CREDERE NEL PROPRIO LAVORO
(conquistato per merito,
rifiutando scorciatoie e raccomandazioni)
E METTERCI TANTA PASSIONE,
NONOSTANTE I RISCHI E I PERICOLI
Ilaria Alpi (1961-1994) |
Apparentemente, Asiut ha poco del covo sinistro e
misterioso. La sua economia tira bene: terre agricole sulle sponde del Nilo,
industrie chimiche e petrolifere. Prima delle riforma agraria avviata da
Nasser, poche famiglie – cristiane e mussulmane – detenevano il potere.
Un
taxista, cristiano, mi mostra con orgoglio la croce che ha tatuata sul polso.
Con rimpianto, mi dice: <<Prima della rivoluzione, i cristiani qui erano i
proprietari terrieri più ricchi>>.
Ora, invece, non più. Chi cresce, sono i Fratelli
musulmani (l’ala moderata del movimento islamico, ora presente anche in
parlamento): possiedono banche, società e piccole aziende sparse un po’ ovunque
in Asiut.
I primi scontri cominciarono nel 1980. Poi, un anno dopo,
ecco l’assassinio al Cairo del presidente egiziano Anwar Sadat. Mentre i colpi
dei killer uccidevano il <<rais>>, a Asiut scoppiò la rivolta: secondo i piani
doveva essere la scintilla del sollevamento generale nel paese. Ma non andò
così: prima l’esercito e, infine, Mubarak riuscirono a controllare la
situazione.
La nascita delle organizzazioni islamiche estremiste risale
agli anni Sessanta. E per un motivo preciso: il governo, in difficoltà, le usò
contro le sinistre, all'interno delle università. Riuscendovi. Comunque,
l’<<appello all'Islam>> risponde probabilmente alla volontà profonda di
recuperare una specifica identità nei confronti dell’Occidente, esportatore –
questa è l’accusa – di corruzione e di crisi.
Ad Asiut è l’università il punto degli incontri e di
dibattiti ideologici. Il leader studentesco delle <<associazioni islamiche>> locali è Usama Rushdi, 30 anni, alle spalle più di tre anni di carcere.
Dice: <<Come musulmani vogliamo la restituzione del califfato e l’applicazione della
legge islamica. L’obiettivo è la creazione di uno stato dell’Islam. Il che non
significa affatto che attaccheremo i cristiani o che li costringeremo ad
andarsene. Più semplicemente desideriamo che venga applicato il diritto della
maggioranza a governare nel rispetto – ovviamente – dei diritti degli altri>>.
Così
Usama Rushdi, il quale tiene a precisare che la sua organizzazione non deve
essere confusa con altri movimenti. In effetti, l’universo dei gruppi islamici
egiziani è piuttosto nebuloso, ed è frequente il caso di piccole formazioni che
si distaccano dai filoni principali per portare a termine qualche azione. Come
pare sia il caso degli Annag Minan-Nar (<<I sopravvissuti dall'inferno>>), un
gruppo accusato dei più recenti blitz terroristici che, per quanto si conosce,
non dovrebbe essere composto da più di una decina di persone. Questi attentati
hanno avuto come bersaglio uomini di governo, al di fuori di ogni motivazione
religiosa.
Per quanto riguarda Asiut, c’è un altro dato su cui
meditare: i cristiani sono il 20 per cento della popolazione locale contro il 6
per cento nel resto del paese. La convivenza quotidiana è tranquilla e le
autorità se ne vantano. Non capiscono, quindi, perché l’Occidente si interessi
tanto alla loro cittadina. Tutto normale? Forse. Ma allora come spiegare la
circostanza che il governatore di Asiut provenga ormai tradizionalmente
dall'esercito e che ogni giornalista debba essere munito di permesso o muoversi
sotto la <<protezione>> della polizia della Sicurezza nazionale (una sorta di
servizio segreto) e del centro stampa del posto? La spiegazione ufficiale è che ciò serve solo a facilitare il lavoro.
A guardare meglio, però, si scopre che sassaiole e incendi
contro le proprietà dei cristiani non sono poi così sporadici.
<<Ultimamente
sono state distrutte delle librerie>>, ci dice un testimone. <<Gli estremisti di
Allah pensano che l’Islam sia l’unica religione e che i cristiani debbano
scomparire. Le autorità governative sono invece contrarie all'applicazione
della legge islamica: la promettono ai Fratelli musulmani ma in realtà non
intendono farne nulla>>.
La verità è che il governo egiziano vorrebbe trovare un
equilibrio stabile tra le richieste di laicizzazione e quelle di islamizzazione
totale delle istituzioni.
<<L’Egitto>> secondo Usama Rushdi <<ha attraversato
negli ultimi anni una profonda crisi economica. Il debito con l’estero continua
a crescere. Il turismo ha subito un colpo a causa di avvenimenti come il
sequestro dell’Achille Lauro e, nel febbraio dell’anno scorso, la rivolta del
reparti della Sicurezza Nazionale qui ad Asiut. Per questo insieme di motivi,
l’Egitto è stato costretto a chiedere più aiuti agli amici. L’unica soluzione
sarebbe quella di creare una economia islamica. Invece l’Egitto vuole ricoprire
il ruolo di testa di ponte nell'area medio orientale per americani ed europei,
e quindi deve garantire la tranquillità interna. In altri termini, deve
allontanare l’ipotesi che possa succedere un altro Iran>>.
L’Iran sciita non
sembra però l’ideale di queste organizzazioni islamico-egiziane, tutte sunnite.
L’ortodossia religiosa ufficiale in Egitto è rappresentata
dall'Azhar, l’università-moschea del Cairo. Ad Asiut c’è una <<succursale>> per
lo studio delle scienze religiose le cui strutture sono in continua espansione.
L'Azhar appoggia la politica del partito nazional-democratico al potere.
Durante il referendum del primi di ottobre per la rielezione alla presidenza
della repubblica di Mubarak il leader dell'Azhar ha invitato i cristiani a
votarlo. Il papa Shenuda, capo dei copti, ha fatto lo stesso. I fratelli
musulmani, rappresentati nell'assemblea popolare, hanno posto solo alcune
condizioni. Al contrario, le associazioni islamiche – dai pulpiti delle loro
moschee – hanno invitato a disertare le urne.
<<Le elezioni>>, dice Usama Rushdi, <<sono state uno sperpero di denaro; la gente non ha nessuna fiducia nel partito
al governo o in quelli all’opposizione>>.
Ma come cambiare?
<<Con il gihad sulla
strada di Dio, cioè la propaganda con ogni mezzo e la guerra santa come ultimo
rimedio>>"
Ilaria Alpi, "Chi siamo? La vera mano di Allah", reportage sul viaggio nella città di Asiut (roccaforte egiziana dei Fratelli Musulmani) pubblicato da "Paese Sera" il 27 ottobre 1987.
Ilaria Alpi |
"A me piace andare, vedere e riferire, e non farmi raccontare da altri ciò che è successo.
E questo sempre, in ogni circostanza"
Ilaria Alpi, confidenza a una collega qualche mese prima di essere uccisa.
Ilaria Alpi |
"Vorrei solo che sulla sua morte non si faccia retorica, che i suoi colleghi giornalisti in questo non la tradiscano.
Era solo un lavoro, niente altro.
Ci credeva tanto in quel lavoro e noi
certamente eravamo in ansia quando partiva.
Guardavamo i suoi servizi alla
televisione.
Doveva andare in Algeria, parlava l’arabo, ma poi la Rai l’ha
mandata in Somalia.
[…] mia figlia aveva imparato a detestare il razzismo. Mi
diceva sempre che lì in Africa non ce l’avevano con noi italiani. Ma con Craxi.
Lei amava quella gente, era stata lì tante volte.
[…] questo era il suo lavoro
[…], ci teneva tanto. Ci metteva tanta passione.
Era una ragazza molto
indipendente.
Era stata in Egitto e aveva imparato l’arabo.
Per lei era
importante fare questi servizi alla televisione.
Non aveva mai preso una lira
sulle note spese.
Con i militari della Folgore all'inizio non si era trovata
bene perché molti hanno altre idee politiche e lo sapeva. Ma poi si era un po’
ricreduta e ne aveva addirittura conosciuto uno che la pensava come lei, che
era di sinistra.
Era entrata alla Rai dopo aver partecipato ad un concorso,
aveva studiato. Io conosco molte persone
anche importanti. Forse avrei potuto aiutarla. Ma Ilaria mi mise in guardia:
<<Papà, non provare a parlare con qualcuno; non mi aiutare, ce la farò da
sola>>. E così è stato. Era molto orgogliosa di questo, ci teneva tanto a
dire che ce l’aveva fatta da sola e senza spinte.
[…] L’avevo vista far la
valigia quando è partita pochi giorni fa […]. Ci aveva messo il caffè, le
scatolette, le cose che sapeva gradite agli altri colleghi che avrebbe
incontrato lì in Somalia e ai quali portava un regalo.
Avevamo visto alla
televisione […] tre giornalisti della Rai uccisi nella ex Jugoslavia.
C’eravamo
tutti preoccupati.
Ma come si fa? Era il suo lavoro"
Giorgio Alpi (padre di Ilaria), dichiarazioni rilasciate a Toni Fontana e pubblicate il 21 marzo 1994 su "l'Unità" con il titolo "<<Non fate retorica su mia figlia>>. Il dramma del padre di un'inviata senza snobismi".
Ilaria Alpi |
"Giovane giornalista televisiva, impegnata a svolgere una serie di inchieste in Somalia, veniva barbaramente trucidata in un efferato agguato di bande criminali. Fulgido esempio di elevato spirito di servizio e di grande professionalità. 20 marzo 1994 - Mogadiscio (Somalia)"
Motivazione del conferimento alla giornalista Ilaria Alpi della
medaglia d'oro al merito civile, conferita alla memoria il 15 novembre 2007.
Ilaria Alpi è morta e continuerà ad esserlo se noi non ne facciamo vivere le passioni e gli ideali nelle nostre piccole e grandi esperienze.
Sfrattiamo dalle nostre menti l'indifferenza.
Scacciamo l'ignavia dai nostri cuori.
Impegniamoci, dunque!
Facciamo vivere Ilaria attraverso le nostre azioni, le nostre parole e i nostri pensieri quotidiani.
Dimostriamo concretamente e senza ipocrisie che lei vive - davvero - con noi e dentro di noi.
Facciamone memoria piena, autentica, pratica.
Evitiamo di mettere in atto la solita, stucchevole, retorica messa in scena utile solo a farci credere - illusi - che la nostra coscienza sia a posto.
Come oggi è il giorno in cui una bimba di nome Ilaria è sbocciata alla vita, così il testamento morale che lei ci ha lasciato sbocci nella mente e nel cuore di ognuno di noi.
Già, perchè adesso tocca a noi.
Soltanto a noi.
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