domenica 15 gennaio 2012

C'E' UN GIUDICE A CATANIA

La vicenda che sto per raccontare dimostra (se mai ce ne fosse bisogno) quante difficoltà debba sostenere uno "straniero" che, nato e cresciuto in Italia, voglia trascorrervi la sua vita in pace e serenità. 
Protagonista della storia è Verica Fazli, una ragazza nata a Pescara nel 1990 da genitori di etnia Rom, fuggiti  dall'ex Jugoslavia a causa della guerra nei Balcani e della pulizia etnica da parte degli albanesi (la madre era incinta di lei mentre scappava dalla sua terra d'origine). Verica ha vissuto prima a Pescara (dove ha frequentato le elementari), poi a Caltanissetta e, dal 2002, a Messina. Da allora vive nella città dello Stretto, in un campo rom, con i fratelli e la madre. Poichè quest'ultima, senza documenti, non ha mai potuto regolarizzarsi, la giovane Verica non possiede alcun documento valido che attesti la sua residenza legale nel nostro (e suo) Paese, ritrovandosi anche lei nell'impossibilità di ricevere qualsiasi permesso di soggiorno (figuriamoci la cittadinanza italiana). Raggiunta la maggiore età nel 2008, si reca dalla sorella maggiore in Francia (titolare di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria), affinchè possa ivi ottenere la regolarizzazione della propria posizione attraverso il riconoscimento della protezione internazionale. Respinta la sua domanda dalle autorità transalpine, Verica torna a Messina nel campo nomadi, dove nel marzo 2010 presenta analoga domanda, ma di nuovo senza successo. Da notare il fatto che Verica - salvo il breve soggiorno francese - non solo non ha mai lasciato l'Italia, ma non può (e non vuole) nemmeno tornare in Kosovo, Paese completamente sconosciuto, dove non ha più alcun riferimento familiare e l'etnia Rom è ancora perseguitata e discriminata dalle autorità.  Ma Verica non si arrende e, ancora una volta, cerca di regolarizzarsi, chiedendo alla Questura messinese il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. E' il 19 marzo 2010. Solo 5 giorni dopo, l'Ufficio Immigrazione della Questura le comunica di aver avviato le procedure di rigetto, che si sarebbero concluse l'11 giugno seguente (dopo soli 84 giorni dalla richiesta) con il decreto di negazione. A Verica allora non resta altro che rivolgersi alla magistratura per ottenere l'annullamento della delibera della Questura. La IV sezione del Tar siciliano (sede distaccata di Catania) prende la sua decisione il 10 novembre 2011, accogliendo finalmente l'appello di Verica. Nella sentenza depositata il 28 novembre (n. 2799/11), i giudici non solo bocciano le tesi accampate dalla Questura di Messina (secondo cui gli accertamenti compiuti presso l'Ambasciata italiana a Pristina dimostrano che in Kosovo la legge tutela i Rom e che da 10 anni non si registrano fenomeni di intolleranza nei loro confronti), ma accolgono, viceversa, quanto scritto nel Rapporto 2011 di Amnesty International. Secondo l'associazione dei diritti umani, in Kosovo non solo "non è cessata la discriminazione contro le minoranze", ma "si sono verificate gravi violenze interetniche". I Rom, in particolare, sono vittime di sgombri forzati e "discriminazioni di massa, anche nell'accesso all'istruzione, all'assistenza sanitaria, all'occupazione" e "pochi hanno potuto avvalersi del diritto a un alloggio adeguato". Il Tar siciliano, quindi, annulla il diniego di concedere il permesso di soggiorno per fini umanitari a Verica, costringendo di fatto la Questura a regolarizzare finalmente la posizione della giovane.
Per fortuna c'è un giudice a Catania. 
                            

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