LA (responsabilità)
POLITICA (e quella)
PENALE
"In questa materia, che è molto spesso al confine con
l'attività dell'autorità giudiziaria, […] la Commissione ha effettuato una
distinzione preliminare tra responsabilità penale e responsabilità politica, in
relazione a manifestazioni di illegalità che abbiano comunque un'incidenza sul
sistema politico.
Il primo tipo di responsabilità è di esclusiva competenza
dell'autorità giudiziaria; il secondo è di esclusiva competenza dell'autorità politica.
La responsabilità penale è accertata dalla magistratura attraverso le regole
formali e certe del processo, e si concreta in sanzioni giuridiche
prestabilite.
La responsabilità politica si caratterizza per un giudizio di
incompatibilità tra una persona che riveste funzioni politiche e quelle
funzioni, sulla base di determinati fatti, rigorosamente accertati, che non
necessariamente costituiscono reato, ma che tuttavia sono ritenuti tali da
indurre a quel giudizio di incompatibilità.
Le funzioni politiche si fondano su
un principio di fiducia e di dignità.
Ciascun politico ha una responsabilità
aggiuntiva rispetto agli altri cittadini, perché egli coinvolge la credibilità delle
istituzioni in cui opera.
La responsabilità politica non è mai per fatto
altrui, ma può certamente nascere dal fatto altrui quando da tale fatto si
desume un giudizio di inaffidabilità sull'uomo politico.
Se la persona di fiducia
di un uomo politico compie atti di grave scorrettezza o di rilevanza penale,
l'uomo politico non risponde dei fatti commessi dalla persona di fiducia, ma
risponde per aver dato prova di non saper scegliere o di non aver accertato o
di aver tollerato comportamenti scorretti.
Per lungo tempo vi è stata
confusione tra responsabilità politiche e responsabilità penali.
Il meccanismo
di difesa è stato spesso negare autonomia alla responsabilità politica e
rimandare ogni giudizio di disvalore all'esito delle decisioni penali.
La
misura della responsabilità dipende anche dai rapporti effettivamente intercorsi
tra la persona che ha tenuto comportamenti scorretti e l'uomo politico; si può,
in sintesi, sostenere che la responsabilità è proporzionale ai vantaggi
procurati all'uomo politico dalla persona che ha tenuto i comportamenti
illegali o gravemente scorretti. Per vantaggio deve intendersi non solo un
incremento di natura economica, ma ogni tipo di utilità che si sia tradotta in
un contributo significativo alla posizione e all'influenza dell'uomo politico in
tutto il territorio nazionale o, per lo meno, in una parte rilevante di esso.
L'identificazione dei soggetti legittimati a sollevare una
contestazione per responsabilità politica, in relazione a manifestazioni di
illegalità, è uno dei capitoli più complessi di questa materia.
È tuttavia
incontestabile che tra tali soggetti ci sia il Parlamento con il diritto ed il
dovere di sollevare questioni di responsabilità politica.
Il presupposto per muovere una contestazione di
responsabilità politica è la conoscibilità di fatti o di vicende che a quella contestazione
possono dar luogo; se non si conosce, non si è in grado di esercitare alcun
controllo.
La costituzione di commissioni d'inchiesta risponde alla necessità che
il Parlamento avverte, per vicende di particolare rilevanza, di acquisire,
tramite un proprio organo, la documentazione necessaria a verificare i
presupposti per una contestazione di responsabilità politica.
Non è nelle
competenze della commissione, così come definite dalla legge istitutiva, far
valere direttamente la responsabilità politica. È invece suo dovere predisporre
per il Parlamento la documentazione idonea ad esprimere quel giudizio.
La
natura e la specificità della responsabilità politica esigono che essa sia di
esclusiva competenza di organi politici.
È questo il presupposto
dell'autorevolezza della politica; rafforza il rapporto di fiducia tra
cittadini ed istituzioni, consente di esigere dai cittadini comportamenti
rispettosi delle leggi.
Quando ciò non avviene, l'onere di accertare le
responsabilità politiche o non è esercitato da nessuno oppure finisce con
l'essere delegato, nei fatti, all'autorità giudiziaria.
Un secondo equivoco può
derivare dalla confusione tra responsabilità politica e lotta politica.
Ciò
avviene quando la maggioranza, di fronte a manifestazioni di illegalità,
respinge a priori la configurabilità di un giudizio di responsabilità politica.
Oppure quando un'opposizione particolarmente spregiudicata agita il giudizio di
responsabilità politica come una pura arma polemica, imputando la
responsabilità politica agli avversari soltanto in ragione dell'appartenenza ad
un partito e ad uno schieramento e non in base a fatti specifici.
Quando non
esiste responsabilità politica si creano ingiustificate impunità che
delegittimano le istituzioni.
Quando l'accertamento della responsabilità
politica è demandato all'autorità giudiziaria, che è politicamente
irresponsabile, si verificano gravi distorsioni istituzionali, perché
all'esercizio di una funzione politica non si accompagna l'assoggettamento ad
una responsabilità politica.
Del pari inammissibile sarebbe il caso
dell'autorità politica che intenda occuparsi delle responsabilità penali.
Quando
c'è confusione tra lotta politica e responsabilità politica nascono
esasperazioni dello scontro tra le varie parti, irrigidimenti e sospetti che
danneggiano, alla fine, tanto l'ordinaria dialettica politica quanto la vita
delle istituzioni.
La Commissione ritiene opportuno sollevare un allarme, nei confronti
di tutte le forze politiche perché accettino il principio di responsabilità
politica e perché tengano ben distinto il profilo della lotta politica, anche
aspra, da quello della responsabilità politica.
La responsabilità politica,
proprio in quanto rigorosamente accertata sulla base di fatti specifici,
richiede precise sanzioni, rimesse all'impegno del Parlamento e delle forze
politiche, e consistenti nella stigmatizzazione dell'operato e, nei casi più
gravi, nell'allontanamento del responsabile dalle funzioni esercitate.
[…]
La Commissione ritiene innanzitutto indispensabile che i
partiti politici, indipendentemente dagli accertamenti di carattere
giudiziario, allontanino gli eletti, i dirigenti, gli iscritti che in modo
diretto od indiretto abbiano dato luogo con i propri comportamenti a quel giudizio
di responsabilità politica cui si è fatto innanzi riferimento.
Se non lo fanno,
ritengono compatibili quelle presenze con il proprio indirizzo politico.
[…]
La Commissione intende sollevare un allarme in ordine ai possibili
condizionamenti di logge massoniche coperte e deviate nelle pubbliche
istituzioni.
Qualunque sia il giudizio che si ritenga di dare della massoneria,
è certo che questa associazione non può essere considerata, nella sua
globalità, illegale ed eversiva nonostante i gravi fatti che hanno coinvolto
molti aderenti a logge massoniche.
Ma c'è il pericolo che la fedeltà massonica
si sovrapponga a doveri di lealtà istituzionale. Questo pericolo ha indotto
alcune istituzioni a stabilire il principio di incompatibilità tra l'esercizio
di funzioni pubbliche particolarmente delicate e l'adesione a logge massoniche.
[…]
Si riflette, soprattutto in questa fase della vita del
Paese, su quale sia il sistema elettorale che garantisca meglio
l'impermeabilità alla mafia.
Non esiste un sistema che garantisca in assoluto.
La mafia controlla la formazione e l'espressione del consenso politico e quindi
occorre innanzitutto impedire questo controllo isolando e sconfiggendo Cosa
Nostra.
Va prestata maggiore cura alla formazione dei seggi elettorali, nella
designazione dei presidenti di seggio, nell'impedire i <<piantonamenti>>
dei seggi da parte di gruppi criminali.
Il cittadino deve sentirsi tutelato
dalla presenza e dall'attenzione dello Stato.
Restano passività in molti organismi dello Stato, delle
regioni e degli Enti locali.
Sono necessari interventi sanzionatoli adeguati.
Ma
serve un indirizzo politico nuovo e visibile, che dia a tutti il senso di
un'etica professionale in grado di resistere alle pressioni mafiose.
Si può
morire anche per questo, […] ma lo Stato ha comunque il dovere di non lasciare
soli i funzionari che operano nelle aree più esposte.
Al di là delle regole
formali, a questi funzionari va data la consapevolezza che si muovono secondo
indirizzi riconosciuti e garantiti.
Invece, ancora oggi, sono lasciati soli,
tra enormi difficoltà, come accade il più delle volte per i commissari straordinari
dei consigli comunali sciolti per mafia.
Compito delle forze politiche, delle autorità di governo e della
magistratura è perseguire l'obbiettivo della distruzione di Cosa Nostra,
attraverso la confisca di tutte le ricchezze, l'arresto, il processo e la
condanna dei vertici, degli alleati e di tutta la struttura militare.
Non sono
più ammissibili i discorsi di un tempo sul contenimento di Cosa Nostra o sulla
sua riduzione a <<dimensioni fisiologiche>>.
Verso questo
obbiettivo vanno indirizzate le risorse.
I partiti e le istituzioni devono
assumere comportamenti coerenti.
Questo consentirà di chiedere anche ai
cittadini nella loro quotidianità, una coerenza.
Non esiste un'etica pubblica,
se sono disastrate le etiche private; ma la ricostruzione deve partire dalla
politica.
L'Italia ha i mezzi, le intelligenze e le volontà per rompere i vecchi
rapporti, sconfiggere Cosa Nostra, guardare fiduciosa al proprio futuro.
C'è
uno Stato che funziona, nonostante la mafia e le corruzioni; anche i segnali
che sembrano più inquietanti sono il frutto di un ritrovato primato della
legalità, premessa per la ricostruzione del sistema politico"
"Relazione sui rapporti tra mafia e politica" (Relatore: Luciano Violante), approvata nella seduta del 6 aprile 1993 dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.
Nessun commento:
Posta un commento