giovedì 7 maggio 2015

ADEMPIERE IL DOVERE MORALE DI FARE SEMPRE IL PROPRIO DOVERE

Ninni Cassarà (1947-1985) 
"Questa mattina ho avuto appena il tempo di fermarmi un attimo di fronte alla edicola della questura centrale e ne ho ricavato una pessima impressione vedendo le prime pagine dei giornali esposti. […] mi sembra che la grande stampa nazionale abbia molto sottovalutato il significato dell’uccisione del nostro collega [il commissario della squadra mobile di Palermo Beppe Montana, assassinato dalla mafia pochissimi giorni prima, il 28 luglio 1985, N.d.A.]
Ancora oggi – è difficile ammetterlo, ma è così – in questo paese esistono morti di serie A, B e C. E’ la spia del valore modesto che i mass media riconoscono alla nostra attività. 
[…] Temo che quel clima di consenso dell’intera opinione pubblica che, anche grazie ai giornali, si era creato, ora stia venendo meno. 
[…] L’impegno della polizia giudiziaria rimane il nucleo propulsivo delle indagini investigative, presupposto fondamentale per ogni indagine, passaggio obbligato per lo sviluppo processuale. Senza la fatica, senza il sangue versato dai nostri poliziotti, molti soloni non potrebbero pontificare né in occasione di convegni né in occasione di summit" 

Ninni Cassarà, dichiarazioni rilasciate a Saverio Lodato e pubblicate il 31 luglio 1985 su "l'Unità" con il titolo "<<Ci sentiamo di nuovo soli, e ora la mafia lo avverte>>".



"Nel frattempo, però, l'impegno investigativo si profondeva con maggiore tenacia ed incisività; d'altro canto, l'esperienza cominciava ad insegnare che, senza una visione unitaria e globale, i brandelli di verità emergenti da tante distinte indagini avrebbero continuato ad essere sviliti e sottovalutati in sede giudiziaria, come nel passato, garantendo una sostanziale impunità alla mafia.
Si giungeva così al rapporto del 13.7.1982 della squadra mobile e dei CC di Palermo, frutto di un generoso sforzo collettivo degli organi di polizia giudiziaria del capoluogo isolano, e segnatamente dell'impegno professionale del dott. Antonino Cassarà, l'abile e brillante funzionario della squadra mobile che il 6.8.1985 ha pagato con la vita il suo nobile impegno, rimanendo vittima di un vile agguato mafioso.
Quel rapporto costituisce il primo organico tentativo di lettura dell'assetto strutturale ed operativo della mafia" 

Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello Finuoli, ordinanza-sentenza contro Abbate Giovanni + 706 emessa l'8 novembre 1985. 
Vennero così rinviati a giudizio 475 presunti mafiosi, dando il via al primo maxiprocesso a Cosa Nostra.



Ninni Cassarà
"Guardi, io ricordo ciò che mi disse Ninni Cassarà allorché ci stavamo recando assieme sul luogo dove era stato ucciso il dottor Montana alla fine del luglio del 1985, credo. 
Mi disse: <<Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano>> [nove giorni dopo - il 6 agosto 1985 - anche Cassarà sarebbe stato ucciso da Cosa Nostra, N.d.A.].
La... l'espressione di Ninni Cassarà io potrei anche ripeterla ora, ma vorrei poterla ripetere in un modo più ottimistico.
Io accetto la... ho sempre accettato il... più che il rischio, la... la condizione, quali sono le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e - vorrei dire anche - di come lo faccio.
Lo accetto perchè ho scelto, a un certo punto della mia vita, di farlo e potrei dire che sapevo fin dall'inizio che dovevo correre questi pericoli.
Il... la sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi in, come viene ritenuto, in... in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me.
E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare e... dalla sensazione che o financo, vorrei dire, dalla certezza che tutto questo può costarci caro" 

Paolo Borsellino, intervista rilasciata al giornalista del Tg5 Lamberto Sposini nella seconda metà del giugno 1992. Risposta alla domanda conclusiva: <<Posso chiederLe se Lei si sente un sopravvissuto?>>.

In primo piano, da sinistra a destra,
Antonino Cassarà, Giovanni Falcone e Rocco Chinnici
sul luogo dell'attentato in cui fu ucciso Pio La Torre,
30 aprile 1982
(© Franco Zecchin)

Ninni Cassarà è morto e continuerà ad esserlo se noi non ne facciamo vivere le passioni e gli ideali nelle nostre piccole e grandi esperienze.
Sfrattiamo dalle nostre menti l'indifferenza.
Scacciamo l'ignavia dai nostri cuori.
Impegniamoci, dunque!
Facciamo vivere Ninni attraverso le nostre azioni, le nostre parole e i nostri pensieri quotidiani.
Dimostriamo concretamente e senza ipocrisie che lui vive - davvero - con noi e dentro di noi.
Facciamone memoria piena, autentica, pratica.
Evitiamo di mettere in atto la solita, stucchevole, retorica messa in scena utile solo a farci credere - illusi - che la nostra coscienza sia a posto.
Come oggi è il giorno in cui un bimbo di nome Antonino è sbocciato alla vita, così il testamento morale che questi ci ha lasciato sbocci nella mente e nel cuore di ognuno di noi.
Già, perchè adesso tocca a noi.
Soltanto a noi.

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