, al loro posto, senza immischiarsi.
Che debbono continuamente occuparsi dei cazzi degli amici, degli amici, degli amici degli amici... Quattro scalmanati che non si fanno i cazzi propri!
Poi abbiamo, abbiamo...
Abbiamo, al quinto posto,...dotti, medici e sapienti. Ma non ci sono soltanto i dotti, i medici e i sapienti: ci sono anche gli uomini di provata fede e le donne di provata fede, di fede provatissima, cattoliche integerrime, osservanti e praticanti. [...] Loro pregano sempre, in nomine patris et filii et spiritui sancti, sicut in coelo et in terra, amen. Eh sì, e quante monache, quante monache, un fottìo di monache. Sono tutti con noi. Pregano tutti, sì, pregano sempre, pregano, pregano, pregano. E poi, e poi, e poi ci sono gli amici, dicevo. Pregano anche loro per la vittoria della Dc. Pregano anche loro! Pater noster qui es in coelis, sanctificetur nomen tuum, sicut in coelo et in terra... Pater noster e pregano tutti, eh sì, pregano, loro pregano sempre, pregano, pregano, e poi e poi ci sono gli amici, dicevo, pregano anche loro per la vittoria della Dc... don Tano, don Tano che è un uomo di grande fede, di fede immensa, un uomo che crede fino in fondo nella divinità, che crede fino in fondo nei santi, che crede fino in fondo nella pace divina, nella pace eterna. Don Tano che ha dato 2 milioni per festeggiare la Santa del Faro, 2 milioni. La festa l'ha pagata tutta, tutta lui, don Tano che non è mai un malo cristiano: è sempre stato un santo cristiano. Don Tano, don Tano che prega... 
Don Tano sta pregando (spari)...
Per la vittoria della Dc.
Affinchè la Dc possa avere la posizione migliore a queste elezioni, affinchè tutta la cittadinanza si converta alla Dc, affinchè tutti si pieghino e gli diano anche il culo... O fratelli, fratelli, dateci una mano... don Tano Seduto è commosso: in questo momento sta recitando un atto di dolore per tutti i peccati che ha commesso, affinchè venga perdonato dalla santa Dc e dal popolo fratello di Mafiopoli... Fratelli, adesso sono puro, sono un puro adesso... Sì, sono un puro adesso... Il mio atto di dolore è segno che sono ritornato sulla retta via, che sto pregando per voi. Sì, tutti i miei sacrifici sono per voi. Cosa mi rimane? Un pugno di mosche. Cosa mi rimane se non l'ambizione, l'orgoglio?! I miei vecchi argomenti (spari)... non sono più in me!
Votate Dc. Sì, ma a Mafiopoli è primavera: è primavera elettorale. Le margheritine abbondano, le rose sorridono, i fiori impazzano.
Oh, che atmosfera!
Ma al di là della stagione, al di là della primavera ci sono gli uomini di tutte e per tutte le stagioni, a Mafiopoli"      

Peppino Impastato
"[...] raccontiamoli [i mafiosi, N.d.A.] per quello che sono, parliamone nudi e con la testa bassa. Giochiamoli sulle loro sconfitte, sulla fallibilità possibile di un sistema che perde. Portiamo in scena il loro essere osceni. Ne facciamo uno spettacolo teatrale che li disonori. Come un licenziamento per la moglie, come uno sfratto da una casa popolare che non gli spetta, come un campo confiscato ricoltivato. [...] disonorarli è una questione d'onore.
[...] il furto [compiuto dalle mafie, N.d.A.] meno raccontato e combattuto è stato quello della parola: dell'esercizio libero di pensiero e di parola. Eppure la storia di questo Paese ci ha insegnato quanto la parola sia un'arma che rende le mafie comicamente inoffensive e resistibili in questo campo. La battaglia della parola contro le mafie [...] è il nervo scoperto degli <<uomini d'onore>> che nel corso degli anni hanno imparato benissimo a condizionare pezzi di politica, pezzi di informazione e pezzi di uomini di Legge, ma sono imbelli di fronte all'esercizio del pensiero, della bellezza e del raccontare.
<<Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene>> diceva il giudice Borsellino. La parola è un mitra senza proiettili che instilla germi; germi di consapevolezza, germi di coscienza, germi di libertà. Germi virulenti che provocano, con l'inesorabile lentezza della goccia, l'abbattimento di muri e la fecondazione di nuovi giardini. Le mafie sono porose: fingono di non saperlo, non lo dicono in giro, pregano il loro infernale dio perchè non si sappia in giro, ma hanno in mezzo al petto buchi che in decenni di storia non sono mai riusciti a chiudere. Se ci infili le parole in mezzo non possono fare a meno di portarsele in giro, le parole degli altri, ne escono appesantiti come ladri senza corsa, come guappi in calzamaglia in un pavimento di cristallo. Hanno vissuto sulla loro pelle la possibilità di comprarsi giudici, onorevoli, senatori, funzionari, sindaci, imprenditori, giornalisti, ma sanno bene che non sono mai riusciti a comprare la parola. Che si propaga di pancia in pancia, da faccia a faccia, tra cuore e cuore, occhio e occhio e diventa un pensiero, una ninna nanna recitata per tenerci tutti svegli. Gli <<uomini d'onore>> oggi hanno la prepotenza di un racket a trecentosessanta gradi: economico, politico, di gestione e soddisfazione dei bisogni, e culturale. Allora andiamo a riprendercele le parole [...]. Andiamo a rialzare le serrande della responsabilità della penna e del palco. [...] abbiamo votato un antiracket culturale. E bisognava partire per forza dalla risata e dall'onore. Per questo fiutando la risata in salsa mafiosa è normale finire a Cinisi [il paese di Peppino Impastato, N.d.A].
[...] Che lezione è stata lo sberleffo di Peppino Impastato che disonora la mafia?
Tra le centinaia di parole che le mafie oggi ci hanno scippato la più scottante è stata proprio <<onore>>. 
<<Onore>> nel vocabolario dell'onestà è un sentimento che abbraccia la stima, la reputazione, la percezione e l'identità di un individuo o di un popolo. Oggi gli <<uomini d'onore>> stanno tra i sinonimi della prepotenza e della prevaricazione: quella miscela di rispetto intimidito e comprato che permette di controllare il territorio schiacciandolo sotto la suola. [...] La risata di Peppino è stata la dimostrazione della mollezza dell'onore di polistirolo dei boss. Uomini da due soldi che si sono martellati una sagoma spaventosa ma di cartone [...].
Che lezione è stata lo sberleffo di Peppino Impastato che disonora la mafia?
Cinisi che ride al barbiere di <<Tano seduto Badalamenti>> è una città che inconsapevolmente si ribella. Proiettare Riina e Provenzano in tutta la loro umana mediocrità è una ribellione al racket di pensiero, una dichiarazione di dubbio per la favoletta di due ignoranti che da soli avrebbero tenuto sotto scacco per decenni un'intera nazione. 
Ridere di mafia è una ribellione incontrollabile.
Recuperare la lezione di Peppino significa avere lo sguardo alto senza mai volerlo o doverlo abbassare.
Essere l'ultimo degli indiani a difendere la tenda della dignità [...] in mezzo al deserto. 
Per noi. Per i nostri figli. Per i nostri nipoti.
Per un Paese che con la risata ha attraversato i secoli di sangue e oblio"

Giulio Cavalli, "Nomi, cognomi e infami", libro che raccoglie i monologhi dell'omonimo spettacolo teatrale, uscito in libreria il 13 ottobre 2010.




Peppino Impastato
"In un dialogo in catalano antico fra un contadino e un giullare che si lamentava per le angherie e le minacce subite di continuo ad opera di sconosciuti, il villano chiedeva al fabulatore: 
<<Ma di cosa ti minacciano?>>. 
Il giullare rispondeva: 
<<Addirittura di spaccarmi la testa>> e il villano commentava: 
<<Accidenti! Devi avere un gran cervello in quel cranio! E' quello che fa paura ai mascalzoni e ai tiranni. Vuol dire anche che sai far ridere delle loro angherie: la risata è l'atto più insopportabile per i potenti e i prepotenti. Hai tutta la mia ammirazione. Grazie>>. 
Così terminò il villano offrendo al giullare un calice di vino e la sua colazione"

Dario Fo, introduzione al libro "Nomi, cognomi e infami" di Giulio Cavalli (vedi sopra).




"Nell'ambito dell'inchiesta per l'assassinio di Impastato, come procuratore antimafia di Palermo volai due volte negli Usa per interrogare Tano Badalamenti, capomafia di Cinisi, mandante di quell'omicidio poi condannato all'ergastolo. Egli era detenuto negli Stati Uniti perchè doveva scontare quarantacinque anni di carcere per narcotraffico (la nota vicenda <<Pizza connection>>).
Mi trovai di fronte un uomo che ammetteva a malapena di essere nato e che avrebbe negato - potendo - persino il sorgere e il tramontare del sole. 
Sembrò scuotersi (pur sforzandosi di non darlo a vedere) soltanto quando una mia domanda gli ricordò che Peppino Impastato, con la sua radio, lo dileggiava pubblicamente chiamandolo <<Tano seduto>>: un'offesa intollerabile per un boss del suo calibro, intollerabile anche a distanza di molti anni, anche dopo aver ordinato l'assassinio del giovane che aveva osato tanto. 
Questo episodio è la chiara, ennesima riprova che i mafiosi non tollerano assolutamente che ci si occupi di loro senza <<rispetto>>, che si raccontino le loro malefatte nei precisi termini in cui sono avvenute, disvelando le nefandezze assortite che le motivano e le accompagnano.
Temono la parola, sempre: sia essa scritta, vocale o disegnata"

Gian Carlo Caselli, prefazione del libro "Vi aspettavo" a cura di Antonella Mascali, uscito in libreria l'8 maggio 2014.




Peppino Impastato è morto e continuerà ad esserlo se noi non ne facciamo vivere le passioni e gli ideali nelle nostre piccole e grandi esperienze.
Sfrattiamo dalle nostre menti l'indifferenza.
Scacciamo l'ignavia dai nostri cuori.
Impegniamoci, dunque!
Facciamo vivere Peppino attraverso le nostre azioni, le nostre parole e i nostri pensieri quotidiani.
Dimostriamo concretamente e senza ipocrisie che lui vive - davvero - con noi e dentro di noi.
Facciamone memoria piena, autentica, pratica.
Evitiamo di mettere in atto la solita, stucchevole, retorica messa in scena utile solo a farci credere - illusi - che la nostra coscienza sia a posto.
Come oggi è il giorno in cui un bimbo di nome Giuseppe è sbocciato alla vita, così il testamento morale che questi ci ha lasciato sbocci nella mente e nel cuore di ognuno di noi.
Già, perchè adesso tocca a noi.
Soltanto a noi.

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