RISPETTO AI TANTI (coetanei e non)
Calogero Zucchetto (1955-1982) |
"[...] il 3 settembre [del 1982, N.d.A.] fu ucciso dalla Chiesa, il 14 novembre, settanta giorni dopo [per la precisione, settantadue giorni dopo, N.d.A.], venne assassinato in un elegante bar del centro [di Palermo, N.d.A.], Calogero Zucchetto, poliziotto della sezione investigativa che aveva da poco compiuto ventisette anni [in realtà meno di tre mesi dopo avrebbe compiuto ventotto anni, N.d.A.].
[...] Zucchetto svolgeva un delicatissimo lavoro sul rapporto dei <<162>> - quello che piaceva a dalla Chiesa [si tratta di un rapporto giudiziario redatto dalla Squadra Mobile e dal
Nucleo Operativo dei Carabinieri di Palermo, depositato in Procura il 13
luglio 1982. Esso denuncia i crimini di ben 162 mafiosi, tra cui i più importanti esponenti di vertice, come Michele
Greco, Totò Riina, Bernardo Provenzano, Raffaele Ganci, Giuseppe Calò, Antonino
Geraci, Salvatore Montalto e Salvatore Buscemi, la maggior parte dei quali fino
ad allora sconosciuti. Stiamo parlando, insomma, della prima grossa indagine che punta dritto all'ala corleonese e ai suoi numerosi delitti volti a scalare i vertici dell’organizzazione mafiosa e a controllare gli imponenti traffici di droga. Colpisce infine il fatto che molte delle persone che hanno dedicato impegno e professionalità a questo rapporto giudiziario - come Rocco Chinnici, Ninni Cassarà, Roberto Antiochia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino - siano poi state uccise. Un rapporto, dunque, cosparso da una lunga scia di sangue, N.d.A.] - e per conto del suo diretto superiore - il funzionario della sezione investigativa, Ninni Cassarà - faceva da esca in ambienti mafiosi pur di riuscire a mettere insieme un tassello dietro l'altro. Un bel ragazzo, dall'aria un po' dinoccolata, che aveva iniziato il suo apprendistato a diciannove anni, e per una breve parentesi aveva preso parte alle prime rudimentali scorte affiancate al giudice Falcone.
Esuberante, gran lavoratore, intelligenza pronta, Zucchetto aveva manifestato subito il suo desiderio di <<andare in strada>>. Trascorreva nottate intere nelle discoteche e nelle paninerie palermitane. Aveva ottimi agganci anche nel mondo grigio della prostituzione, delle case di appuntamenti, delle sale corse, del mercato ortofrutticolo, punti di riferimento naturali questi d'una varia umanità che a Palermo spesso incontra la mafia sul suo cammino.
Hanno scritto i giudici nell'ordinanza di rinvio a giudizio che ha istruito il maxi processo a Cosa Nostra: <<Zucchetto con il suo carattere aperto e gioviale era stato in grado di stabilire rapporti confidenziali con gestori di locali pubblici, proprietari di negozi, prostitute, e con gli stessi pregiudicati, e ciò, nella risoluzione di varie indagini, si era rivelato di grande aiuto>>.
Aveva più volte preso parte all'arresto di mafiosi di spicco. Spesso con il suo <<vespone>>, anche quando non era in servizio, se ne andava in giro per i viottoli degli agrumeti di Ciaculli, gli occhi bene aperti a spiare i movimenti degli uomini dell'esercito del boss Michele Greco, soprannominato il <<papa>>.
[...] anni prima, quando ancora i Prestifilippo [famiglia mafiosa di cui faceva parte Mario, uno dei killer più sanguinari dei corleonesi, N.d.A.] non erano ricercati perchè non inseriti nel rapporto dei <<162>>, Zucchetto li aveva conosciuti e frequentati. Il poliziotto aveva tradito la loro antica ospitalità. Aveva <<venduto>> un'amicizia e contribuito all'arresto di un alleato di quella famiglia. Si era spinto fin dentro quella roccaforte di mafia - la borgata di Ciaculli - dove i latitanti razzolavano indisturbati.
Una bella lezione, ormai, non gliela levava nessuno.
Zucchetto aveva l'abitudine di lavorare anche di domenica, e quindi poteva benissimo essere ammazzato anche di domenica: un modo sbrigativo scelto dalla mafia per ripetere che non gradisce i funzionari troppo zelanti [...].
Zucchetto fu il primo di un'altra lunga serie.
Sarebbe stato assassinato Cassarà [il 6 agosto del 1985, N.d.A.], il suo diretto superiore.
Sarebbe stato assassinato Giuseppe Montana [il 28 luglio del 1985, N.d.A.], l'altro funzionario che dava la caccia ai latitanti.
Cassarà e Montana capirono più degli altri il significato vero dell'eliminazione di Zucchetto. Si resero conto che le famiglie dell'eroina stavano tornando - dopo l'uccisione di Boris Giuliano [il 21 luglio del 1979. Era il capo della Squadra mobile di Palermo, N.d.A.] - a prender di petto la polizia. Quella polizia che presentava i rapporti, che svolgeva le indagini preliminari senza le quali il lavoro di un magistrato non può svilupparsi in nessuna direzione. Cassarà, Montana e Zucchetto avevano contribuito alla stesura di quel rapporto dei <<162>>, primo tentativo serio di inquadrare ciascuna famiglia al posto giusto".
Calogero Zucchetto "era uno dei migliori quando si trattava di dare la caccia ai latitanti mafiosi"
Saverio Lodato, "Trent'anni di mafia. Storia di una guerra infinita", BUR saggi, edizione maggio 2008.
Calogero Zucchetto |
"Mentre conduceva una delicata operazione investigativa al fine della ricerca e della cattura di pericolosi latitanti, nel quadro della lotta alla criminalità organizzata, in un vile e proditorio agguato tesogli da ignoti criminali, veniva fatto segno a numerosi colpi mortali di arma da fuoco immolando, così, la giovane vita ai più alti ideali al servizio delle Istituzioni. Palermo, 14 novembre 1982"
Motivazione del conferimento all'agente di polizia Calogero Zucchetto della medaglia d'oro al valor civile, assegnata il 1° luglio 1983.
"[...] Calogero Zucchetto, il picciotto originario di Ciaculli che aveva scelto un'altra strada rispetto a tanti suoi coetanei. Si era fatto sbirro e inseguiva i latitanti, spesso uomini con cui era cresciuto insieme, nelle stesse strade del quartiere in cui si rifugiavano tranquillamente"
Vincenzo Ceruso, "Uomini contro la mafia", Newton Compton editori, edizione settembre 2010.
"Sia Beppe [Montana, N.d.A.] che Ninni Cassarà rimasero particolarmente delusi
e amareggiati il giorno dei funerali di Calogero Zucchetto, chiamato “Lillo”,
ucciso dalla mafia. Funerali disertati dalla città. In quell'occasione Beppe e
Ninni diedero vita a un comitato intestato a Zucchetto che ne conservasse la
memoria e che si aprisse in qualche modo alla città spiegando qual era il
compito dei poliziotti antimafia. Da quel giorno entrambi, a volte anche
insieme al giudice Rocco Chinnici, assassinato anche lui dalla mafia con
un'autobomba, iniziarono ad andare in giro per le scuole. Erano poliziotti
consapevoli del fatto che la repressione non poteva essere sufficiente di
fronte a un fenomeno criminale come questo"
Dario Montana (fratello di Beppe), intervista rilasciata a Saverio Lodato intitolata "L'ultima estate del <<Serpico>> italiano" e pubblicata su "l'Unità" il 29 luglio 2005.
"A me nella vita piacerebbe tanto parlare solo di cazzate. Ma
se non parlassi anche di loro [ovvero di chi ha lottato contro la mafia, anche a costo di sacrificare la propria vita, N.d.A.] mi sentirei una merda, perché mi sembrerebbe di
offendere lui [cioè Calogero Zucchetto, N.d.A.] e tutti quelli che, come lui, diversamente da altri, sono stati solo
da una parte, quella giusta.
Mentre Andreotti, Salvo Lima e altri pezzi dello
Stato e della società dialogavano con i mafiosi, ignorandone o facendo finta di
ignorarne la pericolosità, c’era qualcuno che aveva capito benissimo e senza
che, alla fine, nessuno gliel’avesse chiesto, la mattina si svegliava e
combatteva.
Per tutti noi.
Io non posso, non voglio e non devo dimenticare!"
Pierfrancesco Diliberto (in arte Pif), programma televisivo "Il testimone" (ideato, realizzato e condotto dallo stesso Pif), puntata intitolata "Orfani di mafia", trasmessa il 15 ottobre 2008.
"Il mio incubo è di fare un figlio e portarlo alla
scuola intitolata a Giulio Andreotti.
Questa cosa mi farebbe incazzare tantissimo, perchè io
voglio portare mio figlio alla scuola <<Calogero Zucchetto>>.
Che dite: chi è?
Sarà ingenuo, a me fa incazzare che dobbiamo elogiare Giulio
Andreotti - che fino all''80 era COLLUSO con la mafia - e non sappiamo chi era
Calogero Zucchetto. Che era un poliziotto di 27 anni (io a 27 anni facevo il
coglione a Londra) che prendeva il suo motorino - perchè la polizia non gli
dava niente - andava dall'ottico sotto casa sua, prendeva un binocolo e andava
in giro per Palermo a cercare i latitanti.
Siccome la mafia è brava a scoprire i talenti, più di X
Factor - mentre lo Stato no - quando c'è un poliziotto bravo lo uccide.
Ecco, questa cosa - lo ripeto - sarà ingenuo, però a me fa
veramente incazzare questo fatto che la gente sappia chi è Giulio Andreotti -
uno COLLUSO con la mafia, che ci ha fatto vivere quello che ci ha fatto vivere
- e nessuno sa chi è Calogero Zucchetto.
Ecco, io voglio - nei momenti seri della mia vita - voglio
passare la mia vita a dire questo.
E userò tutti i mezzi.
[…] Perchè non è possibile che non si sappia chi è Calogero
Zucchetto"
Pierfrancesco Diliberto (in arte Pif), intervista rilasciata a Daria Bignardi durante la trasmissione televisiva "Le invasioni barbariche", puntata del 2 aprile 2014.
Calogero Zucchetto è morto e continuerà ad esserlo se noi non ne facciamo vivere le passioni e gli ideali nelle nostre piccole e grandi esperienze.
Sfrattiamo dalle nostre menti l'indifferenza.
Scacciamo l'ignavia dai nostri cuori.
Impegniamoci, dunque!
Facciamo vivere Calogero attraverso le nostre azioni, le nostre parole e i nostri pensieri quotidiani.
Dimostriamo concretamente e senza ipocrisie che lui vive - davvero - con noi e dentro di noi.
Facciamone memoria piena, autentica, pratica.
Evitiamo di mettere in atto la solita, stucchevole, retorica messa in scena utile solo a farci credere - illusi - che la nostra coscienza sia a posto.
Come oggi è il giorno in cui un bimbo di nome Calogero è sbocciato alla vita, così il testamento morale che questi ci ha lasciato sbocci nella mente e nel cuore di ognuno di noi.
Già, perchè adesso tocca a noi.
Soltanto a noi.
Soltanto a noi.
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