venerdì 6 aprile 2012

UN MAFIOSO IN THAILANDIA 


La sera del 30 marzo scorso Roberto Vito Palazzolo è stato fermato all'aeroporto di Bangkok (Thailandia)  grazie a un'operazione dell'Interpol. Nato a Terrasini (Palermo) il 31 luglio 1947, vive da latitante in Sudafrica dalla fine di dicembre del 1986. Condannato in via definitiva per associazione mafiosa a 9 anni di carcere nel 2009 (pena mai scontata), quando è stato bloccato dalla polizia locale stava per tornare proprio in Sudafrica.
Il personaggio è citato più volte nell'Ordinanza-Sentenza dell'8 novembre 1985 contro Abbate Giovanni + 706 redatta dall'Ufficio Istruzioni Processi Penali del Tribunale di Palermo, composto dai giudici Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello Finuoli. Si tratta del documento giudiziario con cui il pool antimafia palermitano - rinviando a giudizio 475 presunti mafiosi - avviò il celeberrimo maxiprocesso (celebrato in primo grado dal 10 febbraio 1986 al 16 dicembre 1987).    
Secondo i magistrati, Roberto Vito Palazzolo era coinvolto nel riciclaggio di denaro proveniente dal traffico di droga, tanto da essere particolarmente vicino a Filippo Salomone, elemento di spicco di Cosa Nostra, abitante negli Stati Uniti e addetto al reimpiego dei soldi frutto del traffico di stupefacenti. Nel 1983 si occupò del viaggio di una nave trasportante un carico di 233 chili di eroina dalla Thailandia (dove Palazzolo sarebbe stato fermato dalle forze dell'ordine 29 anni più tardi). Proprio Palazzolo avrebbe dovuto incontrare alla fine di maggio del 1983, presso l'hotel Sheraton di New York, un tale Koh Bak Kin, importante intermediario di Singapore nella fornitura di ingenti partite di droga. Quest'ultimo, per l'affare dell'eroina trasportata via mare, ricevette a Zurigo un acconto di ben 700.000 dollari da tal Roberto, giunto su una Mercedes guidata da Antonio Ventimiglia, anch'egli originario di Terrasini. e molto legato al compaesano Roberto Vito Palazzolo, all'epoca residente in Svizzera e già coinvolto in un procedimento penale per traffico di droga presso il Tribunale di Roma. Per Falcone, Borsellino e gli altri colleghi, i rapporti con Koh Bak Kin non potevano affatto essere gestiti da una singola famiglia mafiosa - quella di Partanna Mondello capeggiata dal boss Rosario Riccobono - ma solamente da coloro i quali si occupavano del traffico di sostanze stupefacenti con gli Stati Uniti e potevano chiedere e pagare enormi quantità di droga. Insomma, i giudici palermitani scoprirono un importante canale di collegamento internazionale che - attraverso Roberto Vito Palazzolo, Antonio Ventimiglia, Antonino Rotolo, Nunzio La Mattina e Tommaso Spadaro - faceva capo direttamente ai vertici di Cosa Nostra, i soli a poter godere delle gigantesche disponibilità finanziarie necessarie per simili operazioni criminali. Pertanto, all'inizio degli anni '80, anche attraverso la Thailandia, Koh Bak Kin forniva alla mafia siciliana centinaia di chili di eroina, trasportati via mare da appositi corrieri.
Ma Cosa Nostra non si limitava a importare droga dal Sud-Est asiatico. Ad esempio, nel 1982 i mafiosi acquistarono 400 chili di morfina base dal turco Yasar Avni Mussullulu al prezzo di 6,5 milioni di dollari (ovvero 13.000 dollari al chilo). I pagamenti di denaro - giunto in Svizzera dagli Stati Uniti - venivano effettuati da Antonino Rotolo a Lugano e a Zurigo (sarebbero poi arrivati a 17 milioni di dollari). La prima consegna - 5 milioni di dollari - avvenne in un ufficio di Palazzolo a Lugano, in sua presenza, visto che si occupava degli spostamenti di denaro, motivo per il quale era spesso in compagnia di Rotolo. Palazzolo era collegato anche con Antonino Madonia, all'epoca residente in Germania e indicato da Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno quale membro della pericolosissima famiglia mafiosa di Resuttana, vicina ai Corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Nei confronti di Roberto Vito Palazzolo, l'11 giugno 1985 lo stesso Ufficio Istruzione di Palermo emise un mandato di cattura per associazione per delinquere - anche di stampo mafioso - finalizzata al traffico di ingenti quantitativi di stupefacenti. Tuttavia, il pool siciliano stralciò la sua posizione dal procedimento poichè erano necessari ulteriori approfondimenti investigativi. Ora, dopo 27 anni, il fermo di Palazzolo è sicuramente uno dei modi migliori per ricordare gli anniversari delle morti di tre magistrati del pool di Palermo: 20 anni fa furono barbaramente assassinati Giovanni Falcone (23 maggio 1992) e Paolo Borsellino (19 luglio 1992), mentre 10 anni or sono venne a mancare Antonino Caponnetto (6 dicembre 2002).

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