In questi giorni si fa un gran parlare della morte di Loris Andrea Stival, il bambino di 8 anni per il cui omicidio si trova in carcere la giovanissima madre (sulla vicenda consiglio di leggere l'interessante commento di Alex Corlazzoli).
Si parla molto meno - se non per niente - di un'altra tragedia umana, che si svolge a nemmeno 20 km dal luogo in cui è stato ammazzato il piccolo Loris.
Pur essendo sotto gli occhi di tutti, l'omertà la fa da padrona e l'indifferenza è generale.
Forse perchè le vittime sono donne romene.
O forse perchè è in corso un'epidemia contagiosa di afonia.
Eppure la storia è di dominio pubblico almeno dal 29 giugno del 2011, quando nelle librerie è uscito il volume "Sparategli! Nuovi schiavi d'Italia", scritto dal giornalista Jacopo Storni:
"Porta in grembo un bimbo che pesa come un macigno e non vede l'ora di partorire. Per liberarsene, dopo nove mesi da incubo, al termine dei quali il neonato prenderà la strada dell'adozione.
Non c'è niente negli occhi di Mihaela che possa evocare la gioia di una futura madre. C'è soltanto il ricordo truculento di un abuso sessuale, unico lasciapassare per avere un lavoro e guadagnarsi da vivere.
E difficile far credere alla gente quello che accade a Vittoria (Ragusa), angolo meridionale della Sicilia ingabbiato in una morsa di degrado umano sconvolgente. Un luogo nel quale la società regredisce nel feudalesimo più grezzo, dove gli uomini si riscoprono belve e le donne diventano braccia agricole e strumenti di piacere sessuale.
[...]Come altri da queste parti, il suo è figlio di nessuno, erede di un'umanità arcaica dove le <<serve dell'agricoltura>>, soprattutto romene, allietano le serate dei propri datori di lavoro con una prestazione sessuale. Serve ad arrotondare la misera paga mensile, a instaurare una relazione di fiducia con quello che le braccianti, all'alba del XXI secolo, continuano a chiamare <<padrone>>.
Sono quasi sempre rapporti consenzienti, frutto però di una sudditanza psicologica e di drammatiche indigenze economiche. Rapporti clandestini, all'ombra di orti e casolari, frutta e desolazione.
E' una piaga sotterranea quella che striscia impercettibilmente nelle campagne del ragusano, affollate da distese di serre che rivestono di plastica centinaia di ettari, fecondi di ortaggi da destinare al mercato internazionale in qualsiasi periodo dell'anno.
I rapporti sessuali avvengono quasi sempre senza nessun tipo di protezione e spesso le romene rimangono incinta. In quel caso, si opta quasi sempre per l'aborto.
Ai consultori e agli ambulatori di Vittoria è un via vai ininterrotto di giovani incinta. Un'attesa tutt'altro che dolce, visto che le immigrate vogliono sbarazzarsi del nascituro prima che sia troppo tardi, prima cioè che si superi la soglia dei tre mesi, e l'aborto diventi illegale.
[...]
Implacabilmente, come se fosse addestrata alla sofferenza, [Mihaela, N.d.A.] ha chinato la testa e ha continuato a lavorare. Quotidianamente, senza fiatare. E senza guadagnare. Nonostante i mancati pagamenti, il datore di lavoro [un proprietario terriero della campagna vittoriana, N.d.A.] la riempiva di promesse: promesse di una vita migliore, promesse di un futuro sereno. Usava atteggiamenti affabulatori, densi di ambigua generosità. Mihaela, ridotta a vivere nell'indigenza, si lasciava illudere e ha finito per cedere alle insistenze dell'uomo. Ne sono nati rapporti sessuali, consenzienti sì, ma dove la ricattabilità economica e la violenza psicologica hanno giocato un ruolo fondamentale. Il risultato vive nella pancia di Mihaela, oggi ciondolante tra le accoglienti stanze della parrocchia dello Spirito Santo, dove padre Beniamino Sacco - instancabile prete di frontiera e ricettacolo delle ingiustizie di Vittoria - accoglie centinaia di migranti ogni anno.
[...]
<<E' stato il suo datore di lavoro a portarla da me. E' venuto in parrocchia e mi ha pregato di occuparmi di lei. Quando gli ho chiesto chi fosse il padre del bimbo, lui ha fatto spallucce, lasciando intendere la realtà dei fatti>>. <<Qui a Vittoria>> racconta don Beniamino, <<episodi come questi non sono l'eccezione>>. E' stato proprio il parroco, un paio d'anni fa, a denunciare per primo il fenomeno dei cosiddetti <<festini agricoli>>, <<serate in cui il datore di lavoro arrotonda il guadagno delle lavoratrici in cambio di una prestazione sessuale, che solitamente permettono di incrementare il salario quotidiano di dieci euro>>.
<<Il polpettone>> così padre Beniamino soprannomina i proprietari terrieri, <<trasforma le proprie contadine in oggetto di violenza: gli offre vitto, alloggio e stipendio, ma in cambio pretende che queste donne siano disposte a tutto>>.
[...]
E' difficile quantificare il fenomeno, ma secondo Beniamino Sacco <<potrebbe coinvolgere almeno un centinaio di lavoratrici ogni anno>>. Come suddetto, la maggior parte delle donne, anche per volere del datore di lavoro, decide di abortire. Contrariamente, ammontano a quasi una decina le donne che hanno tenuto il bambino e che, fino al parto, sono state assistite dai responsabili della parrocchia.
I <<festini agricoli>>si sono incrementati con l'arrivo delle immigrate romene, pochi anni fa. Le romene hanno soppiantato la concorrenza albanese e tunisina contribuendo all'abbassamento dei salari. Per una giornata lavorativa, lo stipendio si aggira sui 20-25 euro, mentre fino a qualche anno fa si poteva arrivare anche a 35. L'arrivo delle immigrate dell'Est, oltre a limitare le spese dei proprietari terrieri, ha comportato uno sgretolamento dell'architettura familiare vittoriana: <<Ci sono sempre più matrimoni in crisi>> dice don Beniamino. <<Tempo fa una signora venne da me disperata dicendo che il marito, con la scusa dell'esaurimento, si era ritirato nel proprio casolare in campagna da mesi. Storie come questa sono diventate una consuetudine ed è sempre più abituale vedere uomini vecchi a braccetto con giovani donne dell'Est, alcune ventenni. Le esibiscono con orgoglio, come se fossero un'altra loro proprietà>>. Poi però, <<se la ragazza rimane incinta, la costringono ad abortire>>.
Oltre ai <<festini>>, nella Sicilia meridionale si sta diffondendo sempre più massicciamente il fenomeno delle caporalesse, donne caporali che reclutano donne braccianti e le smistano nelle campagne. La giornata delle caporalesse inizia sul far dell'alba, quando passano a prelevare altre ragazze con pulmini o macchine che poi si dirigono alle molte serre.
Mihaela ha il cuore gonfio di rabbia. Prova soltanto odio per quello che, fino a pochi mesi fa, è stato il suo datore di lavoro. Come molti altri da queste parti, anche lui ha una moglie, oltre a due figli.
[...]
Sono a tutti note le precarie condizioni abitative di molti migranti sparsi per l'Italia, ma qui a Vittoria, più che altrove, esistono situazioni al limite dell'umano. Uomini e donne ridotti a larve, incastrati in anfratti di cemento in mezzo alla macchia, senza materassi, senz'acqua, talvolta senza neanche un tetto. E' il caso di una vecchia officina abbandonata a pochi passi dalla fatiscente stazione ferroviaria del paese e a pochi passi dal centro storico barocco.
[...]
Al suicidio ha pensato anche Giovanna, robusta signora romena [...]. Anche lei ha lavorato nei campi, anche lei ha subito le avances del suo datore di lavoro. Ha creduto a tutte le promesse che gli (sic) aveva fatto, se ne è innamorata, illudendosi di poter raggiungere una vita agiata con un principe azzurro italiano. Ma per lui è stato tutto un gioco, un modo per godere e sfruttare corpo e lavoro di una bracciante romena, una come tante altre. Lei è caduta in depressione. Oggi lavora come badante e dice: <<Guardando i film, ho sempre creduto che gli uomini italiani fossero più dolci e più passionali dei nostri uomini romeni, spesso aggressivi e prepotenti. Purtroppo ho scoperto che non è così, ho scoperto che anche voi uomini italiani siete prepotenti e vi approfittate di noi perchè siamo straniere>>".
Gli stessi fatti denunciati tre anni e mezzo fa da Storni sono stati poi ripresi nel 2013 ("Effetto serra. Le donne rumene nelle campagne del ragusano", articolo di Alessandra Sciurba, ricercatrice presso l'Università degli Studi di Palermo, pubblicato sul sito internet de "L'altro diritto - Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità") e alcune settimane fa (due "pezzi" di Antonello Mangano pubblicati sul sito de "l'Espresso" il 15 settembre e l'8 ottobre di quest'anno).
Dunque nessuno può dire di non sapere o di non aver saputo, soprattutto gli amministratori pubblici.
Infatti qualcuno ha sollevato il caso all'interno delle Istituzioni.
Si tratta di Celeste Costantino, 35 anni, deputata calabrese di Sinistra Ecologia Libertà alla sua prima esperienza parlamentare.
Nella seduta pomeridiana della Camera del 2 ottobre scorso, durante la dichiarazione di voto sulla questione di fiducia posta dal governo Renzi sul decreto legge n. 119/2014 ("Disposizioni urgenti in materia di contrasto a fenomeni di illegalità e violenza in occasione di manifestazioni sportive, di riconoscimento della protezione internazionale, nonchè per assicurare la funzionalità del Ministero dell'interno"), la deputata ha detto:
<<[…] in Sicilia, a Vittoria, in provincia di Ragusa, le donne rumene che lavorano nelle serre, oltre ad essere sfruttate nel lavoro agricolo, per continuare ad avere un tetto sulla testa e del cibo da dare ai propri figli, devono offrirsi carnalmente al proprio padrone. Si devono fare violentare come e quando pare a loro e, siccome mettere un preservativo è cosa fastidiosa, meglio portarle a Modica ad abortire: tanto mica sono – come piace dire alla Lega – le nostre donne! Sono donne rumene, possono essere utilizzate come carne fresca da offrire ad amici e parenti...>>.
Roberto Giachetti - in quel momento Presidente di turno dell'Assemblea - è intervenuto per esortare i deputati leghisti a non disturbare la collega e a lasciarla proseguire.
Ma solo dopo poche parole di Costantino - <<sicuramente a queste donne piace, anzi...>> - sono ripresi i commenti dai banchi della Lega Nord.
Sembra strano, ma stiamo parlando di "onorevoli", nonostante assomiglino moltissimo a quei bambini insofferenti di stare a scuola, capaci solo di creare confusione e nulla più.
Giachetti allora ha nuovamente preso la parola, ma il parlamentare leghista Giancarlo Giorgetti (lombardo, 47 anni) ha dato aria alla bocca, sbraitando: <<Non c’è un limite!>>. E Giachetti, risoluto: <<Il limite lo stabilisce la Presidenza, non lei, onorevole Giorgetti. Il limite lo stabilisco io e quando sono qui. Grazie. Prego, onorevole Costantino>>.
L'onorevole di Sel ha potuto così proseguire con le proprie dichiarazioni:
Sembra strano, ma stiamo parlando di "onorevoli", nonostante assomiglino moltissimo a quei bambini insofferenti di stare a scuola, capaci solo di creare confusione e nulla più.
Giachetti allora ha nuovamente preso la parola, ma il parlamentare leghista Giancarlo Giorgetti (lombardo, 47 anni) ha dato aria alla bocca, sbraitando: <<Non c’è un limite!>>. E Giachetti, risoluto: <<Il limite lo stabilisce la Presidenza, non lei, onorevole Giorgetti. Il limite lo stabilisco io e quando sono qui. Grazie. Prego, onorevole Costantino>>.
Celeste Costantino (Sel) |
<<...anzi, se ne approfittano anche un po', magari, nei confronti dei nostri connazionali. E, però, guardate: loro non saranno le vostre donne, ma questi signori che le sfruttano sono i nostri uomini, sono i nostri mariti, i vostri padri, i vostri fratelli. Questo si consuma nella campagna...>>.
Cioè: un'onorevole ricorda una palese verità (alcuni uomini italiani violentano e sfruttano donne romene), ma un (dis)onorevole padano la scambia per un "insulto".
Invece di chiedergli se avesse qualcosa da confessare e - in quel caso - invitarlo a costituirsi ai carabinieri (o a contattare un bravo psichiatra) dopo aver rinunciato all'immunità parlamentare, il Presidente di turno si è limitato a un richiamo, seppur deciso: <<Onorevole Giorgetti, non mi costringa a richiamarla all'ordine [forse voleva dire <<alle forze dell'ordine>>, N.d.A.]. Lei deve consentire all'onorevole Costantino di parlare liberamente come fate tutti voi qui dentro, e il mio compito è di lasciare che qui dentro si parli liberamente! E non siete voi a stabilire quali sono i limiti! Quindi, vi richiamo all'ordine e vi prego di consentire all'onorevole Costantino di intervenire. Basta! Prego, onorevole Costantino>>.
Ed ecco, puntuale, la seconda chicca in salsa celodurista (è proprio il caso di dirlo): <<Se frequenta stupratori sono affari suoi!>>.
L'autore di cotanta raffinata sapienza si chiama Paolo Grimoldi, ha 39 anni e - ovviamente - anche lui fa parte della Lega Nord.
Probabilmente il cervello dei leghisti (ah, questo sconosciuto...) li porta a ragionare (si fa per dire...) più o meno così: la verità (detta dagli altri) è un insulto; un insulto (lanciato da noi) è verità.
Complimenti: avete proprio le idee chiare voi altri...
Finalmente Costantino è riuscita a terminare:
<<Questo si consuma nella campagna, e tanto altro si consuma nel deserto e nel mare. L’Italia non sta facendo nulla per combattere la tratta di esseri umani, per riformare radicalmente il diritto d’asilo, [...]>>.
<<Questo si consuma nella campagna, e tanto altro si consuma nel deserto e nel mare. L’Italia non sta facendo nulla per combattere la tratta di esseri umani, per riformare radicalmente il diritto d’asilo, [...]>>.
A futura memoria, ricordo che l'intero squallido spettacolo è stato gentilmente (?!?) offerto dalla compagnia circense "Lega Nord & Company" davanti a un pubblico di studenti e insegnanti.
Speriamo almeno che i giovani spettatori abbiano fatto tesoro della lezione di educazione sessuale (oh, finalmente!) offerta loro da un manipolo urlante di camicie verdi: il preservativo serve a evitare le gravidanze indesiderate e le malattie sessualmente trasmissibili. I leghisti se lo devono mettere in testa!!!
Giancarlo Giorgetti (Lega) |
Paolo Grimoldi (Lega) |
P.S. Uno dei "papabili" per il Quirinale (Walter Veltroni), all'epoca in cui ricopriva il duplice incarico di sindaco di Roma e segretario del Partito Democratico (probabilmente con un solo impegno si annoiava o gli restava tanto tempo libero), pronunciò urbi et orbi un messaggio di altissima filosofia:
<<Non ci si può girare intorno, la sicurezza è una grande questione nazionale che chiama in causa iniziative d'urgenza sul piano legislativo: i prefetti devono poter espellere i cittadini comunitari che hanno commesso reati contro cose e persone. Prima dell'ingresso della Romania nell'Unione europea, Roma era la città più sicura del mondo>>.
Quel giorno - il 31 ottobre del 2007 - era in corso un incontro improvvisato con i giornalisti presso il Campidoglio, successivo all'aggressione subita da Giovanna Reggiani.
In fondo, come si fa a non essere d'accordo con Veltroni?
Berlusconi (ricordate? "Il principale esponente dello schieramento a noi avverso") è pregiudicato per aver truffato e derubato gli italiani, dunque - secondo la logica del politico ex comunista - deve essere espulso dal prefetto!
Benissimo.
Solo che se decidiamo di cacciare dall'Italia i delinquenti, sarebbe cosa buona e giusta non prendersela soltanto con quelli stranieri.
Anzi, io comincerei proprio da quei "cittadini comunitari" che fanno dell'ipocrisia e della discriminazione una delle loro virtù principali: gli italiani.
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