FIAT voluntas tua, iustitia
L'altro giorno si è tornato a parlare dello stabilimento Fiat di Melfi, in merito a un provvedimento giudiziario di reintegrazione in fabbrica per tre operai ingiustamente licenziati. Pur immaginando l'evidente, quanto sottaciuto, imbarazzo di chi in piena crisi economica pensa a ridurre drasticamente i diritti essenziali dei lavoratori (vero Monti, Fornero, Marchionne, Marcegaglia?), in questo post voglio trattare un'altra vicenda legata a quel medesimo stabilimento.
Non tutti forse sanno (e chissà perchè nessuno lo dice) che il rappresentante legale della Fiat di Melfi è imputato per cooperazione in omicidio colposo, violazione delle norme antinfortunistiche sul lavoro e violazione di legge sui contratti d'appalto o d'opera. Nonostante il 1° marzo 2011 il Gup di Melfi abbia negato la celebrazione di un processo, sentenziando il non luogo a procedere, la Cassazione - grazie al ricorso delle parti civili - ha ribaltato il verdetto, annullando la decisione del giudice e imponendogli di mandare a processo l'imputato (sezione IV penale, sentenza 10 febbraio 2012, n. 5420).
I fatti riguardano la fuoriuscita incontrollata di una notevole quantità di materiale, che - avendo intasato un impianto di lavorazione - aveva costretto a interrompere la produzione. Chiamata la ditta di manutenzione Merielettra2 per un pronto intervento, un dipendente della stessa, mentre tentava di rimettere in funzione il macchinario, è stato travolto dal carrello di protezione del nastro trasportatore, il quale - sganciandosi - ne aveva causato la morte, schiacciandolo contro la parete.
Al responsabile legale dello stabilimento Fiat di Melfi viene contestata la mancata elaborazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi, necessario per eliminare i possibili pericoli derivanti dalle interferenze tra le attività di Fiat (appaltante) e di Merielettra2 (appaltatrice). Mentre secondo il Gup non c'era stata alcuna sovrapposizione tra le attività delle due imprese durante l'intervento manutentivo, per la Cassazione l'accezione di "interferenza tra ditte" non può ridursi - come ha inteso il Gup - alle sole circostanze che riguardino contatti rischiosi tra i relativi personali, ma deve essere estesa a tutte le misure preventive di tali contatti, materialmente poste in essere da entrambe le imprese. Quindi, anche se i lavoratori di Merielettra2 avevano operato in maniera autonoma nello stabilimento Fiat, quest'ultima doveva metterli nelle condizioni di conoscere preventivamente i rischi cui sarebbero potuti andare incontro in riferimento al loro lavoro di manutenzione. Poichè la diretta responsabile dell'organizzazione cantieristica era Fiat, anch'essa aveva il dovere di osservare gli obblighi antinfortunistici e curare la conseguente sorveglianza. In merito, la legge parla chiaro (art. 7 del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626): entrambi i datori di lavoro devono cooperare per attuare le misure di prevenzione e protezione dai rischi cui sono esposti i loro dipendenti, coordinando gli interventi e informandosi reciprocamente per eliminare i pericoli legati alle interferenze tra i lavori delle rispettive imprese. Tuttavia, è il committente (nel caso, Fiat) a dover promuovere la cooperazione e il coordinamento, attraverso l'elaborazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi che indichi le misure adottate per eliminare tali interferenze. Soprattutto quando, come nella vicenda specifica, l'eventuale mancata comunicazione di Fiat non riguardi rischi derivanti dall'attività manutentiva di Merielettra2, bensì dall'anomala tenuta dei mezzi lavorativi dell'industria automobilistica.
Secondo la Cassazione, soltanto un apposito processo - ingiustamente negato dal Gup - potrà stabilire la sussistenza o meno del nesso causale tra tale omissione e la morte del lavoratore (e quindi condannare o assolvere l'imputato), stabilendo se la comunicazione di Fiat a Merielettra2 sia stata sufficiente. Il fatto che la fuoriuscita di materiale, notevolmente pericolosa, sia stata incontrollata dimostra che Fiat avrebbe dovuto preventivamente determinarla e renderla nota all'azienda appaltatrice, per evitare che i manutentori rischiassero per la propria incolumità. Se il necessario approfondimento dibattimentale dimostrasse una simile omissione di comunicazione, il rappresentante Fiat sarebbe riconosciuto colpevole della morte del dipendente della società di manutenzione, in quanto - essendosi concretamente realizzato il rischio causato - sussisterebbe il nesso di causa con il decesso. Per il momento, invece, Fiat si è persino sempre ben guardata dal fornire una qualsivoglia documentazione utile sullo stato di produzione.
Ecco perchè la Cassazione ha annullato il verdetto del Gup, imponendogli di rinviare a giudizio il rappresentante Fiat di Melfi: considerando la complessità della vicenda, essa va adeguatamente approfondita in un processo, essendo le prove acquisite suscettibili di evoluzione e soluzioni aperte (magari sulla scorta di perizie più approfondite). I giudici dovranno anche accertare l'eventuale omesso controllo, da parte dell'imputato, dell'effettiva adozione di misure antinfortunistiche da parte di Merielettra2.
Pertanto, la Fiat di Melfi - nella persona del suo rappresentante legale - sarà processata per la morte di un lavoratore avvenuta all'interno del suo stabilimento, poichè allo stato manca una situazione di innocenza certa, scontata e indiscutibile.
Nessun commento:
Posta un commento