L'ABITO FA IL PRETE (PEDOFILO)
Vi racconto due storie simili, avvenute entrambe ad Alassio ed entrambe riguardanti illeciti approcci sessuali, a cui però hanno fatto seguito reazioni diametralmente opposte.
Fino al 29 dicembre 2009 la parrocchia San Vincenzo Ferreri è stata retta da un giovane parroco, don Luciano Massaferro, classe 1965. Quel giorno gli agenti della Questura e del commissariato di Alassio lo arrestano su mandato del Pm Alessandra Coccoli, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Savona Emilio Fois. Le accuse sono pesantissime: atti sessuali continuati e pluriaggravati nei confronti di una chierichetta di 12 anni, abusata più volte dal sacerdote. Da qui le aggravanti contestate: violenza su minore di 14 anni commessa da persona cui il bambino è affidato, con abuso dei poteri e in violazione dei doveri sacerdotali. Dopo essere stato in galera per 9 mesi (prima a Chiavari, poi a Sanremo), don Massaferro si trova agli arresti domiciliari dal 25 settembre 2010 (prima in un convento di suore, poi nella sua casa di Alassio). Nel frattempo, i suoi parrocchiani non perdono tempo a organizzare fiaccolate e veglie di preghiera, oppure a scrivere in massa messaggi sul web, striscioni e lettere. In solidarietà della giovanissima vittima? No, in difesa del suo stupratore. Tale è don Luciano Massaferro per qualsiasi magistrato che abbia trattato il suo caso. Gli ultimi, il Tribunale di Savona (sentenza del 17 febbraio 2011) e la Corte d'Appello di Genova (sentenza del 18 novembre 2011), i quali lo hanno condannato a 7 anni e 8 mesi di reclusione, a risarcire la famiglia della vittima e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici (anche ai fini educativi). Come hanno reagito i sostenitori del parroco? Dopo la sentenza di 1° grado, ecco il commento della promotrice e portavoce del gruppo, Carla Bisello:
Fino al 29 dicembre 2009 la parrocchia San Vincenzo Ferreri è stata retta da un giovane parroco, don Luciano Massaferro, classe 1965. Quel giorno gli agenti della Questura e del commissariato di Alassio lo arrestano su mandato del Pm Alessandra Coccoli, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Savona Emilio Fois. Le accuse sono pesantissime: atti sessuali continuati e pluriaggravati nei confronti di una chierichetta di 12 anni, abusata più volte dal sacerdote. Da qui le aggravanti contestate: violenza su minore di 14 anni commessa da persona cui il bambino è affidato, con abuso dei poteri e in violazione dei doveri sacerdotali. Dopo essere stato in galera per 9 mesi (prima a Chiavari, poi a Sanremo), don Massaferro si trova agli arresti domiciliari dal 25 settembre 2010 (prima in un convento di suore, poi nella sua casa di Alassio). Nel frattempo, i suoi parrocchiani non perdono tempo a organizzare fiaccolate e veglie di preghiera, oppure a scrivere in massa messaggi sul web, striscioni e lettere. In solidarietà della giovanissima vittima? No, in difesa del suo stupratore. Tale è don Luciano Massaferro per qualsiasi magistrato che abbia trattato il suo caso. Gli ultimi, il Tribunale di Savona (sentenza del 17 febbraio 2011) e la Corte d'Appello di Genova (sentenza del 18 novembre 2011), i quali lo hanno condannato a 7 anni e 8 mesi di reclusione, a risarcire la famiglia della vittima e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici (anche ai fini educativi). Come hanno reagito i sostenitori del parroco? Dopo la sentenza di 1° grado, ecco il commento della promotrice e portavoce del gruppo, Carla Bisello:
"Con questa sentenza facciamo punto e a capo, e ricominciamo a lottare e sostenere don Luciano. La verità e l'innocenza non possono essere cancellate da nessuna sentenza. Le sentenze sono degli uomini, la verità è superiore. Non ci fermeremo qui. Ha perso la giustizia, oltre ogni immaginazione. E' triste pensare che questa sentenza sia stata emessa proprio da chi dovrebbe garantirci. Non si può stare tranquilli".
Nella notte tra il 3 e il 4 settembre 2011, una ragazza di 21 anni, tornando a casa, viene seguita da un uomo ubriaco, il quale, dopo averla raggiunta, tenta di molestarla e all'invito della giovane di allontanarsi (altrimenti avrebbe chiamato i carabinieri), la colpisce con un coccio di bottiglia tra il collo e la spalla, ferendola. Soltanto dopo le urla e l'arrivo di una persona, l'uomo scappa, anche se poco dopo viene fermato dalle forze dell'ordine. Mentre la vittima dell'aggressione viene visitata e subito dimessa dal Pronto Soccorso di Albenga con una prognosi di 10 giorni, alcuni alassini - prima che arrivassero gli uomini dell'Arma - vanno in cerca del colpevole, armati di bastoni e delle peggiori intenzioni. La madre delle giovane gestisce un bar nel centro di Alassio, il "No Problem", e il giorno dopo l'aggressione alla figlia rilascia la seguente dichiarazione:
Nella notte tra il 3 e il 4 settembre 2011, una ragazza di 21 anni, tornando a casa, viene seguita da un uomo ubriaco, il quale, dopo averla raggiunta, tenta di molestarla e all'invito della giovane di allontanarsi (altrimenti avrebbe chiamato i carabinieri), la colpisce con un coccio di bottiglia tra il collo e la spalla, ferendola. Soltanto dopo le urla e l'arrivo di una persona, l'uomo scappa, anche se poco dopo viene fermato dalle forze dell'ordine. Mentre la vittima dell'aggressione viene visitata e subito dimessa dal Pronto Soccorso di Albenga con una prognosi di 10 giorni, alcuni alassini - prima che arrivassero gli uomini dell'Arma - vanno in cerca del colpevole, armati di bastoni e delle peggiori intenzioni. La madre delle giovane gestisce un bar nel centro di Alassio, il "No Problem", e il giorno dopo l'aggressione alla figlia rilascia la seguente dichiarazione:
"Ho preso una spranga, se lo prendevo... Gli è andata bene che l'hanno trovato prima i carabinieri".
Non solo, la donna affigge in bella mostra nel suo locale un cartello assai esplicito:
"Vietato l'ingresso ai marocchini".
Già, perchè il colpevole è Ghalfi El Mustapha, 30 anni, venditore ambulante di occhiali e braccialetti in spiaggia, senza fissa dimora. Ma, soprattutto, marocchino.
Ecco, le due storie sono simili, ma molto diverse. Dimostrano infatti che non tutti i molestatori sessuali sono uguali: se l'ambulante extracomunitario va linciato senza pietà, il sacerdote deve essere difeso sempre e comunque e i giudici devono per forza assolverlo.
Ecco, le due storie sono simili, ma molto diverse. Dimostrano infatti che non tutti i molestatori sessuali sono uguali: se l'ambulante extracomunitario va linciato senza pietà, il sacerdote deve essere difeso sempre e comunque e i giudici devono per forza assolverlo.
Chissà che cosa ne pensa il sindaco di Alassio, Roberto Avogadro, senatore dal 1996 al 2001 eletto nelle fila della Lega Nord (poi passato al gruppo misto). Sul caso dell'aggressore africano, ha detto:
"Non è possibile che un individuo come questo fosse in libertà con i suoi precedenti" (El Mustapha, infatti, solo due settimane prima aveva patteggiato 6 mesi di carcere per aver spintonato e morso due vigili urbani che avevano per l'ennesima volta sequestrato la sua mercanzia contraffatta). E' strano: avendo militato nel partito padano, Avogadro dovrebbe conoscere un’altra persona a piede libero, nonostante sia pregiudicata per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale (4 mesi e 20 giorni di galera), ovvero per aver commesso gli stessi, identici reati di El Mustapha. E' un certo Roberto Maroni e fino a poco fa era nientemeno che il ministro dell'Interno.
E' l'abito a fare il prete (pedofilo), ma a volte anche il colore della camicia (e della pelle) conta.
E' l'abito a fare il prete (pedofilo), ma a volte anche il colore della camicia (e della pelle) conta.
purtroppo è vero, si è + facilmente portati a scagliarsi contro lo straniero, e si rimane quasi stupiti,perplessi e increduli se il colpevole è 1 italiano e ancor di se è + 1 prete
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