lunedì 16 aprile 2012

PER CARLO PETRINI 

Stamane è morto Carlo Petrini, 64 anni, ex calciatore di Genoa, Milan (allenato da Nereo Rocco), Torino, Roma e Bologna, autore di numerose denunce pubbliche (raccolte in numerosi libri e in un meraviglioso documentario intitolato "Centravanti nato") sul doping nel calcio, sul calcioscommesse anni '80 e sull'omicidio del collega Donato Bergamini (calciatore del Cosenza trovato morto il 18 novembre 1989 sulla strada statale 106 Jonica, ucciso - secondo Petrini e non solo - dalla 'ndrangheta per aver scoperto di essere stato usato inconsapevolmente come corriere della droga).
Ecco alcune sue recenti dichiarazioni, rilasciate in un'intervista a "Il Fatto Quotidiano" pubblicata il 28 dicembre 2011:

"Ho tumori al cervello, al rene e al polmone. Ho un glaucoma, sono cieco, mi hanno operato decine di volte e dovrei essere già morto da anni. Nel 2005 i medici mi diedero tre mesi di vita. E’ stato il calcio, ne sono certo. Con le sue anfetamine in endovena da assumere prima della partita e i ritrovati sperimentali che ci facevano colare dalle labbra una bava verde e stare in piedi, ipereccitati, per tre giorni. Ci sentivamo onnipotenti. Stiamo cadendo come mosche";

“Sono un presuntuoso, un coglione, uno che credeva di essere un semidio e morirà come un disgraziato. Ero bello, forte, ricco, invidiato. Avevo tutto e ora non ho niente”;

"I miei errori iniziarono a metà degli anni '60, al Genoa. Siringhe, sostanze. La chiamavano la bumba. Avevo 20 anni. Non smisi più. Il nostro allenatore, Giorgio Ghezzi, ex portiere dell’Inter, ci faceva fare strane punture prima della gara. Un liquido rossastro. Se vincevamo, si continuava. Altrimenti, nuovo preparato. Rifiutare le punture, le pastiglie di Micoren o le terapie selvagge ai raggi X significava essere eliminati. Fuori dal circo. Indietro, in cantina, senza ragazze o macchine di lusso.
Continuai ad assumere sostanze proibite ovunque andassi. A Roma il massaggiatore ce lo diceva ridendo: “A ragà, forza, fa parte der contratto”. A Milano, dove mi allenava Rocco, feci invece i raggi Roengten per guarire da uno strappo muscolare. Non so se Nereo sapesse. 
Hanno sperimentato su di noi. Non ci curavano, ci uccidevano. Vorrei sapere con quali ausili gli eroi contemporanei disputano 70 incontri l’anno.
Allenatori, calciatori, presidenti hanno nascosto tutto. Ai nostri tempi le punture le faceva chiunque e un minuto dopo sentivi un mostro che ti sollevava e ti faceva volare.
Parliamo di gente che ha inseguito una sfera e muore nell’indifferenza in una guerra non dichiarata. Non può non esserci una relazione tra le mie malattie e quelle di altri calciatori";

"Salvai la Juve. Nell’80 giocavo con il Bologna. Bettega ci propose l’accordo. Tutto lo spogliatoio del Bologna scommise 50 milioni sul pareggio. Prima della partita, nel sottopassaggio, chiesi a Trapattoni e Causio di rispettare i patti: “Stai tranquillo, Pedro, calmati”, mi risposero.
Tutta la Juve sapeva. Finì 1-1: errore del nostro portiere e autogol di Brio. Bettega ce lo diceva, durante la partita: “State calmi, vi faccio pareggiare io”. La gente ci fischiava e tirava le palle di neve. Una farsa. Quando lo scandalo esplose, Boniperti e Chiusano mi dissero di scovare Cruciani e convincerlo a non testimoniare contro la Juve: se li avessi aiutati, loro avrebbero aiutato me. Fui di parola, incontrai Cruciani al cancello 5 di San Siro, ero mascherato. Lui accettò e la Juve si salvò dalla retrocessione".


Ora, poichè uno dei suoi libri (tutti pubblicati dalla casa editrice Kaos e tutti di grande successo, quindi censurati dai media) si intitola "Scudetti dopati. La Juventus 1994-98: flebo e trofei", voglio ricordare Carlo Petrini, facendo memoria di come si sia concluso il processo penale intentato all'ex responsabile del settore medico dei bianconeri (dott. Riccardo Agricola) e all'ex amministratore delegato (Antonio Giraudo). I principali reati contestati erano frode sportiva e somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute. Con la sentenza 31 maggio 2007, n. 21324, la seconda sezione penale della Cassazione ha definitivamente stabilito che entrambi i delitti sono stati commessi tra il 1994 e il 1998, ma sono caduti in prescrizione. Infatti ai giocatori della Juventus venivano sistematicamente somministrate sia sostanze lecite al di fuori del contesto autorizzativo individuato dal Ministero della Salute (o, comunque, in forme non consentite), sia sostanze vietate (i corticosteroidi). Al contrario, invece, per quanto riguarda l'eritropoietina (meglio conosciuta come Epo), sussistevano soltanto probabilità e sospetti, non certezze. Insomma, in esecuzione di un unico disegno criminoso, per ben quattro stagioni consecutive (dove la Juventus di Marcello Lippi ha vinto tutto, tra scudetti e trofei internazionali) la società torinese ha ordinato e somministrato ai propri giocatori enormi quantitativi di farmaci per indicazioni terapeutiche incompatibili con lo stato di salute degli atleti - mettendo così in pericolo la loro incolumità - al solo scopo di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento delle partite, truccando e falsando gli incontri attraverso un uso distorto, sconsiderato e ingiustificato di farmaci (anche illeciti).
Come già denunciato da Carlo Petrini nel 2005, due anni prima del verdetto della Cassazione.

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